I biofiltri del Mar Piccolo
TARANTO – Continua l’infinito dibattito su quale sia il metodo più adatto per bonificare il Mar Piccolo. E mentre gli esseri umani ragionano sulla tecnica migliore da utilizzare, che non produca un ulteriore impatto sull’ecosistema violentato per decenni e se sia il caso di intervenire prima di aver bloccato le molteplici fonti inquinanti ancora attive, gli organismi marini quotidianamente e silenziosamente vivono “depurando” l’acqua del Mar Piccolo.
Si tratta dei cosiddetti invertebrati filtratori, antichi animali marini che si alimentano filtrando di continuo l’acqua del mare e trattenendo all’interno del loro corpo tutto ciò che di piccolo l’acqua contiene, e quindi minuscoli organismi planctonici, batteri tra cui anche quelli patogeni che giungono in mare attraverso gli scarichi fognari, e microscopiche particelle su cui si concentrano i pericolosi e temuti inquinanti del Mar Piccolo, come ad esempio le diossine e i PCB.
La biodiversità dei filtri viventi del Mar Piccolo è davvero notevole, esistono moltissime specie diverse di animali filtratori, più o meno efficienti nel depurare l’acqua del mare, ma tutte assolutamente utili all’ecosistema marino. Molti di questi animali vivono attaccati sui vecchi pali della mitilicoltura letteralmente ricoperti da strati considerevoli di filtratori, che oltre ad essere utili, sono anche molto belli da osservare e creano una comunità marina particolarissima che ospita al suo interno altrettanti animali predatori.
Tra gli animali filtratori più efficienti ci sono sicuramente le spugne presenti nel Mar Piccolo con una grande varietà di forme e colori. Una spugna del volume di un solo litro può filtrare nei periodi di massima attività fino a 1000 litri d’acqua in un’ora. Altri gruppi di animali filtratori particolarmente abbondanti nel Mar Piccolo sono i vermi filtratori dalle corone di branchie molto vistose e colorate, i molluschi bivalvi, i briozoi e le innumerevoli ascidie. Tutti questi animali con la loro costante azione di filtrazione contribuiscono all’autodepurazione del mare, ovvero all’insieme dei processi fisici, chimici e biologici, che tendono a ridurre naturalmente e gradualmente la concentrazione delle sostanze estranee all’ecosistema (gli inquinanti).
L’autodepurazione del mare è chiaramente tanto più lenta quanto più alta è la concentrazione degli inquinanti nel sistema, e purtroppo nel Mar Piccolo molti contaminanti differenti sono presenti in concentrazioni elevatissime. Inoltre, questi continuano ad essere immessi costantemente in mare con gli scarichi illeciti (molti dei quali localizzati nell’area dell’arsenale militare); tramite le idrovore dell’ILVA che richiamano notevoli quantità di acqua inquinata dalla zona portuale del Mar Grande e dagli scarichi industriali di ILVA e ENI adiacenti a Punta Rondinella; attraverso la falda contaminata che alimenta a sua volta i citri (le sorgenti sottomarine del Mar Piccolo); attraverso i corsi d’acqua (soprattutto il canale D’Ayedda che continua a sversare nel secondo seno gli scarichi più o meno depurati di vari comuni del circondario); per dilavamento dei suoli contaminati e per precipitazione dall’atmosfera.
Appare evidente che fin quando non si bloccheranno tutte le numerose fonti di nuovi inquinanti nel Mar Piccolo, ogni operazione di bonifica sarà inutile, perché non eliminerà le cause dell’inquinamento. E nell’attesa di un cambiamento radicale dello stato delle cose, di una trasformazione generale della città, con la definitiva chiusura delle attività impattanti che hanno gravato per troppo tempo e continuano a gravare in modo ormai intollerabile su Taranto, sui suoi abitanti, sui suoi mari e sul suo territorio, i biofiltri del Mar Piccolo nell’indifferenza generale continuano a fare del loro meglio per salvare il nostro mare.
Rossella Baldacconi, PhD in Scienze Ambientali