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Seguire Rotterdam per reinventare Taranto

Taranto non si salva da sola. L’autoreferenzialità è il primo nemico di uno sviluppo armonico e multiforme della città. Il confronto con grandi realtà europee che hanno già vissuto il tracollo industriale e sono state costrette a reinventarsi, è  quanto mai necessario. Si tratta di uno degli aspetti emersi durante la tavola rotonda che ieri pomeriggio ha dato il via ad ATELIER TARANTO. Un momento di confronto con contribuiti internazionali, aperto agli architetti, agli urbanisti, ai paesaggisti del territorio ionico ma anche a tutti i cittadini interessati a capire quali orizzonti possano profilarsi per il capoluogo ionico e per la sua provincia.

 Il progetto di ricerca ATELIER TARANTO è promosso dallo studio di architettura UNLAB con il supporto dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi in Italia e della Creative Industries Found NL, il patrocinio del Comune di Taranto, dell’Ordine degli Architetti di Taranto, di Legambiente Taranto e della cooperativa NoveLune  UNLAB sono l’architetto Andreas Faoro e l’urban designer Francesca Rizzetto. Entrambi veneti, da anni vivono in Olanda, a Rotterdam, e sviluppano progetti innovativi, di inclusione urbana e sociale, su scala internazionale. Quando hanno scoperto Taranto, se ne sono innamorati. Era il 2012. Da allora hanno iniziato a mettere insieme competenze diverse per provare a contribuire al riscatto del territorio ionico. 

Ieri, la prima giornata di ATELIER TARANTO si è aperta con un tour guidato degli ospiti venuti dall’Olanda. Due ore perché Faoro e Rizzetto di UNLAB, che da anni lavorano al progetto di un rinnovato sviluppo urbanistico della città, potessero spiegare le potenzialità del territorio a chi per la prima volta lo viveva. Il tour in autobus ha toccato la provincia, con la visita alle gravine e ad alcune masserie, tra cui la Amastuola di Crispiano. Poi si è tornati in città, osservando da vicino il borgo antico di Taranto e quello umbertino, il quartiere Tamburi e Paolo VIAlle 18.00 nella sede dell’Ordine degli Architetti di Taranto, è iniziato il confronto, aperto dal benvenuto del presidente Massimo Prontera. “Abbiamo colto le potenzialità dell’idea di UNLAB. Leggere il territorio con occhi che non sono i nostri – ha detto – mettendo in campo un approccio multidisciplinare, non può che farci bene e questa è un’occasione importante per creare una serie di nuove opportunità con l’Europa”.

“ATELIER TARANTO nasce da uno studio approfondito sulla città – ha spiegato Francesca Rizzetto di UNLAB – uno studio che ormai facciamo da anni e che c’è stato sovvenzionato dall’Ambasciata olandese e dalla Creative Industries Found NL. Ci ha colpito il legame che c’è tra i tarantini ed il loro territorio. Per questo ribadiamo che siamo qui per lavorare per la città ma soprattutto con la città, aperti al contributo di tutti quelli che per Taranto già fanno tanto. Non ci saranno progetti calati dall’alto ma solo la volontà di costruire insieme”.

Il primo saluto è stato dello scrittore pugliese Giancarlo Liviano D’Arcangelo, autore di ‘Invisibile è la tua vera patria”. “Nel mio viaggio da nord  a sud dell’Italia, tra l’Ilva di Taranto, l’Olivetti di Ivrea, la ex centrale nucleare del Garigliano, il villaggio operaio di Crespi d’Adda, la Palermo ottocentesca dei Florio, la miniera sarda dismessa a Montevecchio, e infine LunEur, l’ex luna park della capitale, ho imparato quanto sia importante l’occhio di chi scrive per ricostruire un tessuto urbanistico e sociale. Lo scrittore, come un’aquila, plana sopra gli eventi ed è capace di cogliere i cambiamenti raffrontando passato e presente”.

Poi l’intervento di Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto. “Come associazione ambientalista negli ultimi dieci anni – ha confessato – ci siamo dovuti scontrare con continue emergenze sul territorio. Questo ci ha fatto perdere una visione di futuro. Nonostante viva da tanti anni a Taranto, posso dire di non averla ancora capita, questa città. Ha un’identità antica, in crisi, che è quella del mare, ed un’identità moderna, in crisi ugualmente, che è quella industriale. Ora per l’ennesima volta, dopo la notizia degli ottocento milioni di euro dei Riva, che non arriveranno, mi domando, Taranto ha un piano B? O pensiamo seriamente a cosa vogliamo fare di questa città, che vive un profondissimo disagio sociale, ci rimbocchiamo le maniche e lavoriamo per i prossimi 30-40 anni, o è finita. Le bonifiche in questo senso sono un aspetto necessario ma non possiamo più nasconderci che per far ripartire Taranto serva l’intervento dello Stato, che intervenga con soldi pubblici”.  

Bas Ernst, in rappresentanza dell’ambasciata del Regno dei Paesi Bassi in Italia, ha ricordato: “In Olanda si lavora molto per sinergie multidisciplinari. Olandesi ed italiani sanno confrontarsi bene insieme. Per noi ATELIER TARANTO è un progetto speciale, con una grande vision. Per questo abbiamo deciso di sovvenzionarlo e per questo lo porteremo alla biennale di Rotterdam ed a quella di Venezia”.

“A Taranto c’è una grande vitalità di associazioni e gruppi culturali – ha sottolineato l’architetto Andreas Faoro, di UNLAB – quello che abbiamo notato è che manca la coesione. Si lavora in maniera separata, non è facile fare squadra. Noi, insieme ai partner che credono in questo progetto, invece riteniamo che questa città possa diventare modello europeo di incontro tra realtà diverse che lavorano insieme per il bene della comunità”.

Fransje Hooimeijer, docente e ricercatrice indipendente nel campo dell’architettura, era per la prima volta al Sud. “Io mi occupo dello studio dei tessuti suburbani delle città. Mi sono informata tanto su Taranto ed oggi l’ho visitata per la prima volta. Avete un grande patrimonio paesaggistico ma ho notato anche la fragilità del borgo. Si coglie che è un territorio in crisi ma, così come è accaduto a Rotterdam, in Olanda, la crisi può divenire opportunità di sviluppo, capace di cambiare rotta alla vostra nave”.

“Sono arrivato a Taranto di sera- ha spiegato Arjan Wijdeveld è un water quality specialistcon un background in geochimica- e mi ha subito colpito la vitalità che c’era in mare, a ridosso del porticciolo. Rotterdam per molti versi è simile a Taranto. Vent’anni fa aveva grossi problemi industriali ed il Reno, che la bagna, portava in dote alla città dieci milioni di sedimenti inquinanti. Però il cambiamento c’è stato. Grazie ad una legislazione tedesca sull’acqua, che ha migliorato le condizioni del fiume e grazie al nuovo porto, che ha dato rinnovato impulso all’economia. Rotterdam ha investito molto in turismo, trasporti, sulle attività connesse all’acqua e sulla comunicazione. Oggi la Lonely Planet la considera tra le città più interessanti d’Europa e la mette prima di Amsterdam.  La ricostruzione è stata fatta da pubblico e privato insieme, si è stati capace di allontanare le fonti inquinanti dal centro della città e di lavorare per anni ed anni su masterplan diversi. Grandi progetti sono stati messi a confronto. L’Italia non è l’Olanda, qui urbanistica ed architettura continuano a litigare ma non è quella la strada giusta. Rotterdam nel 2020 avrà un porto ‘verde’con l’energia creata che verrà utilizzata per la città e per l’alimentazione delle auto elettriche, che saranno le uniche a poter circolare in città. Sembrano idee lontanissime ma dobbiamo credere nel cambiamento”.

 

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