L’omicidio stradale diventerà reato dal nuovo anno

L’omicidio stradale dal nuovo anno diventerà reato – E’ stato approvato, con larga maggioranza dal Senato, il provvedimento che introduce pene più dure in caso di incidenti mortali. L’inasprimento mira a colpire tutti quei delinquenti che consapevolmente si mettono al volante in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe provocando più morti di una guerra. La normativa deve passare alla Camera per la quarta approvazione ma il passaggio si presenta come una pura formalità, dato l’elevato consenso raccolto.

Dal prossimo anno chi guiderà in stato di ebbrezza media e grave, con un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi (quello consentito dalla legge è dello 0,5 grammi per litro di sangue) o alterato da sostanze stupefacenti rischierà la detenzione da 5 a 10 anni; si potrà arrivare fino a 18 anni se i morti sono più di uno o in caso di feriti gravi. Tra le aggravanti sono previsti fattori che spesso risultano controversi come la velocità eccessiva (in città se si procede ad una velocità doppia rispetto ai limiti consentiti, fuori dai centri abitati se si superano i 50 km/h rispetto ai limiti vigenti su quel tipo di strada), circolazione contromano, passaggio con il rosso, sorpasso in corrispondenza di curve, dossi, incroci, strisce pedonali o se si supera la striscia continua.

In questo modo si supera il limite dell’attuale legge in vigore che prevedendo pene più leggere, dai 2 ai 7 anni, consentiva di poter usufruire, entro i due anni, della sospensione condizionale della pena che finora ha evitato il carcere alla maggioranza dei responsabili di incidenti stradali. L’ergastolo della patente non è previsto anche se chi guida ubriaco o drogato ed uccide una persona, scappando dopo l’incidente, non potrà conseguire la patente prima che siano trascorsi 30 anni.

Randagismo –  Il risarcimento in caso di aggressione da parte di animali randagi spetta all’Asl. Nella città dei due mari, è uno dei problemi più sentiti da chi ama correre o andare in bicicletta. Soprattutto nei quartieri periferici, branchi di cani sempre più numerosi rappresentano un deterrente anche per una semplice passeggiata. Spesso sono causa di incidenti che provocano pericolose cadute dalle selle di veicoli a due ruote con o senza motore. In questi casi, a chi compete il risarcimento? All’Azienda sanitaria locale in quanto è il soggetto a cui la legge ha affidato le funzioni di cattura, ricovero nei canili e sterilizzazioni dei cani vaganti. E’ quanto ha chiarito una recente sentenza emessa dal tribunale di Napoli che stabilisce come rientri nelle competenze dell’Asl locale la vigilanza ed il controllo del randagismo.

Se il carabiniere è in borghese, la multa non è valida – E’ la conclusione a cui è giunto il Giudice di Pace del tribunale di Trieste, dottor Francesco Pandolfelli che ha ritenuto illegittima la contravvenzione elevata da un carabiniere in borghese ad una donna che guidava con il cellulare.  La motivazione va ricercata nel fatto che «gli agenti che operano sulla strada devono essere visibili a distanza mediante l’uso di appositi capi di vestiario oppure devono essere in uniforme». Poi precisa che queste attività possono essere svolte in abito civile quando ciò sia strettamente necessario e questo venga autorizzato» scrive Pandolfelli nelle motivazioni depositate nei giorni scorsi ricordando, nel caso specifico, che la «contravvenzione è stata accertata da un  carabiniere in abiti civili che si trovava “in itinere”, libero dal servizio e su un veicolo privato». Il giudice affronta anche la questione della mancata contestazione immediata: «Queste situazioni rappresentano un’eccezione al principio generale». Non solo. Aggiunge che quando gli agenti o i carabinieri non sono in uniforme «devono fare uso di un apposito segnale distintivo e, per l’intimazione dell’alt devono esibire, in modo chiaramente visibile, il segnale distintivo e anche la loro tessera personale». Osserva che l’intimazione dell’alt ad opera di agenti anche a bordo di veicoli privati «deve essere eseguita sorpassando il veicolo da fermare ed esibendo dal finestrino il segnale distintivo». Fatti questi che non si sono verificati. Da qui appunto l’accoglimento del ricorso.

A cura di Fabiana Di Cuia, laureata con lode in Scienze della Comunicazione  – Giornalista – Insegnante di Scuola Guida, abilitata dal 2003.

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