Ilva, si prova la trattativa
Se l’altoforno 2 dell’Ilva tra 15 giorni si fermerà per dare corso alle disposizioni di sequestro senza facoltà d’uso impartite dal Pm De Luca e confermate dal gip Rosati, l’azienda fermerà anche l’altoforno 4, commercializzando solo il materiale a terra ma senza alcun tipo di produzione. Questa secondo quanto appreso da Siderweb la decisione dell’azienda, all’indomani della pubblicazione del dispositivo che ha confermato il sequestro del Gip Martino Rosati. Le prescrizioni contenute nel documento, infatti, “sarebbero addirittura più restrittive” rispetto alle richieste fatte dalla stessa procura tarantina e condivise dall’Ilva, un punto di vista comune che aveva fatto pensare in un primo momento alla possibilità di trovare un punto d’incontro per scongiurare lo stop definitivo di Afo 2. Un’eventualità che però adesso sembra messa a rischio dall’incremento di richieste a cui fare fronte espresse dal gip Rosati. Secondo le stime di alcuni tecnici interpellati da Siderweb per realizzare quanto chiesto dal magistrato sarebbero necessari anche 11 mesi di lavoro, dalla progettazione alla messa in opera degli interventi.
Da qui la valutazione da parte della struttura commissariale e dei vertici aziendali di procedere con lo stop anche di Afo 4: anche questo altoforno infatti per raggiungere gli standard di sicurezza richiesti per Afo 2 necessiterebbe dei medesimi interventi, inoltre ci sarebbe da considerare il rischio di ciò che potrebbe accadere nel caso di un incidente anche su questo impianto, senza considerare gli enormi costi di produzione dovuti a marce così ridotte. Su queste basi quindi la valutazione finale non potrebbe essere altro che quella dello spegnimento totale e della messa in cassa di tutto il personale dell’area produttiva, vendendo solo l’acciaio attualmente a magazzino, con un rischio concreto di ricorrere ad ammortizzatori sociali per 14 mila lavoratori, indotto escluso. Pare che nemmeno la strategia di un eventuale ricorso al Riesame potrebbe sbloccare la situazione. L’ultima carta da giocare a Taranto potrebbe essere quella di un’eventuale richiesta di concessione della facoltà d’uso alla Procura, a fronte di un cronoprogramma di interventi concordato in modi e tempi, che possa essere valutato positivamente dalla struttura inquirente, per la concessione della possibilità di proseguire l’attività produttiva. Al momento però tutto resta appeso ad un filo. Ad una trattativa che viene confermata anche da fonti sindacali.
“Siamo molto preoccupati per ciò che sta accadendo a Taranto e Monfalcone. Non escludiamo a questo punto un intervento normativo di emergenza”. Questo quanto dichiarato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, interpellato dall’ANSA sulle notizie provenienti da Ilva e Fincantieri. “Il Governo sta seguendo con la massima attenzione gli sviluppi della vicenda che ha portato al sequestro dell’altoforno 2 dell’Ilva di Taranto” ha invece dichiarato il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi ribadendo “l’importanza strategica, per il sistema industriale italiano, del gruppo siderurgico”. Guidi auspica che si possano trovare le soluzioni in grado di mantenere in sicurezza l’attività produttiva a Taranto, di difendere i livelli occupazionali e di procedere quanto prima al completamento dell’importante programma di lavori ambientali riguardanti il sito. E’ quindi probabile che se l’azienda e la procura non troveranno un punto d’incontro, sarà nuovamente il governo ad intervenire come già fatto in precedenza con ben sette decreti, a consentire all’Ilva di continuare a produrre.