Pesca illegale del dattero di mare: come si distrugge (per sempre) una scogliera sommersa
TARANTO – Il dattero di mare è un mollusco bivalve che vive dentro fori scavati nella roccia e che si accresce molto lentamente raggiungendo l’incredibile età di 80 anni. Il bivalve è protetto da convenzioni internazioni sulla salvaguardia della natura, e la sua pesca e il suo consumo sono severamente vietati dalla legge.
Nonostante il rigoroso regime di tutela e il divieto di pesca, il dattero viene tuttora richiesto e pescato lungo le coste rocciose pugliesi. La pesca altamente distruttiva implica la distruzione dello strato superficiale delle scogliere sommerse. Ogni organismo animale o vegetale insediato sulla roccia fatta a pezzi, è chiaramente destinato a soccombere.
Ancora più grave è l’impatto ecologico esplicato nel tempo. Studi scientifici hanno evidenziato che la roccia denudata non viene più ricolonizzata dagli organismi marini. Si parla di una vera e propria desertificazione delle scogliere sommerse che permangono in uno stato impoverito, con valori di biodiversità estremamente bassi. La ricolonizzazione viene impedita dall’incessante azione di brucatura effettuata dai ricci di mare, in particolar modo dal riccio nero Arbacia lixula, che si alimenta delle larve appena insediate della maggior parte degli organismi bentonici, ovvero che crescono sul fondo del mare.
Appare evidente come l’impatto della pesca del dattero sia gravissimo, tanto più se si considera che le conseguenze negative non riguardano solo gli organismi bentonici ma anche i pesci. Determinate specie ittiche, infatti, tendono a diminuire nelle aree distrutte, e questo perché non trovano più rifugio e nutrimento sulle rocce denudate e sono costrette a migrare in luoghi ancora integri. Per tentare di arginare questo scempio dalle proporzioni incalcolabili, è necessario bloccare i pescatori di datteri denunciandoli alla Guardia Costiera se colti in flagrante, ma anche segnalare alle forze dell’ordine pescherie e ristoranti che vendono i bivalvi sottobanco. E non meno importante è sensibilizzare chi ancora consuma i datteri, informandolo dell’enorme danno che indirettamente produce sul mare. Fin quando ci sarà richiesta, la pesca distruttiva che rende i nostri mari sempre più poveri, non avrà fine.
PhD in Scienze Ambientali