«Oggi le aziende dell’indotto Ilva registrano, a livello nazionale, un passivo di 250 milioni di euro: 150 riguardano Taranto e la sua provincia. Una cifra che incombe gravemente sui bilanci di quelle realtà che, contrariamente ad altre, sono ancora in piedi e che hanno retto l’onda d’urto della crisi dell’Ilva, con tutti gli strascichi che la stessa ha prodotto». Lo ha sottolineato il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo, nella relazione letta nell’ambito del Consiglio generale dell’associazione che si sta svolgendo nel capoluogo ionico alla presenza del presidente nazionale. Giorgio Squinzi. «Senza queste aziende – ha aggiunto – il sistema Ilva perde una parte importante della sua identità e la città rischia di perdere un pezzo fondamentale del suo tessuto produttivo. Non basta assicurare la produzione. Non basta far andare avanti le pur indispensabili, fondamentali opere di risanamento e di bonifica. È un intero sistema – secondo Cesareo – che va recuperato e di questo sistema le nostre aziende sono parte integrante e fondamentale». Il governo, ha poi affermato il presidente di Confindustria Taranto, «non è riuscito a garantire a queste aziende il ristoro, anche parziale, di quelle risorse che pure hanno consentito all’azienda dell’acciaio di andare avanti quando la situazione era già fortemente compromessa». Infine Cesareo ha ricordato a Squinzi il «Progetto di sviluppo per l’Area di Taranto» in cui si «ipotizza una visione più ampia del concetto di sviluppo, partendo dal riconoscimento di Taranto quale ‘area in situazione di crisi industriale complessà, da portare alla condivisione del governo centrale e delle istituzioni: Regione, Provincia e Comune». Da questo documento, che tiene conto di progetti di riconversione e riqualificazione industriale, è scaturita la «road map anticrisi» che Confindustria Taranto ha sottoscritto con Cgil, Cisl e Uil provinciali. (ANSA).