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Ilva, il 30 giugno fiaccolata contro il “mostro d’acciaio”

Riceviamo e pubblichiamo nota stampa giunta da alcuni cittadini.

La Procura di Taranto ha disposto il sequestro, senza facoltà d’uso, dell’altoforno 2 dell’Ilva, il reparto in cui l’8 giugno scorso ha subito un terribile incidente, mentre misurava la temperatura della ghisa, l’operaio 35enne Alessandro Morricella, morto dopo quattro giorni per le gravi ustioni riportate sul 90 per cento del corpo. Questo provvedimento è indicativo della condizione di insostenibilità nella quale versa lo stabilimento, sia dal punto di vista della sicurezza dei lavoratori, che per quanto riguarda la qualità della vita degli abitanti della città. La morte di Alessandro è la quinta avvenuta dentro lo stabilimento negli ultimi tre anni, dai giorni del sequestro del Luglio 2012: Angelo Iodice, Claudio Marsella, Ciro Moccia e Francesco Zaccaria rappresentano altri omicidi di Stato.

In una situazione nella quale l’esposizione a rischi e danni ambientali e sanitari è tutt’ora presente, sia per chi lavora all’interno della fabbrica che per chi vive a Taranto e nei territori circostanti, è necessario che la città torni protagonista delle scelte che la riguardano. Sarebbe infatti intollerabile che l’ennesimo incidente mortale che ha coinvolto l’ennesima giovane vita travolta da questo sistema di produzione insostenibile e ingiusto rimanga sotto silenzio. I decreti disposti in questi anni, con il beneplacito della Corte Costituzionale, sono stati fatti solo a garanzia produttiva per i creditori dello stabilimento, banche in primis. Nel frattempo solo briciole per Taranto rispetto agli 8 miliardi di euro previsti per bonificare. Anche l’eventuale e improbabile realizzazione dell’Aia aumenterà il rischio sanitario per 12 mila persone.

Qual è il prezzo in vite umane, dentro e fuori la fabbrica, che la città di Taranto deve ancora pagare? Non esiste una soglia, neppur minima, di danno ambientale e sociale che riteniamo accettabile. Esigiamo interventi veloci, netti e irreversibili, che fermino gli impianti e la produzione, nell’ottica dell’azzeramento delle fonti inquinanti e di un processo di riconversione ecologica della città, che consenta alla fasce più emarginate ed impoverite della popolazione di avere finalmente un livello di vita dignitoso.

Non è più tollerabile che fondamentali provvedimenti che ci riguardino vengano decisi senza interpellare la città, al fine di conseguire interessi incompatibili con la qualità della vita delle cittadine e dei cittadini. Quante morti e quanti incidenti sono ancora necessarie per rendersi conto che il futuro di questa città è incompatibile con questa fabbrica? Quante malattie e sofferenza devono ancora essere tributate al mostro d’acciaio prima di congedarsi definitivamente con questo modello di sviluppo inumano e insostenibile?

Azzerare l’esposizione ai rischi e danni ambientali, chiudere tutte le fonti inquinanti, bonificare dentro e fuori lo stabilimento con il controllo della popolazione, mobilitarsi per pretendere un futuro dignitoso per tutti coloro che vivono in città e per chi lavora in fabbrica: è questo l’unico programma di intervento politico compatibile con la qualità della vita e le legittime aspettative di chi ha già troppo sofferto per le ragioni della produzione nazionale.  Diamo appuntamento a tutti i cittadini martedì 30 giugno alle ore 19.30 presso piazzale Democrate, per una fiaccolata che si dirigerà verso l’ingresso dello stabilimento Ilva con l’intento di prendere parola e confrontarsi con i lavoratori. Crediamo quella data sia simbolica perché precede  l’udienza preliminare del processo Ambiente Svenduto di mercoledì 1 luglio, la prima dopo il recente arresto di Fabio Riva.

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