ROMA – Cinque aziende tessili italiane annunciano oggi di aver aderito all’impegno Detox di Greenpeace, lo standard più elevato per la gestione delle sostanze chimiche nelle filiere produttive. Taroni (produttore di seta), Mabo (produttore di bottoni), Cotonificio Olcese (produttore di filati), Fellicolor (tintoria filati e tessuti) e Itaclab (trattamento e finissaggio capi di abbigliamento) si aggiungono così ai 34 marchi internazionali e alle venti aziende del distretto tessile di Prato che hanno recentemente sottoscritto l’impegno Detox.
Queste cinque aziende hanno già eliminato dalle proprie filiere produttive otto degli undici gruppi di sostanze prioritarie come ad esempio coloranti azoici e ritardanti di fiamma, alcune delle quali collegate a numerose patologie gravi, e fissato delle precise scadenze per la completa eliminazione degli altri gruppi di sostanze chimiche pericolose. L’impegno odierno conferma, ancora una volta, che è già possibile produrre in modo sostenibile e competitivo senza far ricorso a sostanze tossiche.
“Queste realtà produttive rappresentano i veri leader della rivoluzione Detox della moda italiana e fanno sembrare “vintage” l’iniziativa promossa dalla Camera nazionale della Moda Italiana e sostenuta da marchi come Gucci, Prada, Versace ed Armani” afferma Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace.
Nelle scorse settimane Camera nazionale della Moda Italiana, l’associazione di cui fanno parte i più importanti marchi nazionali del settore, ha presentato le Linee Guida sui requisiti eco-tossicologici per gli articoli di abbigliamento, pelletteria, calzature e accessori. “Questo documento è un primo passo e una presa di coscienza del problema delle sostanze tossiche e pericolose nelle produzioni tessili e dell’abbigliamento. Ma certo non risponde in modo adeguato all’emergenza ambientale causata, in larga misura, dal settore del tessile e della moda” commenta Ungherese. “L’approccio della Camera della Moda è anacronistico e datato, perché parte dai prodotti finiti e non dalle filiere produttive, tollerando in tal modo l’inquinamento da sostanze tossiche generato nelle varie fasi di lavorazione».
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