MARCEGAGLIALa riconversione del sito del gruppo Marcegaglia a Taranto è fallito per un motivo molto semplice: perché l’azienda che sarebbe dovuta subentrare e con la quale fu firmato un accordo lo scorso 3 dicembre, la piemontese Otlec, è in gravi difficoltà finanziare. Motivo per il quale le banche hanno chiuso i cordoni, visto che mancavano le dovute garanzie e visto che gli istituti di credito avrebbero dovuto finanziare il piano industriale presentato dalla stessa Otlec mesi addietro. Non solo: fonti ben informate sostengono che l’azienda piemontese sia in procinto di presentare il “concordato in bianco”.

Di cosa si tratta? Nel 2012, l’Italia ha introdotto nella procedura di concordato preventivo, già riformata nel 2005, la possibilità per il debitore di presentare la domanda di concordato “in bianco”: in sostanza, l’impresa in crisi può mantenere la continuità aziendale mentre elabora, sotto il controllo del tribunale, un piano da sottoporre ai creditori. Il debitore, quindi, apre una procedura di risanamento senza avere già pronto un piano a ciò diretto. Il beneficio non è però concesso senza contropartite. In cambio della “protezione” dagli attacchi dei creditori il debitore si sottopone: alla vigilanza del tribunale (che ha ampia discrezionalità al riguardo e può persino nominare ausiliari che sorveglino la gestione dell’impresa); ad una rigorosa tempistica delle operazioni: da 60 a 120 giorni, prorogabili di massimo ulteriori 60. In sostanza, il debitore ottiene temporanea protezione in cambio di trasparenza. Se allo scadere del termine il debitore non propone un piano ammissibile secondo la legge, il tribunale può dichiararne il fallimento su istanza di un creditore o del pubblico ministero. Altrimenti, la procedura procede e alla fine i creditori votano se accettare o rifiutare la proposta del debitore, spingendolo verso il fallimento. In Italia, secondo alcune statistiche, la metà dei concordati “in bianco” si conclude con il fallimento.

Di questo, e del futuro degli 84 lavoratori del sito Marcegaglia, si è parlato ieri a Roma nell’incontro al Mise, al quale erano presenti Manuela Gatta in rappresentanza del ministero, l’avv. Paolo Di Schiena della Regione Puglia, Maurizio Dottino direttore Risorse Umane del gruppo Marcegaglia, Renzo Imasso amministratore unico della Otelc, e le organizzazioni nazionali e territoriali di Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil e le Rsu. Il rappresentante del Mise in apertura di riunione ha chiesto alla Otlec di motivare le ragioni per le quali è venuta meno agli impegni inizialmente assunti. L’amministratore unico ha dichiarato che a causa di disaccordi fra soci e del mancato ottenimento delle necessarie garanzia bancarie si trova oggi nell’impossibilità di dare attuazione al Piano industriale. I sindacati, dal canto loro, hanno stigmatizzato il comportamento della Otlec che ha di fatto consentito la perdita di mesi utili al programma di reindustrializzazione del sito seguendo altre strade. Sostenendo anche che queste azioni hanno determinato un forte danno per i lavoratori e per lo Stato per l’utilizzo evitabile degli ammortizzatori sociali. Gli stessi hanno avanzato durante la riunione forti critiche verso le Istituzioni, in particolare verso la Regione Puglia ed il Mise.

La Regione, per conto del suo rappresentante Di Schiena, si è difesa sostenendo che la valutazione della fattibilità del Piano riguardava l’esistenza delle condizioni previste dai bandi per accedere al cofinanziamento del Piano e che il fallimento dell’iniziativa è stato determinato esclusivamente dalla sopraggiunta difficoltà economica della Otlec, che non ha consentito la presentazione delle necessarie garanzia bancarie. La Regione ha ribadito nuovamente la disponibilità di offrire gli strumenti di cofinanziamento per nuove iniziative sia per lo sviluppo industriale che di formazione del personale in favore di nuovi auspicabili investitori, strumenti per i quali i bandi sono stati già pubblicati.

Il direttore delle Risorse Umane del gruppo Marcegaglia, dopo aver che il soggetto è stato identificato grazie all’attività di “scouting” della società di consulenza Praxi, ha comunicato ai presenti che il gruppo mantovano ha adempiuto a tutti gli impegni previsti per agevolare il passaggio e che nel momento in cui si sono manifestate la difficoltà di Otlec si è subito attivata per individuare tramite la società di “scouting” altre possibili alternative di investimento di terzi. Nel frattempo il gruppo ha riacquisito la disponibilità dell’immobile che era stato consegnato ad Otelc nel gennaio scorso. Marcegaglia ha altresì confermato la sua disponibilità ad incentivare iniziative industriali come già previsto dall’accordo dello scorso dicembre, anche considerando gli eventuali tempi necessari.

I sindacati hanno poi chiesto di verificare la possibilità, dato il ristretto tempo residuo disponibile, dell’utilizzo dello strumento di ammortizzatori sociali per rendere possibile un intervento di reindustrializzazione e a tal fine hanno chiesto l’intervento del Mise nell’interlocuzione con il Ministero del Lavoro. Visto che a novembre scadrà la cassa integrazione straordinaria per gli 84 lavoratori del sito tarantino. Il tavolo di confronto sulla vertenza rimarrà aperto per verificare l’andamento della ricerca di nuovi imprenditori con il ministero che attiverà tutte le verifiche possibili sugli strumenti di legge utilizzabili. Il Mise ha infine ricordato che in questa come in altre vertenze il progetto viene presentato dalle aziende tramite attività di “scouting” sulla base di una valutazione di sostenibilità finanziaria eseguita dalla Regione Puglia.

Il tavolo verrà riconvocato entro i primi 10 giorni di luglio, anche su richiesta delle parti in causa. Ciò detto, ci poniamo una semplice domanda: possibile che dallo scorso dicembre ad oggi non il ministero dello Sviluppo economico, non la Regione Puglia, non gli istituti di credito, non le società di scouting Wollo e Praxi, non il gruppo Marcegaglia, non le istituzioni locali ed in ultimo non i sindacati abbiano mai avuto il sospetto che il passare dei mesi senza alcun progresso volesse significare la presenza di più di qualche intoppo nel processo di reindustrializzazione del sito? Possibile che le difficoltà finanziarie della Otlec siano venute a galla all’improvviso, a fronte del fatto che la società piemontese è ad un passo dal chiedere il concordato in bianco che potrebbe aprirle le porte del fallimento?

Ancora una volta, purtroppo, siamo stati profeti funesti. Lo scorso 15 dicembre scrivemmo che quello della Marcegaglia era stato un vero e proprio bluff, con il trasferimento della produzione di Taranto nello stabilimento piemontese di Pozzallo. E per tutti questi mesi abbiamo lanciato vari campanelli d’allarme sul fatto che quello della Marcegaglia potesse diventare un caso molto simile a quello degli stabilimenti Miroglio di Ginosa e Castellaneta. Il bluff è stato nuovamente servito.

Gianmario Leone

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