Lama e San Vito: tra degrado e voglia di riscatto

TARANTO – Mirto, cisto, lentisco, cappero, ginepro, rosmarino, salvia selvatica. Sono tante le piante e tanti gli arbusti tipici della macchia mediterranea che ricoprono la fascia costiera tra Lama e San Vito. E’ stupendo passeggiare immersi nei profumi che ci regalano, mentre un mare invitante ci fa immaginare tuffi nel blu e grandi nuotate.

Non soffermiamoci troppo però ad osservare i particolari, limitiamoci al quadro generale. Infatti, questa zona di costa, con il mare balneabile più vicino alla città, che dovrebbe essere particolarmente curata e protetta, è di fatto abbandonata dalla pubblica amministrazione.

Strade dissestate o addirittura pericolanti, come nel caso di un tratto di via Girasoli a Lama. Rifiuti accatastati lungo i loro bordi, mancanza di segnaletica. Questa è la situazione che si trova ad affrontare chi percorre quelle zone. Un territorio costiero gravemente oltraggiato negli anni ’70 e ’80 dall’abusivismo edilizio, con villette costruite praticamente sulla scogliera e che ancora vede qualche tentativo di ulteriore cementificazione, per fortuna bloccato.

Ma seppur sequestrati, i cantieri abusivi, gli scheletri di cemento, continuano a rimanere lì per decenni e si sa che il cemento resiste secoli se nessuno lo butta giù. Una zona, quella tra Lama e San Vito, che potrebbe essere unita da piste ciclabili, sentieri per il trekking e che invece non conosce nulla di tutto ciò. Sono ancora presenti, sulla costa di Lama, i ruderi della batteria Ammiraglio di Saint Bon e il fortino di Punta San Francesco, ormai dismessi dalla Marina, ma abbandonati e purtroppo luogo per loschi traffici. Potrebbero essere valorizzati e divenire luoghi da visitare o trasformarsi in sedi adatte ad iniziative culturali.

  • La macchia mediterranea che miracolosamente è sopravvissuta a incendi e abbandono andrebbe tutelata con un piano di protezione ambientale, considerando che è ciò che rimane di un ecosistema che era diffuso su tutta la costa ionica e che è in grave pericolo. Un vero e proprio progetto di recupero, quindi, è ciò che ci vorrebbe per questa zona a pochi chilometri dalla città. Un territorio da troppi decenni dimenticato.

Giuseppe Aralla

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