ci incontrammo per la prima volta nel novembre del 2011 durante la presentazione del tuo libro “Io sò Carmela, violentata dagli uomini… uccisa dallo Stato… oltraggiata dalla giustizia”. Un incontro non casuale. Ero li per ascoltare la storia della tua Carmela, una ragazzina che aveva rinunciato alla vita a soli 13 anni, dopo aver vissuto esperienze che avrebbero stravolto o ammazzato chiunque. E quella storia orribile ha contribuito ad ammazzare anche te, insieme al male che l’altro ieri ti ha portato via.
Dal 2011, il filo che ci collegava non si era mai rotto. Nel mio piccolo, attraverso InchiostroVerde, ho sempre cercato di dare spazio alla battaglia che ostinatamente portavi avanti per ottenere giustizia nei confronti degli uomini (uno sforzo immane definirli tali) che avevano abusato di lei. Dal 2007, il tuo dolore era diventato il dolore di chiunque avesse sfiorato, in qualche modo, la storia di Carmela. La battaglia per lei era diventata la battaglia per la tutela di tante altre giovani donne, vittime di abusi e violenze, grazie all’associazione “Iosocarmela” da te fondata per sensibilizzare la comunità su questo tema.
L’ultima traccia di te, rimasta sul video, è l’invito all’ennesima udienza del processo contro gli stupratori di Carmela. L’ennesima tappa di un percorso lungo e lacerante che ti ha sempre visto in trincea. Solitario e testardo nel chiedere giustizia e tempi rapidi per il procedimento giudiziario. Lo fai fatto lanciando appelli accorati alle istituzioni che sembravano rimbalzare nel vuoto, come spesso accade quando c’è da riconoscere un diritto a chi è più debole.
Ricordo bene che durante la presentazione del tuo libro, nell’inverno di quattro anni fa, all’interno della biblioteca comunale, la presenza di Carmela si era manifestata in un quadro realizzato dall’artista Ezia Mitolo: due occhi che affioravano in un quadro nero, emblema di tutte le sofferenze che aveva dovuto patire. Un nero da grattare via, come avevano fatto (materialmente) le persone in sala, per riportare alla luce il volto luminoso di una ragazza che avrebbe meritato dal mondo degli adulti (e dalle istituzioni) ben altre tutele e premure.
«Su quel terrazzino Carmela non era sola. Con lei c’erano anche tante ombre che l’hanno spinta a buttarsi giù». La dott.ssa Roberta Bruzzone, criminologa e consulente di parte, scelse questa immagine per raccontare il tragico epilogo della storia di Carmela. Una ragazzina di tredici anni nei confronti della quale non ti sei mai sentito “patrigno”, ma semplicemente padre. E padre lo sei stato fino all’ultimo respiro.
Ciao Alfonso. Riposa in pace.
Alessandra Congedo
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