Tra i diciannove gruppi industriali ammessi alla seconda fase di due diligence per l’acquisizione dell’Ilva di Taranto figura anche una società cinese che ha chiesto l’accesso alla data room. Si tratta di P&C (Shenzhen) Industry Fund Management Partnership, un fondo di investimento nato di recente, costituito da Poly Group (uno dei maggiori gruppi di investimenti cinesi nel settore delle risorse minerarie) e Citic (la piu’ grande conglomerata cinese di investimenti). Che intenzioni ha?
“E’ semplice, la Cina sta compiendo la riconversione dei processi produttivi e ha bisogno di nuovi mercati in cui piazzare acciaio in sovrapproduzione (pari a 340 milioni di tonnellate, ovvero a circa un terzo del totale, ndr) – ha detto Fu Yixiang all’Agi – e l’Ilva è una grande piattaforma nel Mediterraneo”. E quindi l’azienda occupa una posizione-chiave per lo sviluppo della strategia cinese ‘One belt, one road’ (la nuova via della seta logistica e marittima promossa da Pechino) in Mediorente e in Africa. “Conoscendo sia la realtà cinese sia quella italiana, posso affermare che un accordo tra l’acciaieria di Taranto e un partner cinese è la soluzione migliore, sia per creare nuovi posti lavoro, sia per rilanciare lo sviluppo dell’azienda nella fase successiva all’intervento di bonifica ambientale”.
Ridurre i tempi della bonifica del complesso siderurgico, dunque, e’ una questione urgente non solo per Taranto ma anche per la Cina: l’Ilva e’ la porta d’accesso di Pechino per il continente africano. “Sono noti i massicci investimenti riversati dalla Cina per la costruzione di infrastrutture in molti paesi africani – ha aggiunto Fu -. Costruire infrastrutture significa avere l’acciaio di cui l’Africa ha estremo fabbisogno. Trasportare l’acciaio dalla Cina e’ un’operazione complicata. Possedere, quindi, una piattaforma siderurgica nel Mediterraneo e’ un grande vantaggio per il nostro mercato.”
Del resto, Poly Group e Citic – le due societa’ che hanno dato vita al P&C Found – nascono a loro volta con l’obiettivo di riqualificare le aziende cinesi nel settore siderurgico in crisi per l’eccesso di offerta di acciaio. “L’idea del Fondo è condurre un’azione finanziaria, prima ancora che industriale, di lungo periodo; un’operazione che tenga conto delle esigenze dell’Ilva, iniettando nell’acciaieria nuove risorse finanziarie attraverso una sezione dedicata cui parteciperebbero varie realtà industriali del settore siderurgico cinese selezionate con cura – spiega ancora Fu. Un enorme serbatoio cui P&C Fund attingerebbe alla ricerca dei soci migliori. L’obiettivo condiviso sarebbe creare una nuova fase di sviluppo per l’azienda di Taranto e ampliare il network commerciale, mantenendo la sede in Italia e da li’ avviare collaborazioni su nuovi mercati”.
Il modello di business che il fondo cinese intenderebbe adottare per risollevare le sorti dell’acciaieria, e’ simile a quello di Ansaldo Energia (ceduta per il 40% a Shanghai Electric, ndr). “Il socio di maggioranza a Taranto sarà italiano, mentre nella penetrazione di nuovi mercati sarà costituita un’altra società. A maggioranza cinese”. Fronteggiare l’inquinamento, creare un’azienda nuova. Ecco come. “Partnership, innovazione, produzione green, condivisione (di mercato): sono questi i capisaldi del modello che il Fondo di Shenzhen vorrebbe introdurre nel complesso siderurgico dell’Ilva. L’intenzione del Fondo è creare valore aggiunto, aumentare produzione a basso impatto ambientale, accrescere il fatturato, preservare posti di lavoro”, ha ribadito Fu. L’interesse del governo cinese non e’ da escludere.
Proprio in queste ore P&C Fund sta presentando il business plan alle autorita’ cinesi. “Dai primi contatti che abbiamo avuto, il governo cinese e’ apparso positivo e collaborativo” ha spiegato Fu. Del resto si tratta di un’operazione di forte richiamo per l’interesse pubblico, in un paese dove la stragrande maggioranza delle acciaierie e’ di proprieta’ statale, con rare eccezioni. Anche la societa’ di Shenzhen non e’ del tutto privata, e’ infatti un fondo a partecipazione mista. “L’acquisizione dell’Ilva verrebbe fatta con una parte di equity e una parte di debito finanziata da una banca di sistema” ha concluso Fu Yixiang. (Agi)
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