“E’ un appuntamento annuale, quello del Congresso Regionale – ha spiegato Rizzo – che mira a delineare i percorsi assistenziali, le scelte terapeutiche ed il follow up del paziente ad alto rischio cardiovascolare, cercando di evidenziare l’importanza di una continuità assistenziale del paziente, dalla fase ospedaliera alle strutture di riabilitazione”.
Discussione aperta anche sui nuovi anticoagulanti orali nella pratica clinica cardiologica. A rispondere ai dubbi ricorrenti sono stati Matteo Di Biase, ordinario di Cardiologia presso l’Università di Foggia e Gianfranco Antonelli, direttore Unità Operativa di Cardiologia della clinica “Mater Dei” di Bari.
Come spiegato dal prof. De Biase, “è indispensabile informare i medici sull’utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali. Vengono impiegati in diverse situazioni cliniche, in particolare nella fibrillazione atriale, in sostituzione del Coumadin e nei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica, ai quali vanno somministrati gli antiaggreganti, che evitano la formazione di coaguli con le piastrine e gli anticoagulanti orali”.
Tuttavia, come precisato anche dal dottor Antonelli, l’utilizzo degli anticoagulanti orali, “se da un lato riduce il rischio di complicanze per la sopravvivenza del paziente, dall’altro aumenta il rischio emorragico”. Attenzione puntata anche sulla chiusura del forame ovale pervio, un’anomalia congenita. “Si è convenuto – ha aggiunto il prof. De Biase – che si applica solo quando il paziente è sintomatico e se ha già avuto disturbi di circolo cerebrale. Una terapia farmacologica antiaggregante ben fatta equivale ad un intervento di chiusura”.
Al Congresso, presente anche il presidente onorario dell’Arca Puglia, il prof. Paolo Rizzon. “Nel tempo, progressi enormi sono stati compiuti sia nella terapia farmacologia che in quella interventistica”. Laddove, però, esiste ancora un gap, è il rapporto medico – paziente. “La terapia dell’ipertensione, per esempio, mette tra le cause principali della non risposta terapeutica, da parte del paziente, la scarsa capacità che il medico ha di mettersi in relazione costante con il paziente nel persuaderlo a seguire la terapia, spiegandone benefici ed eventuali effetti collaterali. Recentemente – ha anche ricordato il prof. Rizzon – è stata sintetizzata una nuova molecola, la LCZ696, che inibisce la neprilisina, enzima che demolisce alcune sostanze utili per l’apparato circolatorio. L’utilizzo di tale molecola “non solo evita la demolizione delle sostanze necessarie alla circolazione, ma ha un’ottima efficacia anti ipertensiva e riduce la rigidità della parete arteriosa”.
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