La proposta: puntare sulla canapa industriale per rilanciare il territorio
TARANTO – L’idea è interessante: puntare alla ri-attivazione giovanile di Taranto e del resto della Puglia con un progetto di cultura ambientale ed industriale. La proposta, elaborata da Marcello Colao, Massimo Di Giuseppe, Alessandro Desiderato e Marcello Mastrorilli, vede coinvolti Abap (Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi), Confcommercio Taranto, Studi Economici Servizi e Progetti, Crea e l’associazione PR.I.M.A.
Il progetto mira a promuovere la diffusione della coltivazione della canapa sativa, della sua industria di trasformazione e l’uso dei suoi innumerevoli utilizzi in campo ambientale, commerciale, del fitorisanamento e la rivalorizzazione del territorio attraverso il recupero di una tradizione italiana secolare oramai quasi scomparsa. L’innovazione rappresentata dalla canapa sativa – spiegano i promotori – si inserisce pienamente in un momento storico che vede la sua coltivazione tornare protagonista in molti settori produttivi. Il progetto è volto a sensibilizzare e coinvolgere gli attori locali dello sviluppo e la popolazione sulle opportunità offerte dal recupero di antiche produzioni “leggere ma ad elevato valore aggiunto” nei nuovi processi culturali di ri-adattamento dei territori ad elevata concentrazione industriale in fase di riconversione.
Messa al bando nel 1937, la coltivazione della canapa è riapparsa in Italia solo nel 1998. Il ritorno della canapicoltura è avvenuto su basi completamente diverse rispetto al passato, quando agli agricoltori veniva richiesto l’impegno non solo per la coltivazione, ma anche per le successive fasi di macerazione e stigliatura. Inoltre, l’unico prodotto vendibile era la fibra lunga per la creazione di tessuti e cordami, ottenuta attraverso procedimenti che richiedevano enormi impieghi di manodopera. La moderna canapicoltura si sta invece sviluppando sia affidando all’industria tutte le fasi produttive post-raccolta, che ampliando i suoi utilizzi.
Il crescente interesse per le piante da fibra in genere e per la canapa in particolare è dovuto fondamentalmente a 3 motivi: grande potenzialità, a livello internazionale, delle fibre naturali, sia per l’impiego tessile sia per gli impieghi alternativi (materiali compositi, componentistica per auto, bioedilizia, cellulosa). È previsto, infatti, che la richiesta mondiale di fibre passerà dagli attuali 50 milioni di tonnellate ai 130 milioni di tonnellate nel 2050, conseguentemente al raddoppio della popolazione (Di Candilo et al., 2003); forte interesse del mondo agricolo per le colture industriali non alimentari, alternative a quelle tradizionali, sempre più eccedentarie e meno remunerative; crescente sensibilità per le problematiche ambientali e quindi richiesta di utilizzazione di risorse rinnovabili: piante erbacee da fibra in sostituzione di piante legnose o di altre colture erbacee richiedenti elevati input energetici in termini di diserbo chimico, concimazioni, fitofarmaci, ecc..
Va poi chiarito, una volta per tutte, l’equivoco che porta a considerare la canapa come un prodotto legato essenzialmente alla droga. L’apertura alla coltivazione è avvenuta, infatti, con la Circolare del MIPAAF del 02/12/1997, in cui vengono definite le modalità da seguire da parte degli agricoltori interessati, onde prevenire confusione con le coltivazioni da droga (emanata per dare attuazione alla normativa Europea). Puntando anche su una buona informazione, i promotori del progetto ritengono che sia possibile e necessario attivare un Piano per Taranto mirato a diffondere sia la coltivazione che l’attività di trasformazione della canapa industriale. Una strada che comporta anche benefici ambientali. Per saperne di più vi invitiamo a leggere il contenuto del documento Progetto Canapa Industriale. (Inchiostroverde.it)