Eni e cattivi odori, Arpa Puglia indaga su quanto accaduto il 10 marzo a Taranto
TARANTO – “Arpa Puglia ha ricevuto numerose segnalazioni riguardanti la sussistenza nella zona industriale adiacente la Raffineria di odori nauseabondi, con sintomi di malori associati a tale fenomeno odorigeno. Sono immediatamente stati attivati accertamenti per determinare l’entità e la causa dell’evento, al termine dei quali tutti i soggetti interessati verranno informati di quanto determinato”. Il dottor Roberto Giua, dirigente responsabile del Centro Regionale Aria di Arpa Puglia, ha risposto così alla denuncia arrivata da un cittadino ionico lo scorso 10 marzo.
«Oggi l’aria nella zona industriale di Taranto è nauseabonda, non si può respirare – era scritto in una mail che segnalava il problema ad Arpa Puglia – è possibile essere informati su cosa sta succedendo e sulle precauzioni che dobbiamo osservare?». Un fenomeno che si presenta troppo spesso in riva allo Jonio. Ne avevamo parlato ampiamente lo scorso 5 marzo raccogliendo l’allarme lanciato da Arpa Puglia in merito all’intensificazione dei picchi legati all’emissione di sostanze odorigene in città.
Valori particolarmente elevati di acido solfidrico hanno caratterizzato, infatti, la seconda parte del 2015, a partire da settembre, per poi raggiungere i livelli più alti nel gennaio del 2016 (leggi qui). Dati forniti dal dottor Giua in occasione di un incontro con i cittadini ionici coinvolti in via sperimentale nel progetto di monitoraggio delle emissioni odorigene nella città di Taranto (OdorTel).
Come si spiega l’intensificazione di questi picchi? «Non è facile spiegare questi fenomeni – aveva detto in il dottor Giua a InchiostroVerde – sappiano che a gennaio ci sono stati livelli particolarmente elevati. Stiamo parlando di acido solfidrico e di altre sostanze a base di zolfo, tipicamente prodotte nel ciclo della Raffineria». Sull’origine di questi picchi pare non esserci alcun dubbio. Sotto accusa è sicuramente l’Eni che continua a contraddistinguersi per il suo approccio negazionista nei confronti della problematica che colpisce i tarantini a partire dalle narici. Eppure, come evidenziato da Giua, tutti gli elementi giocano contro la Raffineria: «I dati elaborati negli ultimi 2-3 anni, la direzione del vento quando si verificano i cattivi odori».
All’inizio del 2015 sembrava che si andasse verso un miglioramento sul fronte delle emissioni odorigene. Una pia illusione. Qualcosa, infatti, nel corso dell’anno è cambiato: in peggio. «Bisogna lavorare sulle cause: fenomeni fisiologici o criticità impiantistiche non ancora risolte – aveva aggiunto Giua – l’attuale situazione non ci fa essere ottimisti per il futuro, quando si realizzerà il progetto Tempa Rossa che prevede l’arrivo nella raffineria Eni di Taranto di petrolio proveniente dalla Val D’Agri, definito dallo stesso Giua “particolarmente impuro” e di “bassa qualità”. Insomma, c’è poco da stare sereni. Il tutto con la complicità e il silenzio delle istituzioni locali e nazionali.