Un gruppo di residenti di Taranto ha presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) un ricorso collettivo per denunciare la violazione da parte dello Stato italiano degli obblighi di protezione della vita e della salute in relazione all’inquinamento prodotto dall’Ilva. Lo annuncia una nota dello Studio Saccucci Fares di Roma che assiste il gruppo. «Tra le doglianze sollevate di fronte alla CEDU dai ricorrenti – è detto – figurano in particolare la violazione del loro diritto alla vita e all’integrità psico-fisica, in quanto le autorità nazionali e locali hanno omesso di predisporre un quadro normativo ed amministrativo idoneo a prevenire e ridurre gli effetti gravemente pregiudizievoli sulla vita e sulla salute dei residenti derivanti dal grave e persistente inquinamento prodotto dal complesso dell’Ilva». Si contesta anche «la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, anche in conseguenza dei ripetuti decreti ‘salva Ilvà con cui il Governo ha mantenuto in funzione l’impianto sotto la propria gestione a dispetto della normativa europea e delle decisioni della magistratura». «Trattandosi di un caso di importanza generale in cui è a rischio la vita e la salute dei ricorrenti – è detto ancora – i legali confidano di ottenere dalla Corte di Strasburgo la trattazione urgente del ricorso ed il suo accoglimento nel merito con una sentenza ‘di principiò che imponga allo Stato italiano di adottare le misure necessarie a rendere la produzione dell’Ilva conforme alle disposizioni ambientali nazionali ed europee». «È inaccettabile che le pubbliche autorità non abbiano ancora adottato le misure idonee a rendere l’impianto rispondente alle prescrizioni ambientali, vanificando ripetutamente gli interventi della magistratura. Così come è inaccettabile – conclude l’avv. Andrea Saccucci – che gli abitanti di Taranto continuino ad ammalarsi ed a morire a causa dell’inerzia dello Stato». (ANSA)