Isole Cheradi: il Paradiso è qui! – Nei mari di Taranto un patrimonio naturalistico dal valore inestimabile

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cheradiTARANTO – I fondali delle Isole Cheradi custodiscono un patrimonio naturalistico incalcolabile, che andrebbe al più presto protetto da qualsiasi forma di impatto antropico, istituendo un’Area Marina ProtettaMa partiamo dall’inizio, da quando ho avuto la grande fortuna di esplorare un piccolo tratto del fondale marino delle isole, fondale tanto caro al dio Poseidone, che sembra non essersi ancora offeso per le innumerevoli violenze inflitte dagli umani ai mari di Taranto.

Appena scesa giù nell’amato mondo sottomarino, mi accorgo che il paesaggio è incantevole e caratterizzato da un’altissima biodiversità. Da una distesa di sedimento sabbioso, spuntano numerosi blocchi di coralligeno, articolate costruzioni di profondità create nel corso dei secoli da alghe rosse dal tallo duro come pietra. Le alghe hanno lentamente sovrapposto i loro talli costruendo magnifiche strutture rigide, rosa o rossastre, su cheradi 2cui vivono moltissimi animali mariniOgni biocostruzione è sede di una piccola comunità marina costituita da innumerevoli animali coloratissimi ed è parte del Coralligeno, un habitat prioritario di salvaguardia per la Convenzione di Barcellona, oltre che di interesse comunitario per la Direttiva Habitat 92/43/CEE.

Proseguendo l’immersione, la mia attenzione è immediatamente catturata da gigantesche spugne arborescenti che si innalzano dai blocchi di coralligeno. Le morbide ramificazioni arancioni appartengono alla specie Axinella cannabinaspugna inserita nella Convenzione di Barcellona e protetta dalla legge. La grandezza di cheradi 1alcuni esemplari mi commuove fin quasi alle lacrime. Ormai le spugne arborescenti di grandi dimensioni sono una rarità sui nostri fondali, dato che vengono facilmente strappate dalle reti a strascico, dalle lenze o dalle ancore, e una volta staccate dal fondo, sono destinate a soccombere. La magnificenza di queste spugne delle Cheradi è invece incredibile, solo per questo motivo l’area marina andrebbe tutelata.


Continuo a 
pinneggiare e mi soffermo ad osservare e immortalare con la mia macchina fotografica ogni biocostruzione. Su molte di queste, si sono sviluppati graziosi briozoi, chiamati comunemente “corna d’alce” per le particolari ramificazioni rigide e biforcate. Anche questi invertebrati sono molto fragili e vulnerabili, basta una semplice pinneggiata data distrattamente per distruggere anni di meticolosa edificazione. Altri blocchi coralligeni sono invece letteralmente tappezzati da strati di spugne incrostanti multicolore, gialle, celesti, viola, e da ascidie arancioni o rosse scarlatte. E in questo tripudio di colori vivono piccoli molluschi nudibranchi, granchi e gamberetti, stelle marine e pesciolini bentonici variopinti, tra cui ghiozzi e peperoncini.

E sulla distesa di sedimento sabbioso che circonda le ricche biocostruzioni, le sorprese non finiscono. Imponenti esemplari di Pinna nobilis si elevano dal fondo e mostrano le ampie valve completamente ricoperte da organismi colorati. Anche questa specie è rigorosamente protetta dalla legge, inserita nella Direttiva Habitat 92/43/CEE nell’Allegato IV “Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa”. Oltre alle Pinne, giacciono sul fondo sabbioso le belle ma ormai rare conchiglie delle Cozze San Giacomo, che un tempo venivano considerate esempio di armonia e bellezza tanto da essere riprodotte dagli scultori e aggiunte come splendidi elementi decorativi nelle chiese e negli antichi palazzi tarantini. 

cheradi 3Prima di risalire, tra una nuvola di castagnole e di saraghi argentati, guardo ancora incredula il fondale coralligeno, la sua quasi inviolata bellezza, e spero che resti così per sempre, che non venga rovinato dagli ancoraggi o dalle temibili reti a strascico che hanno distrutto ampi tratti di coralligeno della litoranea tarantina, che non venga soffocato dall’intorbidamento e dall’inquinamento delle acque e che non venga ricoperto da alghe aliene che altrove hanno prodotto gravi danni. Insomma, spero con tutto il cuore che questo angolo del nostro mare possa essere finalmente considerato, rispettato, amato e custodito come un tesoro inestimabile.

Rossella Baldacconi, PhD in Scienze Ambientali

 

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