TARANTO – Polveri nocive sulle tute indossate dagli operai Ilva che martedì scorso hanno lasciato lo stabilimento per marciare e difendere il futuro del siderurgico di Taranto al fianco di sindacati, istituzioni e Confindustria. Indumenti di sicurezza che servono a proteggere il lavoratore dall’azione di sostanze pericolose, ma che avrebbero invece contaminato gli autobus pubblici utilizzati per il loro trasporto nel giorno della manifestazione voluta da Fiom, Fim, Uilm e Usb.
«È una cosa gravissima» denunciano i Liberi e Pensanti, «con grosse responsabilità da parte di chi dovrebbe tutelare cittadini e lavoratori». Un rischio per la salute di «studenti, genitori, donne in gravidanza, bambini saliti sugli stessi pullman» subito dopo il corteo che, dalla città vecchia, si è mosso in direzione del palazzo del Governo. Il comitato ha così annunciato per «la prossima settimana un esposto alla Procura della Repubblica contro il sindaco di Taranto che dovrebbe salvaguardare l’incolumità della cittadinanza; contro il presidente dell’Amat che dovrebbe salvaguardare i lavoratori dell’azienda e l’utenza; contro gli Rls e il direttore dello stabilimento perché è stato consentito ai lavoratori di uscire con degli indumenti provenienti dalle aree dello stabilimento dove c’è contaminazione».
In particolare, documentano i Liberi e Pensanti in conferenza stampa, per lo sciopero di quattro ore dello scorso 10 febbraio, i sindacati hanno comunicato ai lavoratori di «timbrare nei reparti e di uscire con gli indumenti di lavoro». Ma una circolare interna firmata dal direttore del personale Ilva, Ruggero Cola, datata 5 giugno 2015 – spiega Massimo Battista del comitato – vieta «l’uscita degli indumenti di lavoro dalle portinerie». Anzi, confermano alcuni operai, con quelle tute addosso non è possibile accedere in sala mensa durante la pausa.
Eppure sarebbero state indossate per «le prime due ore» di lavoro e per salire poi a bordo dei dieci mezzi dell’Amat «messi a disposizione dall’amministrazione comunale». Gli stessi mezzi – come testimoniano le foto proiettate dai Liberi e Pensanti – sono ritornati al Porto Mercantile e da lì messi di nuovo in circolazione, anche sulla linea Nassisi-Ospedale Nord, «senza essere lavati e sterilizzati. Come si è potuto permettere tutto questo?».
Tornando alle «tute cancerogene» e dunque all’igienizzazione dei Dispositivi di protezione individuale (Dpi), la stessa circolare di giugno 2015 firmata da Cola «obbliga i dipendenti ad utilizzare il servizio di lavanderia industriale messo a disposizione dall’azienda». Fino a quel momento – conferma Battista – i lavoratori pagavano questo servizio 90 centesimi per tuta lavata in Ilva. «Come mai – si chiede – dal lontano ’65 al 2015 è stato permesso a tutti noi lavoratori di portare a casa gli indumenti di sicurezza che venivano lavati dai nostri genitori e dalle nostre mogli?».
Non solo denuncia. I Liberi e Pensanti hanno anche avanzato le loro proposte per costruire un futuro migliore per Taranto: una legge che garantisca lavoro e salute. «Siamo per la chiusura delle fonti inquinanti – ricorda Nicola Ordini del comitato – e per il rimpiego degli operai nelle opere di bonifica. C’è Afo3 fermo dal ’93 a testimoniare che quello che diciamo è immediatamente applicabile. Pretendiamo che l’accordo di programma fatto per Genova – che tutela il territorio, non solo il salario – venga esteso anche a Taranto. Chiederemo a livello locale e nazionale di agire sulla mobilità lunga finalizzata al prepensionamento, incentivi alla fuoriuscita volontaria, accesso al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per offrire un sostegno ai lavoratori». Tutte proposte – dicono i Liberi e Pensanti – da implementare, modificare, sviluppare insieme alla città per «salvaguardare due diritti fondamentali che non devono più essere messi in contrapposizione: salute e lavoro».
Nicola Sammali
VIDEO: NICOLA ORDINI
MASSIMO BATTISTA
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