Ilva e diossina: le parole di Galletti non rassicurano
TARANTO – Sui picchi di diossina registrati al quartiere Tamburi manca ancora chiarezza. Dopo il lungo silenzio delle istituzioni sui dati che accertavano le alte concentrazioni della pericolosa sostanza tossica, è arrivata la voce del governo con il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti: «Sarà l’Ispra ad avviare un’indagine e aspettiamo i risultati tra qualche settimana».
Bisognerà attendere ancora prima che qualcuno spieghi, soprattutto agli abitanti che vivono a ridosso delle ciminiere, perché tra novembre 2014 e febbraio 2015 i valori della diossina hanno raggiunto quota 791 picogrammi. Le poche parole spese dal ministro non possono rassicurare una città che ha scoperto troppo tardi il rischio che stava correndo per le conseguenze di quella esposizione sulla salute. L’impronta di quella diossina è dell’impianto di agglomerazione del siderurgico – come sostiene Arpa – oppure non è marchiata Ilva – come sostiene la relazione di parte (Ilva) del professor Onofrio del Politecnico di Torino?
Galletti è stato a Taranto oggi dove ha partecipato alla messa del precetto pasquale in Ilva celebrata nel capannone dei Vigili del Fuoco dall’arcivescovo Filippo Santoro, alla presenza dei lavoratori e dei tre commissari straordinari dell’azienda. Il ministro ha parlato anche delle manifestazioni di interesse per l’acquisto della fabbrica da parte di gruppi privati: «Stiamo portando avanti questa procedura nei tempi che ci siamo dati, siamo nella fase di accesso alla data room da parte delle aziende interessate e ognuno sta facendo le sue valutazioni». E sull’attuazione dell’Autorizzazione integrata ambientale spiega che «l’ultima ispezione fatta ad agosto 2015 è stata positiva: Ilva ha rispettato l’80 per cento delle prescrizioni. Nella legge di stabilità ci sono 800 milioni per proseguire l’ambientalizzazione».
La possibilità che Ilva in futuro possa produrre acciaio senza utilizzare il carbone «va nella direzione decisa nella recente conferenza di Parigi sul clima che rappresenta un punto di svolta sull’economia mondiale. JP Morgan, per esempio, non finanzierà più attività collegate al carbone». Infine una battuta anche sul referendum del 17 aprile sulle trivellazioni: «Se andrò a votare voterò per il no. Sono convinto che il problema non sia l’estrazione del petrolio ma sia quella di usare meno petrolio nel nostro paese, per questo stiamo facendo una politica indirizzata a questo obiettivo. Con i bandi per l’efficientamento energetico e la mobilità sostenibile. Parliamo di oltre un miliardo di euro impegnato su questo fronte».
Nicola Sammali