Atelier Taranto: dal Comune ci si aspettava di più

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Un grande successo per ATELIER TARANTO. Ieri si è conclusa la prima fase del progetto di ricerca. Nella sala consiliare del Comune di Taranto c’erano architetti venuti da tutta Europa, urbanisti e paesaggisti. Si sono confrontati con i loro colleghi ionici, esponendo idee, suggestioni, possibilità di riscatto per la città dei due mari.

atelierLa giornata si è aperta con il saluto del sindaco Ippazio Stefàno. In rappresentanza dell’Ambasciata olandese dei Paesi Bassi in Italia c’era il responsabile del settore culturale Bas Ernst, che ha letto il messaggio del vice ambasciatore olandese, assente per motivi di salute. “Il progetto continuerà – hanno fatto sapere dall’ambasciata – questo era il primo passo. Lo studio di architettura UNLAB di Rotterdam con i suoi progetti su Taranto ha vinto un bando promosso dal nostro Paese e legato ai temi dell’Expo. Siamo molto interessati alle aree urbane e alle sinergie tra industrie creative, tanto che metteremo questi argomenti al centro dell’agenda dell’Ue, già dalla prima metà del 2016, quando avremo la presidenza. L’obiettivo adesso è la pubblicazione dei progetti  per Taranto, che saranno presentati alla biennale di Rotterdam e a quella di architettura di Venezia”.

Il progetto di ricerca ATELIER TARANTO è promosso dallo studio di architettura UNLAB con il supporto dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi in Italia e della Creative Industries Found NL, il patrocinio del Comune di Taranto, dell’Ordine degli Architetti di Taranto, di Legambiente Taranto e della cooperativa NoveLune.  UNLAB sono l’architetto Andreas Faoro e l’urban designer Francesca Rizzetto. Entrambi veneti, da anni vivono in Olanda, a Rotterdam, e sviluppano progetti innovativi, di inclusione urbana e sociale, su scala internazionale. Quando hanno scoperto Taranto, se ne sono innamorati. Era il 2012. Da allora hanno iniziato a mettere insieme competenze diverse per provare a contribuire al riscatto del territorio ionico. 

 IL PROGETTO

“Atelier Taranto è una ricerca applicata che si è sviluppata attraverso workshop, meeting, incontri tra settori multidisciplinari – ha spiegato l’architetto Andreas Faoro di UNLAB – con lo scopo di rispondere ad una domanda: cosa potrebbe accadere se…? Il lavoro è partito dall’ordinanza regionale del 2010, che interdiva al pascolo ed all’allevamento la zona fino a 20 km dall’Ilva. Quell’ordinanza per noi è divenuta oggetto di studio e ci ha condotto a formulare una serie di idee, che vedessero il siderurgico non più al centro di un’economia lineare, come oggi, ma parte di un’economia circolare, di un parco territoriale che trova negli spazi comuni il suo punto di forza”.

“ATELIER TARANTO ha lavorato con due sistemi: uno verticale ed uno orizzontale. Vuol dire che abbiamo lavorato a dei progetti innovativi, coinvolgendo gli attori del territorio (orizzontale)  ma non soltanto architetti: sono stati coinvolti scrittori, storici dell’arte, urbanisti, sociologi ed esperti di water management (verticale). Siamo arrivati a formulare otto scenari per Taranto – ha detto Francesca Rizzettourban designer di UNLAB – ed oggi ve ne presentiamo solo alcuni. Verranno tutti pubblicati nel sito www.atelier-taranto.eu a breve, insieme alle relazioni tenute in questa giornata da tutti gli intervenuti. Abbiamo lavorato in particolare sugli spazi pubblici, cioè spazi comuni in mano alla collettività, nel senso di creati concretamente da tutti. Partendo da Paolo VI e Tamburi, due quartieri difficili, abbiamo lavorato sull’idea di ‘parchi della memoria’ dove il terreno inquinato, attraverso la fitodepurazione, possa essere bonificato e precluso alla cittadinanza per un certo periodo. Le piante potranno essere ammirate dal di fuori e la zona intorno, completamente pedonale, potrà essere luogo di sosta, di esperienza e di incontro per la popolazione. Per la città vecchia abbiamo pensato, dati i vicoli e gli spazi stretti, all’utilizzo dei tetti come spazi pubblici, aperti alla cittadinanza, ad ingresso libero come fossero appunto parchi. Per il borgo abbiamo sviluppo l’idea di un trasporto pubblico diverso. Strade libere dalle automobili e da impedimenti e chiuse al traffico.

È un lavoro anche pedagogico questo: perché non sempre è una necessità per il tarantino spostarsi in auto. Lo fa talvolta per pigrizia. Usufruire di una mobilità verde è un passo necessario anche per far riscoprire la città ai suoi abitanti. Oltre al trasporto pubblico implementato ci sarebbe un sistema di parcheggi con il car sharing (servizio che permette di utilizzare auto su prenotazione prelevandola e riportandola in un parcheggio, e pagando in ragione dell’utilizzo fatto) per allontanarsi della città, mentre mezzi pubblici e bici dovrebbero essere utilizzati dentro la città. Questo fa bene alla salute e alla bonifica del territorio, perché anche le automobili producono inquinamento atmosferico, visuale e sonoro. Rifacendoci delle referenze storico-artistiche abbiamo portato per Palazzo degli Uffici di Taranto l’esempio del Parlamento berlinese con l’artista bulgaro-statunitense Christo, che ha lavorato una ventina d’anni al progetto, decollato solo dopo la caduta del muro, di una costruzione che rappresentasse la trasparenza dell’istituzione. Ha pensato quindi, durante i lavori di costruzione, di coprire con dei teli bianchi ciò che si stava preparando. 

Tra gli intervenuti anche Sergio Prete, presidente dell’Autorità Portuale di Taranto. “Stiamo sfruttando da tempo la cooperazione con l’ambasciata dei Paesi Bassi per realizzare una serie di progetti che tendono alla diversificazione dei traffici portuali- ha affermato – cercando di implementare un traffico industriale di natura diversa rispetto a quello di oggi, e nello stesso tempo di avviare e potenziare altre tipologie di traffico come quello commerciale e quello turistico. Significativa è la collaborazione che ha portato alla realizzazione di un progetto che noi abbiamo chiamato “Fresh Port che in sinergia con un leader europeo dell’ortofrutta come Greenery, società olandese, ha visto la costituzione di alcune società sul territorio per sfruttare la produzione locale e la commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, individuando il porto di Taranto come hub per l’import export di questi prodotti. Stiamo lavorando in sinergia anche per far diventare il porto autonomo dal punto di vista energetico e capace di produrre energia rinnovabile da utilizzare anche nella aree retro portuali ed in città. Sarà un grosso contribuito all’ambientalizzazione del territorio”.

Grande attesa c’era poi per la relazione dell’architetto Michele Brunello, dello studio Stefano Boeri Architetti, che ha portato esempi tecnici di riqualificazione urbanistica, dall’isola della Maddalena a Marsiglia fino a Milano. “L’esperienza dei progetti che hanno proiettato Milano su un piano internazionale, come la nostra idea di bosco verticale nella zona di Porta Nuova,  nascono dall’opportunità di Expo. Era una sfida bella ma anche Taranto, per motivi completamente diversi, oggi si trova a vivere una sfida e questo è il momento migliore per elaborare idee, progetti, soluzioni. Certo bisogna capire anche che l’architettura da sola non basta. C’è bisogno non solo di una grande visione per cambiare una città ma anche di continuità ed è quindi necessario l’apporto delle istituzioni  e della comunità”.

Da qui l’intervento del presidente dell’ordine degli architetti di Taranto, Massimo Prontera, che nel dibattito conclusivo ha denunciato: “Lo studio Boeri ha presentato idee nate grazie a concorsi di progettazione. A Taranto non ci sono concorsi di progettazione indetti da enti da tempo immemore, se andiamo ad escludere quello della piastra logistica del porto. È un grosso limite della nostra comunità la mancanza di stimoli e confronto. L’ordine che rappresento vorrebbe che il passo cambiasse. Ad un’iniziativa di questa levatura, mi aspettavo la presenza attiva del Comune, dal primo all’ultimo minuto. C’era tanto da imparare e non ci si poteva limitare ad un saluto iniziale. L’architettura può essere occasione di rilancio ma devono volerlo le istituzioni in primis.  Ed invece, ad esempio per i progetti da presentare a Roma nell’ambito del CIS, siamo stati interpellati a cose fatte. Non è stato chiesto un nostro parere, per poi scoprire che tra le proposte da finanziare, che Roma poi non ha accettato, c’era anche quella di mettere mano al famoso tartarugaio sulla ringhiera di Città vecchia, al momento interessato da una situazione complessa al vaglio della magistratura. Tutto questo ci lascia basiti”.

 

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