Eppure, la notizia del convegno promosso dal Commissario Straordinario per le bonifiche Vera Corbelli era stata fatta circolare. InchiostroVerde, nel suo piccolo, aveva lanciato un input nella speranza che più di qualcuno potesse raccogliere l’invito a partecipare. Invece, per l’ennesima volta, abbiamo avuto la conferma di quanto la cittadinanza sia distratta e disinteressata rispetto a temi che riguardano da vicino il suo futuro. Il tutto alla vigilia di un’importante riunione del tavolo di concertazione per Taranto, convocata a Roma per il prossimo 23 settembre.
La Corbelli ha confermato l’intenzione di avviare un’attività di ripulitura dei fondali, che vedrà coinvolta anche la Marina Militare. Per quest’ultima dovrebbe essere un modo per riscattarsi, almeno in minima parte, dei guasti ambientali prodotti per decenni con l’attività dell’Arsenale. Non è un caso, infatti, che la zona più compromessa dall’inquinamento sia l’area “170 ha”, quella strettamente legata alla storia dell’Arsenale, di cui abbiamo ampiamente parlato sul nostro sito con il prezioso aiuto del collega Gianmario Leone del TarantoOggi. La Corbelli ha spiegato che ci sono approfondimenti in corso. Sono state compiute indagini geofisiche che – in alcuni tratti – sono giunte a oltre 50-60 metri di profondità. In futuro si procederà con 50 sondaggi e il prelievo di 250 campioni per studiare ulteriormente lo stato del mar Piccolo.
Ma al di là della pulitura dei fondali, cosa si prevede per il disinquinamento? Scartata l’ipotesi del dragaggio, sconsigliata dagli esperti per i danni ambientali che ne deriverebbero, ci si interroga ancora sul capping e sulla rinaturalizzazione assistita, che ha i suoi maggiori supporter tra gli ambientalisti. La notizia di oggi è che torna d’attualità una proposta avanzata nel febbraio scorso da Ance Taranto (l’associazione costruttori edili associata di Confindustria) con Studio Start, grazie ai contributi del CNR di Taranto e all’apporto tecnico delle Officine Maccaferri SpA. L’idea, lanciata proprio nella sede di Confindustria, riguardava un intervento di “capping rinaturalizzante”, ovvero il rivestimento del terreno inquinato con materassi filtranti reattivi, costituiti da organicoclay (composti con argilla bentonitica reattiva miscelata con sabbia e ghiaia).
Da allora, però, qualcosa deve essere cambiato, visto che tra i relatori del convegno c’era anche l’ingegner Francesco Ferraiolo della Maccaferri, protagonista di un focus tecnologico. «L’altra volta c’è stato un grosso fraintendimento – ci ha riferito Ferraiolo – per questo abbiamo chiesto alla dott.ssa Corbelli di riproporre la nostra idea. E ci è sembrato giusto farlo nel contesto del “laboratorio Taranto”. Si tratta di una proposta di sperimentazione che non ambisce ad essere l’unica soluzione possibile per il mar Piccolo. In realtà, non c’è mai stato un accantonamento né una riscoperta dell’idea. Noi ci auguriamo che venga accolta». Sull’individuazione delle aree da utilizzare per la sperimentazione, però, l’uomo della Maccaferri ha alzato le mani: «La scelta non spetta a noi». Al momento, quindi, il quadro resta tutto da definire. Farraiolo ha voluto precisare, inoltre, che non si tratterebbe di una tipologia di capping tradizionale, ma di un intervento adattato alle esigenze particolari del mar Piccolo.
Alessandra Congedo
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