«Sono trascorsi nove mesi da quando ho aggiornato la Commissione Petizioni sulle evoluzioni della situazione nella mia città natale, Taranto. Sono passati nove mesi ma poco o niente è cambiato, e se cambiamenti ci sono stati purtroppo essi non stati positivi». Lo ha detto Antonia Battaglia (Peacelink) nel corso del suo intervento sul caso Ilva, questo pomeriggio, davanti alla Commissione Petizione del Parlamento europeo che ha deciso di tenere aperte le petizioni (risalenti a 2007 e 2013) riguardanti l’inquinamento prodotto dal siderurgico tarantino. La stessa commissione sta valutando la possibilità di mandare una propria delegazione in visita a Taranto in occasione del sopralluogo della commissione Ambiente del Parlamento europeo, dal 13 al 15 luglio, proprio negli impianti Ilva. Inoltre, è stato deciso di inviare una lettera alle autorità italiane per informarle che il caso oggetto delle petizioni è stato riesaminato.
«Ci preoccupano molto non solo i dati sulla mortalità in aumento, i dati sulle malattie in aumento, la logica del profitto che mangia il futuro dei nostri operai e degli abitanti soprattutto dei quartieri Tamburi e Statte – ha aggiunto la Battaglia – ma ci preoccupa molto anche la costante volontà da parte delle Autorità di continuare a gestire la questione Ilva come un “affaire” nel quale la salute dei tarantini è da barattare con l’acciaio di “patrio orgoglio”. Se così non fosse, i nostri diritti varrebbero qualcosa e nessuno, ripeto nessuno, potrebbe continuare a difendere la gestione attuale dello stabilimento». In merito al futuro della città ionica, la Battaglia ha parlato di alternative: «Abbiamo studiato il caso della Svezia, della Germania, del Lussemburgo. Riconversioni riuscite, portate avanti con professionalità e senza l’intervento delle mafie che hanno ucciso Bagnoli. Taranto aspetta, è il momento di non deluderla».
Della necessità di una vera e propria commissione d’inchiesta ha parlato l’eurodeputata Eleonora Forenza (Gue), che ne ha chiesto la creazione per “farsi carico completamente” del problema dell’Ilva. L’Italia, rappresentata in aula dal responsabile del dossier presso la rappresentanza italiana alla Ue Nicola Minasi, ha sostenuto che ora “l’operatività dell’impianto è stata dimezzata e così sono diminuite anche le emissioni nell’atmosfera, attualmente sotto i tetti massimi stabiliti della normativa europea”. Il problema semmai, ha puntualizzato, è la “gestione sbagliata” della famiglia Riva che in passato ha contaminato il sito, e per cui una bonifica “è necessaria” ma “seguendo il principio ‘chi inquina paga’”.
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