Ilva, Faticanti (Fiom): “Dopo lo sblocco dei fondi devono ripartire subito gli appalti”

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Lo stabilimento Ilva visto dai tetti del quartiere Tamburi, 19 settembre 2013.ANSA / CIRO FUSCODopo lo sblocco da parte della magistratura di 1,2 miliardi di euro dei fondi sequestrati ai Riva, che potranno essere utilizzati per il risanamento, devono ripartire immediatamente di appalti”. Lo ha dichiarato ieri Mauro Faticanti, coordinatore nazionale Fiom per la siderurgia, che ha partecipato a Taranto ad una conferenza del sindacato sulla situazione del siderurgico e degli appalti e per fare un primo bilancio a cinque mesi dall’ultima legge ‘salva-Ilva’. All’incontro erano presenti anche il segretario generale della Cgil di Taranto, Giuseppe Massafra, e i delegati Fiom Beppe Romano e Francesco Brigati.

Lo stabilimento – ha aggiunto Faticanti – senza un sistema di appalti rischia non solo da un punto di vista della sicurezza, ma anche da altri punti di vista. Per noi è fondamentale che all’interno anche di un accordo su un sistema di gestione di legalità degli appalti vengano tutelati i lavoratori che fino a oggi hanno lavorato nell’Ilva”. La seconda questione posta dalla Fiom riguarda il percorso “del nuovo management. Noi – ha spiegato il responsabile nazionale siderurgia della Fiom – siamo d’accordo con l’operazione fatta dal governo, e anzi pensiamo che l’abbia fatta con due anni di ritardo. Auspichiamo che l’Ilva diventi un’azienda normale da tutti i punti di vista, normale nelle relazioni industriali, nelle relazioni sindacali, normale nel rapporto con la città, rispettosa del fatto che c’è un problema ambientale che non si può eludere”. “Noi – ha concluso Faticanti – siamo per tenere insieme sviluppo industriale e questione ambientale. Ci aspettiamo che l’Ilva segni un cambio di marcia con la gestione precedente, che ci ha portati in queste condizioni, e questo cambio di marcia deve esserci nelle azioni concrete”.

Intanto, in merito alle risorse che arriveranno nelle casse dell’Ilva, a breve si potrà incassare l’assegno dell’istituto di credito Intesa Sanpaolo, che dovrebbe partecipare con 50 milioni all’interno dell’operazione che a fine aprile ha beneficiato della garanzia dello Stato disposta dal Tesoro, per un finanziamento da 400 milioni, che lunedì ha ottenuto l’ok della Corte dei Conti. Lo scrive ‘Il Messaggero’: la delibera presa dagli organi di Intesa Sanpaolo sarebbe, secondo il giornale, subordinata alla partecipazione del Banco Popolare. I due istituti, più Unicredit, l’estate scorsa hanno erogato a Ilva un finanziamento-ponte in prededuzione (priorità nel rimborso) da 250 milioni che, invece, è stato risucchiato nella nuova amministrazione straordinaria entrata in vigore con il decreto di febbraio. Unicredit si è tirata fuori dal nuovo finanziamento chiesto dai tre commissari e, anzi, sarebbe rientrata dalle esposizioni.

Infatti dalla Centrale rischi di Bankitalia, aggiornata a marzo scorso, risulta che il gruppo siderurgico ha sconfinato: su un accordato totale di 964 milioni, l’utilizzato si attesta a 1,356 miliardi di euro. Le forme tecniche più squilibrate sono i fidi a scadenza (859 milioni utilizzati su 455 concessi) e a revoca (203 utilizzati su 5 milioni). Con il passo indietro di Unicredit, l’onere di affiancare la Cassa sarebbe rimasto a Intesa e Banco Popolare. Quest’ultimo, che martedì ha riunito il Cda, non avrebbe ancora deciso ma sarebbe orientato a partecipare al finanziamento con un importo inferiore a quello dell’altra banca, rendendo possibile la manovra a supporto dello scongelamento dei fondi dei Riva da utilizzare per l’attuazione del piano ambientale.

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