Sono 10 le regioni interessate dalla procedura; solo nel Mezzogiorno sono stati dichiarati circa 700 esuberi, di cui circa 270 negli ipermercati della Sicilia, più di 200 in Campania, 150 in Puglia e quasi 100 tra Abruzzo e Sardegna. Coinvolti anche diversi punti vendita del Nord Italia dove i lavoratori colpiti dalla procedura sono più di 500, tra Veneto, Piemonte e Lombardia, regione nella quale i licenziamenti annunciati da Auchan sono più di 300, anche in considerazione della prevista chiusura di un ipermercato. Più di 100 esuberi dichiarati in Lazio e nelle Marche. Interessati dal licenziamento collettivo anche circa 50 lavoratori in forza presso la sede aziendale ed i depositi. “Le difficoltà economiche dell’azienda – conclude Russo – non possono giustificare azioni così aggressive e scelte unilaterali che ledono con tanta gravità i diritti dei lavoratori. Da parte nostra rinnoviamo, ancora una volta, piena disponibilità al confronto e alla condivisione di misure che consentano la salvaguardia dei livelli occupazionali, ma se Auchan continuerà a perseguire questa strada, siamo pronti a mettere in campo altre iniziative di mobilitazione”.
Nella crisi del gruppo Auchan “non mancano le responsabilità dell’azienda, riconducibili soprattutto a politiche commerciali quanto meno discutibili” e a “uno sviluppo della propria rete di vendita cervellotico, con la concentrazione di numerosi ipermercati in aree geografiche circoscritte, con la concentrazione di numerosi ipermercati in aree geografiche circoscritte, con il conseguente effetto di cannibalizzazione reciproca”. Lo scrive la Uiltucs in una nota depositata in commissione Lavoro al Senato per un’audizione sul piano di esuberi annunciato dal gruppo di supermercati francese. “È importante per l’Ugl che il Parlamento inquadri la vertenza Auchan all’interno di una crisi più vasta, quella dell’intero settore della grande distribuzione in Italia, affinché si trovino gli strumenti per scoraggiare il progressivo disimpegno delle multinazionali nel nostro territorio e per incentivare l’interesse fattivo di investitori italiani”, ha invece dichiarato il segretario nazionale dell’Ugl Terziario, Luca Malcotti.
“Siamo determinati a cercare di trovare soluzioni con i lavoratori, vogliamo mettere risorse a sostegno soluzioni che si presenteranno e siamo pronti a discutere ma le soluzioni devono essere strutturali perché c’è in palio la sopravvivenza dell’azienda sul territorio nazionale”. Lo ha detto ieri il direttore risorse umane di Auchan Italia, Giuliano Stronati, a margine di un’audizione alla commissione lavoro del Senato. L’azienda sta cercando di gestire gli oltre 1400 esuberi con esodi incentivati e Stronati ha detto di aver proposto ai sindacati di rinunciare in via temporanea all’integrativo derivante dalla contrattazione aziendale per accumulare risorse per aumentare gli incentivi all’esodo volontario ma di aver ricevuto una risposta negativa. L’azienda ha già incontrato l’Ugl e il 12 maggio incontrerà le altre sigle per proseguire il confronto.
Stronati, rispondendo alle domande dei senatori, ha anche escluso la possibilità di prepensionamenti “perché l’età è relativamente bassa ed è stata innalzata molto quella pensionabile” e un ulteriore ricorso ai contratti di solidarietà perché hanno una durata massima e perché molti operatori hanno il part time che non è compatibile con riduzioni di orario. Il direttore del personale ha anche detto di aver cercato di utilizzare le politiche attive per la formazione dei lavoratori ma di non aver trovato riscontro. Stronati ha spiegato che l’obiettivo “non è aumentare la redditività ma arrivare al pareggio di bilancio nell’interesse dei lavoratori” e ha ribadito che l’azienda “ha un dialogo forte con i collaboratori” e anche in questo caso ascolterà e proverà a intervenire con incentivi a livello individuale se ci sono possibilità di favorire l’esodo.
Sono 143 i dipendenti che Auchan vuole licenziare in Puglia. I tagli riguardano gli ipermercati di Modugno (58 lavoratori su 192), Taranto (50 su 250) e Mesagne (35 su 209). All’inizio della vertenza, con la disdetta del contratto integrativo dello scorso aprile, se ne temevano il doppio: quasi 300. Il gruppo Auchan-Sma dal 2009 al 2013 ha perso circa l’8% del fatturato e il margine (Mon/fatturato) già negativo nel 2011 ha continuato ad appesantirsi. Il recesso dell’azienda dal contratto integrativo annunciato lo scorso aprile rientra appieno nella “strategia” di Auchan che vorrebbe ridefinire un quadro che coinvolge salari, occupati e organizzazione. Che al momento oltre al pareggio di bilancio, prevede come unica strada l’incentivo all’esodo volontario.
Intanto, l’effetto immediato della disdetta del contratto integrativo, sarà il taglio dei salari per tutti e 12mila i dipendenti italiani. Anche in questo caso però, c’è una discriminazione territoriale: per i lavoratori impiegati nei centri Auchan da Roma in giù, il taglio sul salario sarà di circa 100 euro al mese. Ai dipendenti del Nord invece, sarà applicato per il momento il blocco dei salari: senza riduzioni né aumenti. A motivazione della disdetta del contratto integrativo, il colosso francese ha addotto i classici motivi di sempre: nel 2014 la perdita operativa di Auchan ammonterebbe a 100 milioni di euro, mentre per il 2015 l’obiettivo è raggiungere il pareggio di bilancio. Per ottenere questo risultato, “ovviamente”, si punta direttamente ai tagli del costo del personale e del lavoro.
Il colosso francese della grande distribuzione ha chiuso il 2014 con profitti per 574 milioni di euro, in calo del 25,2% rispetto all’anno precedente. Si registra una crescita dell’1,5% del fatturato a cambi costanti e che è giunto a 63 miliardi. Sui risultati del gruppo hanno pesato le svalutazioni del rublo russo e della divisa ucraina. L’ebitda di Auchan ha toccato quota 2.591 milioni in rialzo del 2%. Dunque la colpa non è dei lavoratori italiani. Semmai, delle scelte aziendali. Come ad esempio una non calibrata offerta nei confronti dei clienti delle aree geografiche in cui opera.
Gianmario Leone
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