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Ilva, M5S e “Liberi e pensanti” insieme a Roma: Taranto merita altro

ROMA – «Il decimo decreto sull’Ilva rappresenta un fallimento della politica industriale del Governo». Lo ha detto Davide Crippa, deputato M5S, durante la conferenza stampa in corso nella sala stampa della Camera organizzata dal Movimento Cinque Stelle insieme al comitato “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti”.

«Il ministro Guidi non si è fatto vedere e non ha messo la faccia su questo decreto. Il commissario Gnudi non ha saputo dare un piano industriale – ha aggiunto Crippa – siamo arrivati ad una emergenza tale per cui sono necessari 300 milioni  per pagare gli stipendi e garantire la continuità dello stabilimento».

Altro aspetto critico denunciato è la proroga per l’attuazione delle prescrizioni Aia per il risanamento ambientale degli impianti di ulteriori sei mesi. Non è stato chiarito, inoltre, se la vendita preveda la cessione di “spezzatini” del gruppo. Poi il capitolo sui presunti aiuti di Stato. «L’Europa sa  – ha dichiarato l’europarlamentare Rosa D’Amato – è palese la volontà di Bruxelles di aprire una nuova procedura d’infrazione contro il nostro Paese su quelli che per noi sono sicuramente aiuti di Stato».

La proposta è quella di usare i fondi europei per salvaguardare i lavoratori. Si è fatto cenno, in particolare, al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Lo Stato italiano potrebbe farne richiesta su sollecitazione della politica locale. Una via che aiuterebbe a incentivare l’autoimprenditorialità e offrire alternative di sviluppo economico al territorio. Il senatore Carlo Martelli ha fatto notare che l’Ilva, nel corso dei decenni, ha fatto terra bruciata intorno a se e non è servita, quindi, a risolvere i problemi occupazionali locali. Secondo Martelli, “l’Ilva è un gigante morto”, e il Governo Renzi non sta tutelando i cittadini né gli operai.

«Se volete sapere come stanno veramente le cose all’Ilva di Taranto non andate dai politici né dai sindacati che hanno preso finanziamenti dall’azienda e hanno interessi. Noi al contrario non abbiamo interessi ed esserci messi contro questo sistema non fa che peggiorare le nostre condizioni di vita». Ha esordito così Cataldo Ranieri, operaio Ilva ed esponente dei “Liberi e pensanti”.

«Dal 2012, da quando la magistratura ha sequestrato gli impianti dopo l’indagine epidemiologica, lo Stato è intervenuto con dieci decreti nei quali non c’è la parola “lavoratore”, non c’è la parola “cittadino”. Ci sono garanzie per le banche e immunità per i commissari». Ranieri fa il confronto con Genova e Taranto. «Nel 2000, la stessa indagine epidemiologica ha convinto il governo Amato a dire che l’area a caldo dell’Ilva di Cornigliano era incompatibile con la salute umana. Quella produzione fu spostata a Taranto, con un record di 14milioni di tonnellate nel 2006, e non ci vuole tanto a capire che maggiore è la produzione maggiore è l’inquinamento. Come è possibile? Sulla mia carta d’identità c’è scritto che sono cittadino italiano».

Ranieri ha attaccato l’attuale governo e quelli che lo hanno preceduto: «Mentre i commissari guadagnano centinaia di migliaia di euro, noi lavoratori andiamo in cassa integrazione. Come possiamo avere fiducia in chi ci sta svendendo? Per noi non c’è futuro». E ha chiesto un «decreto che rappresenti la gente. Taranto ha dato tanto per questo Stato». Produzione e mercato, salute e lavoro. «Stiamo facendo ridere l’Europa, lo Stato italiano sta investendo in una fabbrica messa fuori dal mercato dell’acciaio». Bocciata anche l’ipotesi sponsorizzata dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sulla riconversione dell’Ilva attraverso l’utilizzo dei forni elettrici col passaggio dal carbon coke al gas. 

Pollice verso anche per l’ipotesi preridotto – come evidenziato da Massimo Russo dei Liberi e Pensanti – perchè «gli impianti non sono idonei» per questo passaggio: «Gli altiforni in marcia (1, 2 e 4), richiedono un fabbisogno giornaliero di sette/ottomila tonnellate di carbon coke.  Per soddisfare tale fabbisogno, il carbon coke è prodotto per due terzi dalle batterie in marcia (settima e ottava, undicesima e dodicesima) mentre il restante è acquistato da fornitori terzi. Il carbon coke permette di sviluppare un potere calorifero di oltre mille gradi e soprattutto permette di mantenere tale temperatura costante».

Russo ha aggiunto che «con il trasporto del preridotto su tramogge e nastri, sono sorti diversi problemi. Per questa ragione il materiale è scaricato dalle navi, per mezzo delle gru, sulle banchine e introdotto attraverso il trasporto su gomma nello stabilimento. Per quanto concerne la produzione, integrando piccole percentuali di preridotto e diminuendo l’agglomerato, abbatteremmo di poco la produzione di diossina ma continueremmo a produrre benzene, toluene, xilolo, idrocarburi e polveri di coke. E ci sarebbe una notevole riduzione del personale». Infine, Massimo Battista ha puntato l’attenzione sul tema “amianto” in Ilva: «Da quando è stata autorizzata la discarica “Mater Gratiae”, avviene sistematicamente lo smaltimento dell’amianto. I lavoratori di quella fabbrica operano quotidianamente in presenza di amianto». L’obiettivo del comitato – ha ribadito Battista – «è la riconversione dello stabilimento con la chiusura degli impianti inquinanti e l’impiego dei lavoratori in attività di bonifica».  

Alessandra Congedo – Nicola Sammali

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