Embrioni per la ricerca: quanta ipocrisia in Italia

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La Corte Costituzionale ha recentemente rigettato il ricorso di una coppia di Firenze che, avendo utilizzato la tecnica di fecondazione assistita, voleva donare, per la ricerca, gli embrioni non impiantati, con le cellule staminali che li formano. La Corte ha sostenuto che dovrà essere il Parlamento a decidere, in quanto l’uso ai fini della ricerca degli embrioni è già vietato dalla Legge 40 sulla fecondazione assistita e solo il legislatore può modificarla.

In Italia sono migliaia gli embrioni congelati ormai da anni e destinati, prima o poi, ad essere distrutti. Nell’immaginario collettivo, quando si parla di embrioni per la ricerca, si pensa a individui in miniatura già formati e in cui sono riconoscibili i primi abbozzi di sembianze umane. In effetti, per quanto riguarda l’uso di cellule staminali per la ricerca non è neanche corretto parlare di embrioni veri e propri. Infatti, si parla di blastocisti, cioè di un insieme di cellule dette blastomeri derivanti da un numero limitato di divisioni mitotiche a partire dallo zigote che contengono il patrimonio genetico di entrambi i partner e che non sono ancora organizzate con solidi legami tra loro.

Dopo il terzo giorno dalla fecondazione, il blastocista prenderà il nome di morula che è formata da sedici cellule e comincerà a differenziare le proprie cellule in quelli che saranno i futuri tessuti embrionali. Tra il quarto e quinto giorno la blastocisti entrerà nella cavità uterina e qui comincerà la vera e propria specializzazione delle cellule che la formano. Quando si parla, quindi, di embrioni per la ricerca, ci si riferisce alla blastocisti con le cellule non ancora specializzatesi in differenti funzioni e non ancora impiantata nell’utero.

Le cellule che la compongono sono staminali totipotenti, in grado cioè di trasformarsi in qualunque ramo cellulare e per questo fondamentali per la ricerca. In Italia, i ricercatori possono utilizzare linee cellulari di staminali embrionali provenienti dall’estero, ma non possono fare altrettanto con quelle derivanti dagli embrioni in eccesso conservati nel nostro Paese.

A prescindere dalle convinzioni personali e dalle sensibilità individuali su un tema etico come è l’utilizzo degli embrioni per la ricerca, ancora una volta l’Italia mostra ipocrisia e ambiguità anche in questa problematica, così come era già stato per altri aspetti della legge sulla fecondazione assistita e in particolare per il ricorso alla eterologa che era vietata in Italia e consentita appena oltre confine.

Embrioni italiani quindi lasciati inutilizzati e destinati prima o poi ad essere distrutti e la necessitá dei ricercatori di rivolgersi alle banche cellulari estere, con tutte le complicazioni che questa situazione comporta. La scienza ripone molte aspettative nell’impiego delle staminali di origine embrionale soprattutto per alcune malattie del sistema nervoso centrale e periferico. Ecco il link per approfondire l’argomento: LE CELLULE STAMINALI: SPUNTI PER UN’AZIONE DIDATTICA di Ann Zeuner ed Elisabetta Palio ricercatrici presso l’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ.

Giuseppe Aralla (biologo)

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