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Ilva, no dalla Svizzera al rientro di 1,2 miliardi

MILANO – Il Tribunale penale federale di Bellinzona (TPF) ha detto no al trasferimento di circa un miliardo di euro congelato in Svizzera all’acciaieria Ilva di Taranto. Secondo il TPF dare il via libera, come ha fatto la giustizia zurighese, al rientro dei fondi in Italia, come chiesto dalla magistratura di Milano, è ingiustificato. I giudici escludono l’invio dei fondi in quanto l’origine fraudolenta degli stessi è probabile ma attualmente non provata e la richiesta italiana compromessa di vizi di forma. Secondo i giudici elvetici, l’invio di fondi, a questo stato della vicenda, equivarrebbe a una sorta di esproprio senza giudizio penale. Gli stessi stigmatizzano il comportamento della giustizia zurighese per avere oltrepassato i limiti legali delle rogatorie internazionali. Il TPF ritiene che i beni patrimoniali sarebbero trasformati in titoli a favore di Ilva che probabilmente non avrebbero un valore corrispondente. (TvSvizzera)

Il Corriere del Ticino riporta alcuni passaggi  della sentenza raccolta in circa ottanta pagine. Il Tribunale penale federale ricostruisce così la vicenda: “La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano conduce contro i vertici del gruppo siderurgico un procedimento penale per i reati di riciclaggio di denaro, truffa ai danni dello Stato e trasferimento fraudolento di valori. La Procura di Milano contesta agli indagati di aver drenato dalla azienda siderurgica e trasferito direttamente nella disponibilità della famiglia Riva, attraverso quattro trust (Jersey), valori patrimoniali per un importo superiore al miliardo di euro. I valori patrimoniali dei trust sarebbero stati, in maniera ingiustificata, rimpatriati giuridicamente in Italia impunemente nell’ambito dello scudo fiscale intervenuto nel 2009. Nel 2010, la società fiduciaria italiana, UBS Fiduciaria S.p.A., incaricata del rimpatrio giuridico ha trasferito i beni dei trust su suoi conti presso UBS AG rispettivamente UBS Switzerland AG”.

“Con domanda di assistenza giudiziaria del 21 maggio 2013, la Procura di Milano ha postulato il blocco dei suddetti conti. La Procura del Canton Zurigo ha dato seguito positivo alla richiesta, per cui dal 4 giugno 2013 la somma di circa un miliardo di euro è oggetto di sequestro rogatoriale”.

“Nell’ambito del procedimento penale milanese, l’11 maggio 2015 il Giudice per le indagini preliminari (GIP), basandosi sulla legge del 4 marzo 2015, n. 20, adottata ad hoc per il caso Ilva, ha disposto l’utilizzo dei valori patrimoniali dei trust sequestrati rogatorialmente per la sottoscrizione di obbligazioni emesse dalla Ilva S.p.A. in amministrazione straordinaria. Egli ha inoltre ordinato la conversione del sequestro dei valori in questione in un sequestro delle obbligazioni emesse. Secondo la normativa di cui sopra, il capitale corrispondente deve essere utilizzato per l’adozione di misure di protezione dell’ambiente in relazione ad Ilva (…). UBS Fiduciaria ha quindi impartito alla banca svizzera l’ordine di trasferire in Italia i valori patrimoniali in questione”.

Il retroscena del decreto di trasferimento – viene spiegato – è legato alla situazione d’Ilva e alla relativa legislazione emanata in Italia. Ilva costituisce la più grande impresa siderurgica in Europa. Nel 2013, tramite decreto, è stata posta, per interessi strategici nazionali, sotto commissariamento straordinario. Parallelamente al mantenimento di migliaia di posti di lavoro, dovrebbero essere eliminati i gravi danni causati all’ambiente, prevenendone altri”.

Che è successo in Svizzera? “Il 19 giugno 2015, la Procura zurighese non ha ordinato direttamente la consegna dei valori dei trust all’Italia, ma ha revocato il sequestro dei conti, affinché potesse essere eseguito l’ordine di pagamento impartito da UBS Fiduciaria. Essa ha dato l’autorizzazione alla banca svizzera per consegnare i beni dei trust all’Italia”. Ne è nato un ricorso presentato da tre beneficiari economici dei trust a seguito del quale i sequestri dei conti sono stati mantenuti. Quali i motivi? “La decisione della Procura zurighese si fonda su una domanda di assistenza giudiziaria, tesa ad ottenere la consegna di valori patrimoniali, alla base della quale non vi è nello Stato richiedente una motivazione penale. E ancora: “Anche volendo ipotizzare l’esistenza, a torto, di una domanda di assistenza giudiziaria in materia penale, la decisione rogatoriale presenta vizi formali e materiali particolamente gravi. L’autorità rogatoriale svizzera non può delegare la decisione sulla concessione dell’assistenza ad un terzo, in concreto ad una banca, la quale se ne assume quindi la responsabilità”.

C’è poi il passaggio relativo alla presunzione di innocenza: “Essendo i valori patrimoniali da trasmettere soltanto presumibilmente, e non manifestamente, di origine criminale, una consegna anticipata all’Italia è esclusa. Non esiste una dichiarazione di garanzia delle autorità italiane secondo la quale le persone perseguite, se dichiarate innocenti, non subirebbero nessun danno. Ma soprattutto, la consegna, a causa della costellazione giuridica in Italia, avrebbe come risultato che i valori in questione sarebbero subito convertiti, senza che vi sia una sentenza di confisca cresciuta in giudicato ed esecutiva, in obbligazioni di una società in fallimento soggetta a commissariamento straordinario. I beni patrimoniali sarebbero convertiti in titoli con valore non equivalente (presumibilmente senza valore o dal valore fortemente ridotto), ciò che costituirebbe un’espropriazione senza un giudizio penale. Il fatto che la Procura zurighese abbia permesso alla banca, nell’ambito di una procedura rogatoriale, di trasferire i valori patrimoniali all’Italia, affinché la stessa fornisca all’Italia una prestazione rogatoriale inammissibile secondo la legge sull’assistenza giudiziaria, costituisce un aggiramento intenzionale delle regole concernenti le misure rogatoriali”.

Infine, il Corriere del Ticino spiega che la sentenza non è ancora passata in giudicato e c’è possibilità di rivolgersi entro 10 giorni al Tribunale federale di Losanna.

 

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