Bassa stima di sé, quali danni? – E. Albano
LECCE – È abbastanza semplice disquisire sulla buona stima di sé. Sappiamo tutti, più o meno, che avere una buona considerazione personale ci aiuta a raggiungere più facilmente i nostri obiettivi, personali e professionali, ci spinge a guadagnare abbastanza e a farci valere, ci permette di costruire relazioni più equilibrate e positive, ci sostiene nei momenti bui della vita e ci offre, sempre e comunque, una visione più possibilista della realtà.
Ma ciò che è meno semplice sapere è che una bassa autostima può apportare danni notevoli in ogni campo della nostra vita. Non credere sufficientemente in se stessi non ci permette di puntare in alto nelle nostre scelte o anche semplicemente di provare a realizzare la nostra vita, non ci fa godere delle semplici cose e dei piccoli doni che la quotidianità ci offre costantemente perché pensiamo di non meritare niente e che ogni cosa poi si ritorcerà contro di noi, ci immette in una condizione di sospetto costante verso tutto e verso tutti, privandoci delle occasioni più spicciole non solo per fare buoni affari ma anche e soprattutto per costruire buone relazioni.
Inoltre, ci induce alla malevolenza, perché il successo e il benessere degli altri ci frustra a tal punto che vorremmo soltanto oscurare e affossare chi appare un pochino più sorridente di noi. E potremmo continuare all’infinito. Tuttavia, l’aspetto che a me preme evidenziare è quello della salute, sia mentale che fisica. Ebbene, sì, la disistima, a lungo andare, se non rapidamente riconosciuta e sanata, può incidere fortemente sull’equilibrio psico-fisico.
Qui, in sintesi, alcune manifestazioni progressive di una perdita di fiducia personale.
Stress
Fragilità emotiva
Ansia generalizzata
Insonnia e disturbi dell’alimentazione e della sfera sessuale
Dipendenze varie
Attacchi di panico e fobie
Depressione
Man mano che si crede sempre meno in se stessi, nelle proprie capacità e nella propria forza di reagire agli eventi e alle sensazioni negative, si comincia a provare una condizione di forte stress. Tutto sembra remarci contro e ci sentiamo non in grado di far fronte alle pressioni psicologiche. Se questo stato perdura, senza una soluzione positiva, si scivola nella fragilità emotiva. Basta un niente per gettarci nello sconforto e basta un niente per farci illudere che tutto prosegue per il meglio. Le lacrime affiorano facilmente e prende sempre più il sopravvento un’ansia generalizzata. Il timore che tutto e tutti possano attaccarci e renderci ancora più fragili ci induce a chiuderci sempre più in noi stessi e a ridurre gradualmente il nostro raggio di azione e la nostra capacità decisionale.
La tendenza alla procrastinazione, al rinvio di tutto ciò che potrebbe farci sentire gratificati e realizzati, diventa molto forte in questa fase. La paura di un errore diventa più potente del bisogno di realizzazione. Ma il conflitto che nasce tra il voler essere e il timore di essere, ci fa perdere ulteriormente stima personale. Le notti diventano insonni. Il cibo si trasforma nella falsa fonte unica di gratificazione o nella falsa fonte unica di controllo su di una vita che in realtà non controlliamo più. Fumo, alcool, psicofarmaci o droga, diventano le nostre misere ancore che anziché innalzarci e tirarci fuori dall’abisso, danno ulteriori colpi di affondo.
Ovviamente, il passaggio da una condizione stressogena iniziale a una di depressione non è quasi mai breve. Anzi, a volte possono trascorrere decenni. prima che si manifesti una qualche forma di avvilimento morale persistente. Oppure ci si può fermare ad uno dei vari stadi, per anni, o per sempre. Dunque, non è più tempo di sottovalutare questa tanto amata e odiata autostima che investe capillarmente ogni ambito dell’esistenza.
Psicologa – Scrittrice
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