La doccia gelata è giunta a fine ottobre, quando Tap ha comunicato l’assegnazione all’azienda tedesca Salzgitter Mannesmann International GmBH del contratto per la fornitura di circa 270 km di tubi lineari per la sezione onshore a 48” pollici e per le connessioni curvilinee necessarie sia per la sezione onshore (48”) che per quella offshore (36”). L’Ilva, che si era proposta con il sostegno dell’operatore finanziario giapponese Metal One Corporation, era fuori.
Nuove comunicazioni venivano annunciate per l’assegnazione del contratto relativo ai tubi lineari da 36” della sezione offshore e di quello per il resto dei tubi da 48” della sezione onshore. Decisioni che dovrebbero concretizzarsi entro il mese di dicembre. Se anche la seconda tranche della commessa relativa ai tubi onshore sembra destinata a vedere l’Ilva fuori gioco, qualche speranza sussisterebbe ancora per la fornitura dei tubi offshore. Questo, almeno, trapela da fonti vicine a Tap. La busta con l’offerta dell’Ilva è nelle sue mani e non è dato sapere quante chance abbia il Siderurgico tarantino di poterla spuntare rispetto ai concorrenti.
A condizionare le valutazioni di Tap, finora, sarebbero state questioni tecniche, anche se l’Ilva si era impegnata a fornire tutte le garanzie necessarie per soddisfare le esigenze del committente. Volontà che emerge anche dai contenuti di un verbale redatto ai primi di ottobre, dopo una riunione tra dirigenti e tecnici di Ilva e Tap, pubblicati in anteprima da InchiostroVerde (clicca qui) lo scorso 2 novembre. Nel caso della commessa già assegnata all’azienda tedesca, questi impegni non sono riusciti a sortire l’effetto sperato. Lo stesso Commissario straordinario dell’Ilva, Piero Gnudi, intervistato a Bari dal direttore di Panorama, la settimana scorsa, si era detto amareggiato per lo schiaffo ricevuto da Tap, non tanto per motivazioni economiche, ma per il valore simbolico dell’operazione che avrebbe rappresentato un primo vero riscatto dell’Ilva su una platea internazionale.
Secondo Tap, invece, le problematiche tecniche che ostacolavano l’assegnazione di quella fornitura non sarebbero state superate. Avrebbero pesato, inoltre, i vincoli legati al rigoroso rispetto delle regole sugli appalti europei, sottoposte ovviamente ad attenta vigilanza. Insomma, fonti ben informate dicono che Tap non avrebbe voluto correre alcun tipo di rischio con una gara già aperta. Vedremo nelle prossime settimane cosa accadrà per l’altro contratto che vede l’Ilva ancora in gioco.
Qualcun altro, intanto, sta correndo il serio rischio di “sparlare” dicendo cose piuttosto avventate. Ci riferiamo al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, anche lui ospite la settimana scorsa dell’evento organizzato da Panorama. Il governatore ha lanciato la sua controproposta: “Ma perché il gasdotto Tap deve passare sulla più bella spiaggia pugliese? (San Foca-Melendugno, ndr); se la spostiamo 100 km più a nord e ci impegniamo con il governo a realizzarla in pochi mesi alimentando la centrale di Cerano non più a carbone ma con il gas e l’Ilva di Taranto con una combustione meno inquinante, l’operazione non sarebbe così difficile”.
Peccato che l’operazione sia facile solo nella testa del Governatore. Bocciata dagli stessi Brindisini, che non vogliono diventare l’alternativa alla località salentina prescelta, la proposta è stata stroncata anche dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, De Vincenti: «Il presidente Emiliano lo sa, noi abbiamo appena svolto tutte le analisi necessarie durante il processo di valutazione di impatto ambientale. In quella sede sono state fatte tutte le analisi comparative: il sito con più basso impatto ambientale è quello di Melendugno”. Senza dimenticare che l’idea di spostare l’approdo del metadonotto Tap nel brindisino per alimentare e convertire la centrale Enel Federico II era stata criticata tempo fa da più settori. Insomma, è proprio il caso di dire: “Tu chiamale, se vuoi, improvvisazioni”.
Alessandra Congedo
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