Ilva, Peacelink denuncia gli effetti negativi della legge sugli ecoreati
Ovvero l’art. 452 dice che chiunque “abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni, costituendo disastro ambientale l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo”.
Un reato ambientale, secondo la norma, sarà tale solo se sarà stato compiuto al di fuori delle norme. Ma nel caso in cui uno stabilimento industriale, un inceneritore, una discarica o altro soggetto inquinante fossero provvisti di un’autorizzazione a produrre o a funzionare, non sarebbero abusivi e non potrebbero essere giudicati per disastro ambientale. La nuova legge, infatti, rappresenta uno scudo di impunità eccezionale in quanto sarà molto difficile immaginare impianti che funzionino senza una seppur minima autorizzazione amministrativa.
L’Ilva sarà protetta dalla sua autorizzazione AIA, modificata, allungata a dismisura nei tempi. Un’AIA che è stata ulteriormente depotenziata dalla nuova legge pro-Ilva del 5 gennaio 2015, ma che sarà molto efficace nel proteggere lo stabilimento e i quadri dirigenziali, quali che siano le azioni che verranno compiute a discapito di cittadini, operai e ambiente. I partiti che hanno votato tale legge – dal PD, a SEL, al M5S e al Nuovo Centro Destra – a nostro parere portano la grave responsabilità di avere di fatto entrare a Taranto un cavallo di Troia, ossia una legge apparentemente positiva che però nasconde l’Ottava Norma Salva ILVA.
Antonia Battaglia
Luciano Manna
Alessandro Marescotti