Legambiente Taranto: bonifica del Mar Piccolo, una chimera?

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Sono passati 1.151 giorni dalla nomina, da parte del Governo italiano,  di un  Commissario alle bonifiche di Taranto: da allora neanche un “copertone” è stato rimosso dai fondali inquinati del Mar Piccolo.

E’ questa l’amara verità che la delegazione di Legambiente Taranto, formata dalla presidente Lunetta Franco e da Rita Saponaro e Leo Corvace sottoporrà al vaglio della  Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti  e su illeciti ambientali ad esse correlati durante l’incontro previsto per oggi pomeriggio presso la Prefettura di Taranto.

Millecentocinquantuno giorni: è infatti dell’11 gennaio del 2013 il decreto di nomina dell’ingegner Alfio Pini a ”Commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto”: Sono invece “solo!” seicentootto quelli che decorrono dall’8 luglio 2014, data di nomina dell’attuale commissario, la dottoressa Vera Corbelli.

Non è un fatto nuovo. Dieci anni fa, il 21 febbraio del 2006, con una sua nota la Provincia di Taranto faceva sapere che “Entro il prossimo 31 marzo bisognerà decidere quali procedure seguire per il risanamento ambientale del mar Piccolo” dopo una riunione convocata a Roma sull’argomento dal ministro dell’Ambiente dell’epoca , Altero Matteoli. L’anno prima il Ministero dello Sviluppo Economico aveva stanziato per la bonifica 35 milioni di euro. Altri 10 milioni di euro erano stati messi a disposizione dalla Regione Puglia e a ottobre del 2006 con una  Conferenza dei Servizi vennero stanziati ulteriori 26 milioni. All’epoca insorgemmo contro l’ipotesi di un possibile “dragaggio selvaggio”; accantonata quella ipotesi nefasta, però, non si approfondirono le altre possibilità e non se ne fece più nulla. Sono passati dieci anni da allora e il copione, sia pure con qualche variante, sembra ripetersi.

Nel frattempo nessun passo avanti è stato fatto neanche nell’accertamento dell’origine delle fonti di inquinamento per dare un nome e cognome ai responsabili dell’inquinamento del Mar Piccolo. Noi non sappiamo se gli studi commissionati dall’attuale Commissario Vera Corbelli saranno in grado di farlo. Sicuramente accresceranno le nostre conoscenze in campi importanti e finora non sufficientemente indagati e di questo siamo contenti.

Riteniamo però che non saranno in grado di definire con certezza una singola tecnica di bonifica da utilizzare in concreto: daranno certo utili indicazioni, ma alla loro fine, comunque, occorrerà decidere e assumersi la responsabilità di una scelta.  Per questo crediamo sia essenziale che si comincino a sperimentare, in aree ristrette e sotto un attento monitoraggio, diverse possibili tecniche di bonifica e che, a tale fine, si invitino esperti e aziende, non solo italiani ma almeno europei, a misurarsi con l’unicum costituito dal Mar Piccolo.

Finora, però,  l’unica sperimentazione annunciata, e che ci auguriamo non incontri ostacoli che riterremmo ingiustificabili,  è il progetto “A New Life for Mar Piccolo”,  cofinanziato dalla Commissione Europea,  coordinato da ENEA che vede la partecipazione di CNR e Comune di Taranto, cui la struttura commissariale è  estranea. Non  vorremmo che finisse vittima di una sorta di “ maledizione della bonifica del Mar Piccolo”: la sua capacità, cioè,  di produrre tanti studi ma di non passare mai ai fatti. Gli  studi commissionati dalla dottoressa Corbelli vengono dopo la relazione di ARPA PUGLIA del 2014,  rimasta secretata per mesi in un cassetto e poi  accantonata.

Ma già nel 2011 il CNR di Taranto  forniva una mappa  sulla distribuzione del PCB nei sedimenti di Mar Piccolo e Mar Grande che evidenziava maggiori presenze di pcb in corrispondenza dell’Arsenale Militare, dei cantieri navali ex Fincantieri e di Buffoluto. Sempre del 2011 è la Relazione tecnica sullo stato di inquinamento da PCB nel SIN Taranto ed in aree limitrofe prodotta dalla Regione Puglia. Prima ancora era stata ISPRA nel 2010 a fornire uno studio importante sul grave stato di contaminazione del Mar Piccolo. Per rimanere solo agli ultimi anni. A fronte di questi studi non c’è, ad oggi, nessuna attività concreta,  nessuna sperimentazione sul campo. Persino la pulizia dei fondali annunciata da oltre un anno non ha ancora né una data di inizio e tantomeno una di fine in cui annunciare – con gioia e soddisfazione di tutti – che finalmente la bonifica del Mar Piccolo è cominciata.

La ricerca delle cause, la necessità di individuare e eliminare l’origine di eventuali apporti inquinanti tuttora esistenti – che va perseguita con forza – non può diventare  un alibi per non fare.  Lo esigono le condizioni in cui sono ridotti i fondali del Mar Piccolo, il rilascio di sostanze tossiche che ha messo in ginocchio la mitilicultura tarantina.  Lo esige la circostanza che Base Navale, Arsenale Militare, Cantieri Navali ex Fincantieri e Stabilimento Siderurgico ex Italsider sono tutti nomi della stessa  cosa: lo Stato italiano, cui va con tutta evidenza ascritta una grande responsabilità e quindi la necessità di  provvedere alla bonifica.

Legambiente ha denunciato più volte i gravi ritardi accumulati nelle opere di bonifica del SIN di Taranto e delle relative procedure di approvazione, nonostante i lavori della specifica conferenza dei servizi siano stati avviati ormai da un quindicennio. I mancati interventi espongono nel frattempo le matrici ambientali a presumibile aggravamento del loro livello di contaminazione. Oggi lanciamo nuovamente l’allarme sul mancato intervento di messa in sicurezza e/o bonifica della falda sottostante l’Ilva: i dati scaturiti dalla caratterizzazione della falda superficiale e di quella profonda, per la presenza di metalli pesanti ed idrocarburi, sono infatti stati ritenuti preoccupanti dalla stessa conferenza dei servizi sul SIN di Taranto.

Ad esso si aggiungono le nostre perplessità circa la gestione delle discariche da parte dell’Ilva (dalla “Mater Gratiae” alla messa in sicurezza di quelle esaurite come la “due mari” o l’ex cava Cementir): a nostro avviso solo la legislazione speciale di soccorso da parte del Governo, con il decreto legge n.101/2013, ha permesso all’azienda di poterne proseguire l’attività. Urgente è l’attuazione di un piano di bonifica e recupero paesaggistico delle aree dello stabilimento, spesso in grave stato di degrado e rischio, interessate a discariche e stoccaggio di rifiuti industriali di ogni tipo. Riteniamo necessario un immediato intervento, tanto più dopo il recente intervento della magistratura, relativamente al lato Est della gravina di Leucaspide, in parte incluso nel parco delle gravine.

Bonifica e eliminazione di eventuali apporti inquinanti devono viaggiare insieme.  Pena il ripetersi del flop di dieci anni fa e il giustificato consolidarsi della convinzione che la bonifica del mar Piccolo e di Taranto sia destinata a rimanere  una chimera e che lo Stato preferisca chiudere gli occhi e lasciare ai tarantini un pugno di mosche.  Anzi, di studi.

LEGAMBIENTE TARANTO

 

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