Ilva tra salute e lavoro, Prc Taranto: necessario punto di sintesi

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Riceviamo e pubblichiamo nota stampa del Partito della Rifondazione Comunista – Federazione di Taranto.

convegno prcL’iniziativa dello scorso 4 novembre,“Ilva. Salute e Lavoro: una sfida da vincere”, si è rivelata un importante momento di confronto e approfondimento su una delle più delicate questioni con cui il nostro territorio e il nostro paese si trovano a dover fare i conti. Per l’ampiezza e la profondità dei contenuti emersi, per la grande partecipazione di pubblico e per la vivace (ma civile) interazione fra posizioni anche molto distanti, il dibattito ha rappresentato una rara opportunità di riflessione sul futuro della nostra comunità.

Hanno trovato conferma molte nostre preoccupazioni: in primo luogo, quella relativa all’inadeguatezza dell’AIA, denunciata dalla stessa Lunetta Franco di Legambiente, che fa il paio con la denuncia della mancata implementazione della Valutazione del Danno Sanitario (VDS) da parte del governo. A questo proposito, condividiamo la proposta dell’ingegner De Marzo: Ilva stessa dovrebbe chiedere ad Arpa Puglia di realizzare una Valutazione Integrata dell’Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS) – proposta già contenuta in un ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio Comunale di Taranto.

Questa decisione dimostrerebbe che l’atteggiamento dell’azienda nei confronti della questione ambientale è radicalmente mutato, e che il nuovo gruppo dirigente è intenzionato ad affrontare seriamente i rischi connessi all’attività dello stabilimento. La VIIAS stabilirebbe quali ulteriori interventi è necessario adottare rispetto alle prescrizioni di AIA: ulteriori innovazioni tecniche o la riduzione della capacità produttiva. Si tratta di un passaggio per noi imprescindibile. Come affermato con chiarezza da Eleonora Forenza, non si può produrre a qualsiasi condizione: è necessario che la tutela della Salute sia considerata il vincolo fondamentale a cui le esigenze produttive devono adattarsi.

Da questo punto di vista abbiamo apprezzato le evidenze scientifiche portate dal dott. Agostino Di Ciaula sui molteplici rischi sanitari che ancora riguardano la popolazione del nostro territorio. La drammaticità del quadro, dal nostro punto di vista, rafforza la necessità di interventi che risolvano una volta per tutte il problema dell’impatto sanitario della fabbrica. Al contempo, è quanto mai urgente un intervento straordinario di rafforzamento del sistema sanitario locale: se è comprovato che i picchi di morbilità legati all’inquinamento si verificheranno negli anni a venire, è necessario che il governo inverta la tendenza ai tagli indiscriminati prevalsa negli ultimi anni, e investa massicciamente sul potenziamento delle strutture sanitarie locali.

Sotto questo aspetto, sarà necessario combattere una dura battaglia contro l’operazione che Renzi si appresta a varare, riducendo ancora le risorse alle regioni – su cui grava gran parte della spesa sanitaria. D’altra parte, è bene che a Taranto si rifletta attentamente sull’opportunità di realizzare un nuovo ospedale, che andrebbe a sostituire il SS. Annunziata: si tratta del modo migliore per investire i 200 milioni prospettati dal Contratto Istituzionale di Sviluppo? O non sarebbe più opportuno potenziare le strutture esistenti, dotandole del personale e dei mezzi di cui necessitano per affrontare adeguatamente il bisogno di cure sanitarie che il territorio esprime – e, ancor più, esprimerà nel prossimo futuro? Su questo punto dobbiamo constatare la quasi totale assenza di un dibattito pubblico: le istituzioni – e i partiti di governo – continuano a prendere decisioni nel chiuso del Palazzo, senza alcun confronto con la comunità. E’ ora che le cose cambino.

Il dibattito ha altresì rafforzato i nostri timori in merito al nodo centrale del futuro assetto proprietario di Ilva e delle risorse da mettere in campo per il risanamento ambientale. Come ha spiegato il prof. Comito, ad oggi l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti appare inadeguato a garantire un assetto stabile all’azienda; d’altra parte, i siderurgici italiani non sarebbero in grado di imbarcarsi nell’acquisto di Ilva, mentre grandi competitor come Arcelor Mittal sarebbero interessati ad acquisire per chiudere. In generale, l’operazione della cosiddetta newco appare di corto respiro, mancando un piano industriale che ne orienti l’azione. Con questi presupposti Ilva rischia di restare alla deriva per un tempo indefinito: senza gli interventi necessari al pieno risanamento ambientale e al rilancio produttivo, e senza una struttura dirigente in grado di ridefinire la cultura e la strategia d’impresa.

In queste condizioni il destino dei 25 mila lavoratori che operano dentro e attorno la fabbrica è un’incognita. Accogliamo con soddisfazione il riferimento di Rosario Rappa, segretario nazionale della Fiom, all’esperimento in corso in Svezia sulla riduzione dell’orario di lavoro per salvaguardare i livelli occupazionali. Crediamo che una battaglia in questo senso debba vedere la convergenza delle stesse istituzioni pubbliche locali, le quali hanno il massimo interesse a conservare tutti i posti di lavoro garantiti da Ilva, per non aggravare ulteriormente la drammatica tendenza che negli ultimi anni ha portato alla cancellazione di 10 mila posti di lavoro nel nostro territorio.

I molti interventi dal pubblico hanno posto l’urgenza di costruire un’alternativa alla grande industria. Noi riteniamo che oggi sia quanto mai necessario rompere lo stato di dipendenza che da oltre un secolo lega l’economia jonica ai grandi stabilimenti industriali. Per farlo, lo ribadiamo, è necessario un serio intervento pubblico in due direzioni. In primo luogo, per far crescere il tessuto della piccola e media impresa locale, mettendolo in condizione di sviluppare un rapporto costante con il mondo della ricerca. In secondo luogo, per valorizzare le risorse culturali del territorio attraverso l’impiego di personale qualificato e la realizzazione di opere fondamentali (restauro conservativo della Città Vecchia, conversione dell’Arsenale in sito di archeologia industriale, ripristino di Palazzo degli Uffici come contenitore culturale).

Infine, vogliamo soffermarci sulle dichiarazioni del prof.Giorgio Assennato. Sentiamo di condividere in gran parte l’allarme lanciato dal professore in merito alla deriva della nostra democrazia. Il “conflitto fra poteri forti dello Stato”, di fronte al quale le comunità locali possono assumere appena il ruolo di “tifosi”, è purtroppo un dato che non riguarda soltanto Taranto. Si tratta dell’esito di un processo di svuotamento della democrazia stessa, che nei giorni nostri sta conoscendo forse il suo epilogo. La radice di questa degenerazione è nella sconfitta storica subita dal movimento operaio e dai suoi alleati ad opera delle forze del capitale: una “restaurazione” che va avanti dai tempi di Reagan e della Thatcher, e che oggi è giunta al punto più alto.

Dopo aver cancellato gli istituti della democrazia “sostanziale” (gli organi di potere dei lavoratori, i diritti sociali, il Welfare State, la stessa consuetudine alla mediazione fra le parti sociali), oggi quell’uragano minaccia di travolgere lo stesso scheletro istituzionale dello Stato: quel bilanciamento dei poteri che, dai tempi di Montesquieu, è ritenuto il presupposto fondamentale dello Stato di diritto. Chi attenta alle fondamenta dell’ordinamento esistente è un nuovo Sovrano assoluto: il mercato. Lo situazione ideale che incarna il pieno dispiegamento delle forze di mercato è lo stato di guerra di tutti contro tutti descritto dal filosofo inglese Thomas Hobbes più di trecento anni fa. Contro quel disordine sorsero, secondo lo stesso Hobbes, i vari poteri. Oggi l’incubo di Hobbes torna a farsi vivo: in assenza di forze antagoniste in grado di controllarli, i grandi interessi scardinano gli equilibri, si appropriano del funzionamento delle istituzioni e le orientano in base alle proprie esigenze del momento. Il conflitto istituzionale è spesso una messa in scena: lo scontro fra le forze reali avviene al di qua della rappresentazione; i diversi poteri sono alleati momentanei che possono tornare utili nel perseguimento del proprio obiettivo. 

Come rigenerare la democrazia in queste condizioni? La questione posta dal prof. Assennato è di estrema urgenza. Noi riteniamo che solo la ricomposizione di un blocco dei soggetti subalterni possa fornire la chiave per aprire qualche spiraglio. Da questo punto di vista, ha detto bene Eleonora Forenza: “il nemico non è tra noi”. Non è l’operaio siderurgico, e non è il medico che denuncia i danni dell’inquinamento; non è il sindacalista che si batte per i diritti dei lavoratori, e non è l’ambientalista che ritiene prioritaria la salvaguardia dell’ecosistema; non è il tecnico delle agenzie pubbliche che prova a descrivere la situazione di pericolo, e non è il tecnico dell’industria che sinceramente prova a individuare soluzioni per rimediare al danno.

Il nemico – o, meglio, i nemici sono altrove: negli uffici delle grandi banche e in quelli delle istituzioni tecnocratiche, anzitutto. I nemici manipolano le nostre divisioni, e le alimentano abilmente, distribuendo bandiere e striscioni a questo o quel gruppo di tifosi. A loro non interessa niente né del lavoro né della salute: gli interessa salvare l’Ilva o chiuderla per un un’unica ragione: profitto. C’è chi guadagnerebbe dal suo salvataggio e chi dalla sua chiusura, ed è fra questi gruppi che oggi si combatte la vera battaglia. Un conflitto in cui gli ufficiali di complemento sono gli esponenti del governo o della magistratura, e la “carne da cannone” siamo tutti noi.

Auspichiamo che, dopo quello dell’altra sera, possano seguire altri momenti di confronto. È necessario che ciascuno di noi assuma come orizzonte fondamentale la necessità di costruire un’unità di lotta e di progetto fra istanze diverse. Non si tratta di abdicare alle proprie idee, ma di cercare insieme un possibile punto di sintesi che consenta di aggregare e mobilitare il maggior numero di componenti della nostra comunità con l’obiettivo di fermare la guerra che ci sta dilaniando, e porre le basi per una nuova prosperità condivisa. È il momento di camminare insieme per raggiungere il futuro che ci meritiamo.  

Video dell’intervento di Giorgio Assennato: https://www.youtube.com/watch?v=HWltd89k86E
Video dell’intervento di Eleonora Forenza: https://www.youtube.com/watch?v=497E9L_B-gU

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