L’ultima conferenza stampa del 2015 per Peacelink è anche l’occasione «per sottoporre all’attenzione dell’opinione pubblica una proposta estremamente importante: fornire in tempo reale i dati dell’inquinamento a Taranto». Dati sui Pm10 e picchi di veleni che Alessandro Marescotti giudica «inaccettabili» e che ha raccolto e presentato in «un documento tecnico molto importante». Il documento online si basa sulla raccolta dei dati nel mese di dicembre (Consultabili qui https://docs.google.com/document/d/17F0ov9f92IIdYH7oLb4-pQPaiYMXnRc3UvK7r7ozr0M/edit?pref=2&pli=1) e «dimostra il fallimento della politica del sindaco di contenimento delle emissioni tramite la limitazione del traffico dei mezzi pesanti nel quartiere Tamburi». Il presidente di Peacelink non ha dubbi sui «rischi» a cui la popolazione sarebbe sottoposta quotidianamente. «I valori dell’inquinamento al quartiere Tamburi non sono scesi, anzi, sono più alti che negli ultimi anni: per questo motivo chiediamo che venga implementato un diritto civile fondamentale cioè quello di essere informati in tempo reale sull’inquinamento che respiriamo». I dati sulle sostanze cancerogene presenti nell’aria «sono in possesso della pubblica amministrazione e sono disponibili in real time». Toccherebbe a Stefàno, «in quanto ufficiale sanitario, svolgere questa opera di informazione».
La comunicazione dei superamenti del valore precauzionale di 25 microgrammi a metro cubo per il Pm10 fissato dalla Asl di Taranto -come avrebbe indicato Giorgio Assennato di Arpa Puglia a Marescotti- dovrebbe partire da Arpa, passare quindi dall’Asl e finire nelle mani del sindaco se dovesse farne richiesta. «È dimostrato scientificamente che una sola ora di esposizione alle polveri sottili in quantità elevate, anche se non superano i limiti di legge, può determinare un danno alla salute. Ogni microgrammo a metro cubo di aumento del Pm10 è associato a un incremento dell’uno per cento dei decessi per infarto». Ecco perché «l’obiettivo del sindaco dovrebbe essere quello di mantenere il Pm10 di Taranto ai livelli più bassi possibili». Sulla tossicità del Pm10 di Taranto si è molto discusso nelle scorse settimane (Intervista Conversano https://www.inchiostroverde.it/45646/) e Marescotti è tornato su questo tema caldo puntualizzando che «il Pm10, proprio perché veicola gli Ipa, può avere effetti a lungo termine, cancerogeni, e nel breve termine anche letali, come ictus e infarti». E solleva un’obiezione all’Asl. «Il dato del benzo(a)pirene non c’entra nulla con gli infarti e con gli ictus. Gli effetti a breve termine, immediati del Pm10 non vanno confusi con quelli a lungo termine. Per quale motivo il dottor Conversano si sofferma sul benzo(a)pirene quando il benzo(a)pirene non ha questi effetti sul breve termine?»
Le pressioni di Peacelink sul sindaco volevano quindi «scongiurare questi effetti sul breve termine, anche di 24/48 ore, perché l’esposizione nel breve termine a dicembre non è stata ridotta e abbiamo avuto esposizioni al di sopra dei 25 microgrammi a metro cubo. Saranno le istituzioni preposte, in primo luogo l’Asl e perché no la magistratura, a vedere se in questo periodo ci sono stati ricoveri per ictus, infarti oppure decessi». Marescotti sottolinea «molto chiaramente che se l’Asl avesse avuto in questi mesi, in questi anni, dati positivi in termine di riduzione di ricoveri e di decessi sarebbero stati presentati e invece non ci sono stati o almeno non sono stati pubblicizzati». Peacelink ha così chiesto un «registro della mortalità aggiornato in tempo reale. Il concetto di tempo reale è aleatorio ma preciso: è l’informazione più aggiornata possibile. Il tempo reale per quanto riguarda il registro di mortalità è un dato aggiornato ogni mese, però ci assicurano che potrebbe essere aggiornato ogni 48 ore. Si può sapere in quali giorni ci sono stati i decessi, si può sapere l’età della persona deceduta, e soprattutto si può sapere con un sistema di georeferenziazione in quale luogo ha vissuto quella persona e quindi calcolare a che distanza avvengono i decessi rispetto per esempio all’area industriale. Siamo andati all’Asl e grazie al dottor Stefano Cervellera abbiamo dimostrato che era tecnicamente fattibile, mettendo quindi in correlazione gli incrementi delle polveri sottili e quelli dei decessi per infarto».
La lotta contro l’inquinamento da tempo è stata portata da Taranto a Bruxelles grazie all’impegno di Antonia Battaglia di Peacelink. Che ricorda la procedura d’infrazione lanciata dalla Commissione europea all’Italia sul caso Ilva, «aperta nel 2013 in seguito alle nostre denunce e arrivata al secondo stadio, ovvero al parere motivato. Andrà avanti fino alla terza fase, speriamo già l’anno prossimo. Peacelink vuole portare l’Italia in Corte di Giustizia per il non rispetto della direttiva ambientale: il punto cruciale non è il fatto che l’Ilva continui a inquinare ma il fatto che non ci siano stati tutti quei provvedimenti di messa a norma che sono stati promessi e decisi su carta in questi anni dai governi ma che poi non sono stati mai realizzati». Oltre questa procedura in corso, la Commissione europea sta tentando di fare luce sugli aiuti di Stato. «Peacelink nell’agosto 2014 ha presentato la prima denuncia per dimostrare che i prestiti forniti all’Ilva tramite decreti, quindi tramite le banche, non incidevano sui lavori di adeguamento ambientale perché abbiamo visto che i lavori dell’Aia venivano rinviati. «Credo che la Commissione bloccherà l’erogazione all’Ilva dei fondi statali e credo che si arriverà nel 2016 ad un momento in cui la Commissione chiederà al governo italiano o di vendere lo stabilimento spezzettandolo tra diversi concorrenti, oppure di effettuare entro una data limite, forse giugno 2016, tutti i lavori di adeguamento ambientale».
Fulvia Gravame ha descritto invece le attività svolte da Peacelink Taranto nel 2015 e si è soffermata sul processo che il 5 febbraio tornerà davanti al gup della fase preliminare di Ambiente Svenduto. «La via del processo è ancora aperta e siamo fiduciosi anche se si è perso del tempo. Vale ancora il contributo della cittadinanza attiva e molti stanno contribuendo a raccogliere nuovo materiale».
Nicola Sammali
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