Alessandra Congedo
Premessa
Il decreto in esame si propone, in riferimento all’ILVA di Taranto “da un lato, di garantirne l’esercizio senza soluzione di continuità, diversamente inevitabile con oggettivo e gravissimo pregiudizio per il tessuto socioeconomico del territorio e dei livelli occupazionali, contemperando tali esigenze con quelle della salute e della tutela ambientale e, dall’altro, di semplificare e rendere più trasparente il processo di cessione”. Il “tessuto socioeconomico del territorio” ed i “livelli occupazionali” avrebbero potuto, già dal primo dei decreti “salva-ILVA”, essere salvaguardati indipendentemente dall’esercizio dello stabilimento siderurgico, creando per Taranto e per i tarantini, anche in considerazione della notevole sovracapacità di produzione siderurgica a livello europeo e mondiale e della crisi del settore, alternative sostenibili di lavoro e di sviluppo secondo modelli di dismissione, bonifica, recupero e riconversione già realizzati con successo in altre parti d’Europa e del mondo, in assenza di significative ripercussioni negative sui conti dello Stato e con buone prospettive di crescita socio-economica.
L’analisi di autorevoli stime economiche dei costi sanitari diretti e indiretti (esternalità) causati dal danno ambientale e sanitario prodotto da ILVA indica chiaramente come questi compensino (e probabilmente eccedano) i benefici generati dalla prosecuzione della sua attività produttiva. La EEA (European Environmental Agency) ha infatti stimato, pur escludendo il contributo economico negativo legato alla produzione di gas serra, in 283 milioni di euro/anno i costi aggregati di danno sanitario generati dall’ILVA di Taranto considerando il numero di morti in eccesso associato all’esposizione di inquinanti. La stessa fonte stima in 103 milioni di euro/anno i costi aggregati di danno sanitario da contrazione dell’aspettativa di vita (anni di vita persi).
Nessuno ha fin qui pensato di stimare gli inevitabili effetti sanitari sulle generazioni future, che in base a quanto emerge dalla letteratura internazionale rappresentano la conseguenza più drammatica di qualsiasi situazione di inquinamento persistente dell’ambiente e delle catene alimentari. Inoltre, non sono mai stati adeguatamente valutati né considerati i danni economici subiti nel corso di decenni da intere categorie imprenditoriali (allevatori, agricoltori, mitilicultori), in alcuni casi irreversibilmente danneggiati dalla contaminazione di suolo e acqua che ILVA ha prodotto e continua a produrre, in assenza di bonifiche. I primi dati sulla contaminazione da idrocarburi policiclici aromatici dei mitili del mar piccolo pubblicati in letteratura internazionale risalgono al 1995, con gli Autori che suggerivano già allora “la necessità di aumentare gli sforzi per controllare le sorgenti inquinanti in un’area riconosciuta come una tra le più produttive per la mitilicoltura in Italia”.
Gli sforzi non sono stati sino ad ora adeguati e ancora nel 2014 sono presenti evidenze che documentano negli stessi luoghi contaminazioni preoccupanti dei mitili da diossine e PCB . Il voler perseverare sullo “scenario ILVA” come unico possibile, obiettivo perseguito sino ad ora mediante ben otto decreti legge precedenti a questo, ha fallito sino ad ora il suo principale proposito iniziale, quello di salvaguardare insieme ambiente, salute e lavoro, generando senza soluzioni di continuità ulteriore rischio e danno sanitario e tirannia del diritto alla produzione di acciaio su qualunque altro diritto, compreso quello alla salute.
Nello stesso rapporto (fascia di età 0-14 anni) “un eccesso di rischio viene osservato anche per l’incidenza dei tumori nel loro complesso” e si osserva che “permangono gli eccessi osservati in età pediatrica per i bambini ricoverati per malattie respiratorie acute nonché per la mortalità generale e l’incidenza per i tumori nel loro complesso”. Gli estensori del rapporto sottolineano che “l’osservazione di un eccesso di incidenza dei tumori e delle malattie respiratorie fra i bambini e gli adolescenti contribuisce a motivare l’urgenza degli interventi tesi a ripristinare la qualità dell’ambiente”.
Dal varo della revisione AIA ad oggi sono passati altri tre anni di danno ambientale e di rischio sanitario, con morti, malattie e costi altrimenti evitabili, senza che siano stati avviati concreti interventi di bonifica, senza che gli accorgimenti tecnici previsti dall’AIA siano stati completamente e adeguatamente applicati e senza avere ancora previsioni temporali certe sulla loro completa applicazione, che con il presente decreto-legge verrebbe ulteriormente rinviata di alcuni mesi. Si ricorda, inoltre, che studi previsionali di analisi del rischio prodotti da autorevoli organismi istituzionali (ARPA Puglia, “Primo Rapporto sulla Valutazione del Danno Sanitario”) hanno dimostrato che se anche l’AIA venisse applicata come previsto, resterebbe per Taranto e per i tarantini un rischio sanitario inaccettabile legato all’attività del siderurgico. Questo è eticamente improponibile in un’area geografica sino ad ora discriminata in negativo dal punto di vista ambientale e sanitario rispetto ad altre aree del nostro Paese.
Considerazioni sull’articolato e proposte di modifica
Aiuti di Stato
“Con il comma 2 dell’articolo 1 si imprime un’accelerazione alle procedure per il trasferimento dei complessi aziendali e contemporaneamente si sostiene finanziariamente la prosecuzione delle attività produttive per il tempo necessario allo svolgimento delle procedure previste dalla legge”. … “al comma 3 è disposta in favore dell’amministrazione straordinaria un’erogazione di 300 milioni di euro, indispensabili per fare fronte alle indilazionabili esigenze finanziarie del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria”.
Gli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà indicano che in una situazione come quella attuale, caratterizzata da notevole sovracapacità di produzione siderurgica a livello europeo e mondiale, gli aiuti di Stato ad imprese siderurgiche non siano giustificabili in alcun modo. Per tali ragioni si dichiara esplicitamente l’opportunità di “escludere il settore siderurgico dal campo di applicazione dei presenti orientamenti”.
– Sarebbe pertanto auspicabile evitare qualunque ulteriore forma di finanziamento finalizzato alla prosecuzione dell’attività produttiva di ILVA, nel rispetto delle indicazioni comunitarie.
– Sarebbe inoltre altrettanto auspicabile una decisa variazione di rotta da parte del Governo, mediante la destinazione di eventuali possibilità di finanziamento non alla “questione ILVA” ma alla “questione Taranto”, sostenendo la promozione e lo sviluppo, in quell’area, di altre categorie imprenditoriali (alcune delle quali gravemente danneggiate dall’inquinamento prodotto dal siderurgico) e ponendo basi concrete per la promozione di alternative sostenibili di lavoro e di sviluppo per Taranto e per i tarantini.
Esonero dei commissari da responsabilità
“Il comma 6 autorizza l’organo commissariale a eseguire il pagamento dei debiti prededucibili contratti nel corso dell’amministrazione straordinaria anche in deroga alla previsione dell’articolo 111- bis del regio decreto n. 267 del 1942 (legge fallimentare), esonerando i commissari da eventuali responsabilità connesse ai predetti pagamenti”.
Tale disposizione, vista soprattutto in funzione della prioritaria necessità di garantire la massima tutela dell’ambiente e della salute pubblica e la priorità del diritto alla salute su qualunque altro diritto, consentirebbe l’esonero dei commissari da ogni forma di responsabilità ed appare in conflitto con l’azionabilità in giudizio dei diritti e interessi legittimi garantita dall’articolo 24 e con i contenuti dell’articolo 3 della Costituzione.
– Per le motivazioni descritte si propone l’eliminazione o la completa riformulazione del comma 6, valutando potenziali conflitti con gli articoli 3 e 24 della Costituzione.
Termine di realizzazione del piano di applicazione delle prescrizioni AIA.
Era stato precedentemente definito che il termine di realizzazione del piano di applicazione delle prescrizioni AIA non potesse superare il 4 agosto 2016. Il decreto-legge in esame dispone che la durata dell’autorizzazione di cui all’articolo 3 del decretolegge n. 207 del 2012 coincida con il termine per la realizzazione del piano previsto dal decreto-legge n. 61 del 2013 e che entrambi i termini scadano il 31 dicembre 2016.
Il disegno di legge ritiene “necessario armonizzare la tempistica del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria con l’autorizzazione all’esercizio d’impresa in costanza di sequestro, al fine di rendere effettiva la possibilità di esercizio da parte del cessionario”.
Si prevede dunque un ulteriore ritardo di quattro mesi nel termine per la completa realizzazione del piano delle misure di tutela ambientale e sanitaria. Tale ritardo comporterà un ulteriore allungamento del periodo di esposizione critica della popolazione residente al complesso di inquinanti ambientali che il piano di tutela si propone di ridurre, con inevitabili conseguenze sia dal punto di vista sanitario che economico. Considerate le informazioni che l’epidemiologia ci mette a disposizione, è possibile affermare che l’area urbana di Taranto ha subito decenni di malattie e morti evitabili in tutte le fasce di età, compresa quella prenatale, a causa dell’assenza di bonifiche e di interventi atti ad eliminare o ridimensionare considerevolmente le sorgenti inquinanti.
Alla luce di tali evidenze, che continuano ad essere prodotte e pubblicate su riviste scientifiche autorevoli, qualunque ulteriore ritardo causato dalla prosecuzione della immissione di inquinanti nell’ambiente secondario all’attività produttiva appare intollerabile e genererà conseguenze sanitarie misurabili sia nel breve che nel lungo termine, anche in considerazione di meccanismi di trasmissione transgenerazionale del rischio. Dal punto vista etico sarebbe più opportuno “armonizzare la tempistica del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria” non con le esigenze produttive ma con le urgenti esigenze di interruzione del rischio sanitario (come anche auspicato dall’Istituto Superiore di Sanità) tuttora esistente a carico dei residenti nell’area urbana di Taranto.
– Considerato lo stato attuale di parziale realizzazione delle misure previste dall’AIA e nella realistica consapevolezza dell’impossibilità di rispettare il termine del 4 Agosto 2016 per il loro completamento, si propone comunque di delineare chiaramente precisi riferimenti su responsabilità da attribuire e conseguenze da assumere in caso di mancato rispetto del nuovo termine temporale indicato nel disegno di legge e di fornire irrevocabili garanzie sull’assenza di ulteriori future proroghe.
Revisione del piano di tutela in relazione al piano industriale
Il comma 8 dell’articolo 1 prevede una procedura semplificata per la revisione del Piano delle misure di attività di tutela ambientale e sanitaria o di altro titolo autorizzatorio quando ciò si renda necessario in relazione al piano industriale presentato dal soggetto aggiudicatario. Come anche dimostrato dalla “Valutazione di Danno Sanitario” (VDS) elaborata da ARPA Puglia, il livello di emissione di inquinanti da parte dell’ILVA e i danni ambientali e sanitari ad esso conseguenti sono direttamente proporzionali all’attività produttiva dell’impianto siderurgico, nonostante le misure di mitigazione e contenimento previste dall’AIA e nonostante il rispetto delle BAT (Best Available Techniques).
Molti degli inquinanti emessi dall’ILVA (in particolare i microinquinanti) non hanno una soglia minima al di sotto della quale non generino danni biologici e, a causa della scarsa/assente biodegradabilità e della capacità di accumularsi nell’ambiente e nei tessuti biologici, generano danni indipendentemente dal rispetto delle concentrazioni emissive previste dalla normativa vigente.
Nel caso di questi inquinanti, infatti, a causa delle caratteristiche descritte, ciò che interessa dal punto di vista tossicologico non è tanto la concentrazione emissiva (quella normata) ma la quantità assoluta di sostanze tossiche emesse che è, come accennato, variabile e direttamente proporzionale all’attività produttiva del siderurgico.
Nonostante la disponibilità di strumenti epidemiologici idonei allo scopo, in nessuno dei decreti sino ad oggi promulgati lo Stato si è assunto l’onere di definire esattamente, nel caso di ILVA, quale possa essere il livello “accettabile” di inquinamento (e di conseguente danno sanitario), nè quale sia il livello produttivo da non superare per garantire tale condizione. Oltre a riproporre questa carenza, la proposta di legge in esame consente una inaccettabile violazione del principio di supremazia del diritto alla salute su qualunque altro diritto, compreso quello alla libera imprenditoria, così come previsto dall’articolo 41 della Costituzione.
La salute, infatti, non può e non deve essere considerata un bene negoziabile, modulabile in base alle esigenze del piano industriale presentato dal soggetto aggiudicatario. A questo proposito, le misure di garanzie previste dal disegno di legge (ad esempio il comitato di “esperti”) non appaiono adeguatamente rispettose della tutela del diritto alla salute ed a vivere in un ambiente salubre e non considerano gli strumenti di prevenzione primaria che l’epidemiologia mette a disposizione, garantendo informazioni oggettive. Vi è dunque assoluta necessità di vincolare qualunque futuro procedimento autorizzatorio al rispetto di criteri oggettivi di valutazione di impatto e di rischio sanitario, secondo strumenti epidemiologici analitici validati e istituzionalmente riconosciuti.
È a questo proposito rilevante ricordare come, ad Aprile 2015, il Consiglio Federale del Sistema inter-agenziale ISPRA/ARPA/APPA abbia approvato le “Linee Guida per la valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario (VIIAS)”, che definiscono i criteri per il corretto svolgimento delle attività ordinarie di VIA, VAS e AIA previste dalle normative vigenti e che prevedono l’utilizzo di efficaci e validate analisi del rischio. Si propone dunque di esprimere in maniera esplicita e vincolante la subordinazione di qualunque proposta di variazione del piano di tutela ambientale e sanitaria e dello stesso piano industriale ad oggettive procedure analitiche di valutazione del rischio sanitario per i residenti, così come previsto dalle Linee Guida inter-agenziali per la valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario (VIIAS).
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