Confindustria Taranto e sindacati: ecco la “road map” per fronteggiare la crisi
TARANTO – Intervenire, attraverso un approccio di tipo sistemico, per fronteggiare una crisi che investe tutti i settori dell’economia, dai comparti di tradizione a quelli di più nuova concezione. E’ da questo assunto che nasce la “road map” anticrisi sottoscritta ieri da Confindustria e Cgil Cisl e Uil provinciali: un documento all’interno del quale si tracciano proposte di politica industriale da portare alla condivisione del Governo centrale e delle istituzioni, Regione, Provincia e Comune. Riportiamo di seguito il documento integrale.
PREMESSA
Taranto e la sua provincia vivono uno dei momenti più drammatici della loro storia economica ed industriale. Negli ultimi trent’anni non si registra una situazione come quella che al momento investe l’area nella sua totalità: le grandi realtà -Ilva, Porto, Arsenale- sono interessate da crisi oramai conclamate, che raggiungono livelli di eccezionalità nel caso del centro siderurgico. Altri pezzi dell’economia, sia di tradizione che di più recente costituzione, stanno rimettendo in discussione la loro permanenza sul territorio, stravolgendo i livelli di produzione, di occupazione, di ritorno economico- finanziario sull’intera area jonica. E parliamo di Teleperformance, di Cementir, di vertenze che investono grandi catene commerciali come Auchan. Parliamo di realtà imprenditoriali, come Vestas, che hanno ridimensionato gli insediamenti sul nostro sito, altre, come Miroglio e Marcegaglia, che lo hanno definitivamente abbandonato, cancellando ogni tipo di prospettiva non solo di rilancio ma di permanenza e continuità.
Appare abbastanza evidente, alla luce di una condizione di tale complessità, come ogni azione mirata a fronteggiare tali emergenze messa in campo da Confindustria e da Cgil Cisl e Uil, in quanto attori territoriali vocati al raggiungimento della competitività del territorio (in seguito indicati come “le parti”), debba superare i crismi della ordinaria amministrazione privilegiando un approccio di tipo sistemico, consapevoli di essere di fronte ad un momento decisivo per costruire una nuova e diversa strategia di sistema che rimetta al centro degli interessi nazionali il futuro del sistema economico e produttivo del territorio ionico e sappia recuperare lo scollamento di una società sempre più disorientata, perché priva di punti di riferimento, e attraversata da una paura diffusa per il suo incerto futuro. Da questo assunto, e quindi lungo questa logica, si muove l’intesa fra le parti, mirata a rilanciare la provincia di Taranto, forte della sua tradizione industriale, quale area in cui investire e produrre innovazione.
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Una nuova politica industriale
Taranto deve ritrovare la capacità di fare sistema e l’accordo fra la Confindustria e i sindacati ne dovrà costituire l’espressione più avanzata. E’ necessario però che tutti i protagonisti dell’economia, della politica e della società civile si impegnino, con consapevolezza e realismo, per definire insieme una politica industriale che restituisca competitività al territorio. Questo accordo si pone all’interno della logica del protocollo di intesa fra Confindustria e sindacati regionali, di cui si condividono i contenuti, e si propone pertanto di condividere azioni e proposte di politica industriale a livello locale.
Le parti vogliono, attraverso l’intesa, tracciare la road map per una nuova politica industriale, che costituisce il merito dell’accordo. L’approccio sistemico è invece il metodo ritenuto idoneo, alla luce delle troppe emergenze, per raggiungere tale obiettivo. I motivi sono purtroppo evidenti: ogni singola azione, iniziativa o provvedimento qualsivoglia, anche quando frutto di un’attenta analisi delle singole vertenze, rischia infatti di risultare insufficiente, abbozzato, o comunque non esaustivo -in termini di feedback positivi da parte del sistema economico complessivo- se l’obiettivo è, invece, quello di superare definitivamente le criticità esistenti. Il rischio è quello dell’effetto aspirina per curare la polmonite, insomma, che in un momento come l’attuale rischia di essere dannoso prima ancora che inutile.
L’approccio sistemico
◌ Dal decreto Salva Ilva al Cis, passando per il d.l. 129
C’è un filo conduttore che lega la maggior parte delle emergenze esistenti in questo momento sul territorio, e si chiama Ilva. La questione Ilva rappresenta, per quanto appaia azzardato affermarlo, una possibile soluzione già tracciata per rendere il territorio –e quindi ogni sua peculiare espressione – realmente competitivo. L’adozione di ben otto provvedimenti ad hoc nel giro di poco più di due anni rende già ampiamente il senso della complessità della vicenda, per la quale il legislatore ha ritenuto di “normare” vari aspetti¹ riguardanti, nel tempo, la riqualificazione e l’ambientalizzazione dell’area di Taranto; la continuità produttiva; il commissariamento straordinario; le misure Aia; i finanziamenti funzionali al risanamento ambientale ad alla continuità d’impresa; e ancora, il decreto legge n.1 del 2015, convertito con la legge n.20 di marzo 2015(decreto Salva Ilva).
Le parti ritengono che la funzione del tavolo istituzionale (istituito dalla legge 20/2015, con il compito di coordinare e concertare le azioni da intraprendere e per definire le strategie per lo sviluppo del territorio tarantino) non possa esaurirsi nella realizzazione del Cis (Contratto Istituzionale di Sviluppo), i cui interventi previsti ex lege intervengono come reazione ad una situazione contingente, ma debba programmare ulteriori azioni in una logica di politica industriale condivisa per la diversificazione e la riqualificazione – ambientale, economica, produttiva, occupazionale e sociale – di un territorio che le ultime statistiche dell’Assirim valutano come il meno attrattivo in Puglia.
Le priorità cui si riferisce il decreto “Salva Taranto”, infatti, attengono in via principale all’impegno delle istituzioni ad individuare interventi di ampio respiro che possano riqualificare e valorizzare la città di Taranto ed in generale la sua vivibilità.
Le parti condividono la necessità di mirare ad una visione più ampiadel concetto di sviluppo, con la previsione chiara di interventi diretti alla competitività delle imprese e allo sviluppo socio-occupazionale.
In questa logica occorre recuperare l’impostazione già consolidata nel Decreto 129, con particolare riferimento al riconoscimento dell’area industriale di Taranto quale “Area in situazione di crisi industriale complessa” (art. 2, DL 129) ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 27 del decreto legge n. 83/2012 (di seguito Decreto 83).
Tale ultima normativa prevede, infatti, che per le situazioni di crisi industriale complessa possano essere attivati i progetti di riconversione e riqualificazione industriale la cui finalità è quella di agevolare gli investimenti produttivi – anche a carattere innovativo – nonché la riconversione industriale e la riqualificazione economico – produttiva dei territori interessati.
Il riconoscimento di tale status alla città di Taranto, così come in poche altre realtà nazionali, denota la particolare attenzione che il governo centrale ha voluto riconoscere all’acclarata situazione di crisi che ha interessato il nostro sistema industriale e che purtroppo è andata consolidandosi.
Data la sua complessità, la situazione ha richiesto l’emanazione di provvedimenti speciali con i quali il governo ha avocato a sé la pianificazione di progetti di riconversione industriale e la definizione di strumenti ad hoc quali accordi di programma ed individuato i soggetti che avrebbero dovuto sovrintendere al procedimento.
È giunto il momento di fare fronte comune per fare quanto previsto dalla legge e per reclamare a gran voce l’attuazione di una strategia di politica industriale per Taranto, anche in considerazione della cornice normativa sviluppatasi negli anni e che offre al territorio opportunità e risorse per risalire la china.
Nell’ambito della leggededicata all’ILVA e alle sue macro problematiche, infatti, resta confermata la figura del Commissario straordinario per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto – già istituita con il Decreto 129 – cui continua ad essere affidato il compito di assicurare l’attuazione degli interventi previsti dal protocollo di intesa del 26 luglio 2012 nonché le risorse per la loro realizzazione.
Il Commissario Straordinario chiamato alla predisposizione del “Programma di misure per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto” potrà pertanto avvalersi degli strumenti e delle risorse assegnate dal già richiamato Decreto 129 per realizzare un progetto di riqualificazione di un nuovo sistema produttivo ecosostenibile.
Si tratta dunque di avviare un proficuo e continuo confronto tra le parti economiche e sociali del territorio e il Commissario Straordinario per convergere su una visione condivisa di sviluppo e presentare a livello centrale istanze e progettualità sistemiche che possano dare sostanza ad un progetto unitario di riqualificazione e riconversione industriale. Le parti ritengono, infatti, che la realizzazione degli interventi di bonifica possano rappresentare il volano per la riqualificazione ambientale e riconversione produttiva del sistema Taranto attraverso:
- l’upgrade delle attività manifatturiere e di servizi ambientali;
- la diversificazione delle attività produttive di aziende operanti in settori ormai maturi ed in crisi;
- creazione di nuova impresa innovativa;
- attrazione di nuovi investimenti esterni;
- l’utilizzo di strumenti come la VIS (valutazione d’impatto sulla salute);
- creazione di un “centro studi e di ricerca”, che faccia riferimento ai poli tecnologici esistenti (politecnico, università) in gradi di effettuare attività specifica di studi di materia (cfr. Centro Ambiente e Salute in materia sanitaria).
Confindustria e CGIL CISL e UIL ritengono fondamentale superare le logiche di breve periodo dettate dalle singole emergenze, per guardare al territorio in una logica sistemica di lungo periodo ed attivare le necessarie sinergie tra i vari interventi programmati per il rilancio del sistema socio economico potenziandone le interrelazioni e gli effetti.
Ferme restando le vocazioni del territorio (logistica, cantieristica navale, metalmeccanica e manifattura leggera), occorre ripensare in chiave innovativa alle potenzialità ancora inespresse dei principali asset produttivi dell’area jonica, individuando per ciascuno di essi un percorso di exit strategy consono alla particolare congiuntura che vive il territorio.
Si pensa, pertanto, al riconoscimento di una Zona Economica Speciale nel porto di Taranto, così come alla valorizzazione delle infrastrutture arsenalizie attraverso la specializzazione delle attività di decommissioning navale e di manutenzione dei navigli commerciali in transito che vanno, infatti, proprio nella direzione indicata di diversificazione produttiva e attrazione di nuovi investimenti.
Le misure 1/La zona economica speciale
Nonostante il momento di empasse dovuto ai ritardi amministrativo-burocratici accumulati nella realizzazione delle previste opere di ammodernamento delle infrastrutture logistiche portuali e di adeguamento dei fondali, che hanno determinato un progressivo disinvestimento da parte dei player internazionali -con importanti ripercussioni sui traffici transoceanici e locali – il Porto può e deve continuare a rivestire una funzione trainante e di stimolo nei confronti dell’intero sistema economico e produttivo con ovvie ricadute sul piano occupazionale anche attraverso attività logistiche ad alto valore aggiunto. Si tratta di un’infrastruttura
E’ in tal senso che appare auspicabile, in virtù dello status già riconosciuto allo scalo portuale di zona doganale non interclusa, l’istituzione di una Zona Economica Speciale – ipotesi tra l’altro già sul tavolo del Parlamento- che consentirebbe di raggiungere in tempi brevi l’obiettivo di accelerare lo sviluppo economico ed occupazionale del territorio grazie all’attrazione nell’area portuale e retroportuale, di maggiori nuovi investimenti-insediamenti stranieri mediante la defiscalizzazione delle attività produttive e del reddito generato.
Le misure/2- Le nuove prospettive di rilancio della cantieristica navale
L’assenza di risorse per le manutenzioni sul naviglio militare mette in pericolo non solo l’economia legata al comparto navalmeccanico nella sua complessità ma anche – e soprattutto – i bacini arsenalizi che rischiano di rimanere inutilizzati compromettendo la riconosciuta strategicità dell’Arsenale e delle maestranze altamente qualificate.
La possibilità di utilizzare tali infrastrutture, fino ad oggi in disponibilità esclusiva della Marina Militare, rappresenta un’opportunità per creare nuove occasioni di lavoro per il territorio.
L’utilizzo produttivo dei bacini arsenalizi, infatti, potrebbe essere un importante fattore di attrazione in due distinte direzioni:
a) la capacità di intercettare la rotta di navigli mercantili che necessitano di messa a terra per lo svolgimento di operazioni di manutenzione da parte degli operatori locali; operazioni di elevata professionalità già condotte – in via sperimentale – con successo;
b) lo sviluppo delle attività di decommissioning – o riciclo – dei navigli militari e civili che costituirebbe un valore aggiunto per le già acclarate caratteristiche e specificità del nostro Arsenale ed al contempo favorirebbe la nascita di attività innovative mai sperimentate.
Le misure/3 – Le risorse- Rafforzamento del sistema produttivo locale
Non meno importante è la creazione di un sistema produttivo coeso e organizzato in grado di affrontare le sfide di un mercato in continua evoluzione e di investire nella realizzazione di progetti innovativi e ad alto valore aggiunto e nella conoscenza (anche attraverso il collegamento con le Università e i poli scientifico-tecnologici).
Le parti sono concordi nel valorizzare le potenzialità inespresse del tessuto produttivo esistente e creare le condizioni per consentire alle imprese di implementare quei processi di diversificazione produttiva, internazionalizzazione ed innovazione tecnologica fondamentali per la reindustrializzazione e riqualificazione del territorio anche attraverso la realizzazione di progetti già condivisi.
Importante appare, in quest’ottica, recuperare un segmento fondamentale di tradizione qual è il tessile, fino a qualche lustro fa settore trainante del sistema economico jonico e ancora oggi in fase di forte flessione. C’è, su questo fronte, un’inversione di tendenza che va sostenuta e incoraggiata: è infatti in atto, grazie ad un accordo fra il Ministero dello Sviluppo Economico e Sistema Moda Italia, un processo di rientro dall’estero delle produzioni delle aziende italiane leader del settore, grazie alla definizione – tuttora in corso – di un sistema di incentivi che mira a favorire un più forte riposizionamento sul mercato italiano delle produzioni Made in Italy e alla costruzione di specifiche filiere produttive.
E’ una exit strategy che va colta e seguita con attenzione anche in considerazione della pole position della Puglia – assieme al Veneto – quale regione destinata a “riprendere” quel segmento di produzione che era stato delocalizzato all’estero. Importante sarà, contestualmente, rafforzare tutti gli strumenti per favorire l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese impegnate nel settore, altrimenti destinate ad una inevitabile crisi senza ritorno.
Le parti ritengono inoltre fondamentale l’individuazione di risorse finanziarie che possano sostenere il processo di riqualificazione, come ad esempio, lo sblocco dei 60 mln di euro già previsti nel Protocollo del 26 luglio 2012 a favore degli interventi a sostegno della competitività delle imprese ed in particolare per la linea “progetto Smart area Taranto”, progetto elaborato con la collaborazione di importanti partner scientifici, che si propone di individuare una serie di interventi in una logica “green” per il rilancio economico e sociale del territorio.
Tali risorse, qualora stanziate, non appaiono comunque sufficienti al raggiungimento degli obiettivi auspicati e, pertanto, è necessario prevedere ulteriori misure per favorire gli investimenti e la produttività delle imprese esistenti, la nascita di nuove imprese (incentivi al consolidamento delle start-up), i processi di diversificazione, nonché l’attrazione di nuovi insediamenti.
Ferme restando le opportunità di finanziamento rivenienti dal PON imprese e competitività 2014-2020 -di recente pubblicazione – che destina risorse per l’Innovazione (asse I) e la competitività delle imprese (asse III) le parti ritengono auspicabile prevedere il ricorso a quelle misure che – già in atto in altri territori – hanno contribuito al rilancio della competitività del sistema produttivo locale.
Fra le esperienze già consolidate vi è l’applicazione di strumenti di fiscalità di vantaggio per favorire le imprese che effettuano investimenti in innovazione o investimenti produttivi capaci di incidere anche sui livelli di occupazione locale, come il credito di imposta per la riqualificazione dei Siti di Interesse Nazionale.
Le misure 4 – Le politiche in materia di formazione
In questo settore continua ad essere prioritario un maggiore dialogo tra mondo della formazione (scuola, enti di formazione professionale, università), da una parte, e mondo delle imprese, dall’altra. Necessita procedere ad un potenziamento di tutti i presidi che si occupano di formazione (scuola, formazione professionale, università) al fine di creare le giuste connessioni utili a chiudere la filiera. La recente attribuzione alla provincia di Taranto dell’ITS (Istituto Tecnico Superiore) sulla Logistica arriva certamente con estremo ritardo e, soprattutto, in un momento non molto felice con il settore con il rischio di vedere limitate le opportunità per i nostri giovani meritevoli.
E’ necessario pertanto rivedere l’intera offerta formativa di livello secondario ed universitario che, nel tempo, ha subito un forte ridimensionamento in taluni dipartimenti specialistici (maricoltura, scienze e tecnologie della moda, beni culturali, magistrale in elettronica). E’ importante, ove possibile (alla luce dei tanti vincoli ministeriali) rivedere costantemente l’offerta formativa per renderla appetibile al mercato ed anticipare le nuove prospettive di sviluppo (aerospazio, navalmeccanica, agroalimentare, turismo, beni culturali).ottimizzando gli aspetti occupazionali per evitare che l’offerta complessivamente prodotta dal sistema jonico possa apparire in forte ritardo rispetto alle possibili nuove fonti di sviluppo.
Molto interessante, a riguardo, appare la nuova offerta formativa del Politecnico di Bari sul polo jonico che vedrà la partenza di un nuovissimo corso di laurea in Ingegneria dei sistemi Aerospaziali, pensando al vicino Distretto Tecnologico Aerospaziale Pugliese (DTA), o del corso di laurea in Ingegneria dell’Ambiente”.
Le misure/5 – Contrattazione e buon lavoro
Costruire una strategia di sviluppo per uscire dalla crisi a Taranto vuol dire intercettare le opportunità di sviluppo e gestirle diversamente da come si è fatto nel passato. Significa promuovere investimenti per il bene comune, favorendo la via alta dello sviluppo, quella in cui la qualità, l’innovazione, la conoscenza e il valore del lavoro diventano gli strumenti con cui competere nel mondo.
La contrattazione, nelle sue diverse articolazioni, assume un valore fondamentale per determinare le opportune condizioni per favorire lo sviluppo del territorio. Una contrattazione che si occupi di individuare strumenti adeguati in risposta ai bisogni delle aziende e al tempo stesso favorisca la qualità delle condizioni dei lavoratori, in particolare nel sistema degli appalti. Occorre individuare strumenti utili al superamento dei fenomeni distorsivi che si verificano nei casi di discontinuità nella gestione degli appalti nella parte relativa ai lavoratori.
In tale ottica, il confronto costante dovrà favorire soluzioni, anche attraverso il concorso delle istituzioni, finalizzate alla conservazione del rapporto di lavoro e/o la ricollocazione dei lavoratori, avvalendosi dello strumento della clausola sociale e la costituzione di bacini occupazionali, per non disperdere il patrimonio di esperienza e di professionalità, così indispensabile in questa delicata fase di trasformazione. La proposta di politica industriale condivisa dalle parti rappresenta una piattaforma iniziale di intervento da condividere con le istituzioni che a vario titolo potranno contribuire al perseguimento degli obiettivi di riqualificazione dell’economia locale.