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La ‘Buona Scuola’: migliaia in piazza per protestare contro la riforma voluta dal Governo

Sono arrivati da tutte le province della Puglia ma anche dalla Basilicata e dalla Calabria gli insegnanti che hanno partecipato oggi a Bari alla manifestazione interregionale, nel giorno dello sciopero generale, contro la riforma della scuola pensata dal governo. Presenti circa 20mila persone.  Ma la protesta si è animata anche a Taranto mettendo dalla stessa parte studenti e insegnanti.

A organizzarla i sindacati della scuola Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals Confsal e Fgu Gilda Unams.  Il mondo della scuola protesta contro il piano di assunzioni perché “la verità è che il governo non è in condizioni di farle per l’inizio dell’anno. E ha posto criteri assai discutibili che dividono in modo arbitrario i precari”. Lo ha sottolineato  il segretario della Cgil Susanna Camusso in una intervista a “La Repubblica”, in cui osserva come quella pensata dall’esecutivo “è una riforma che lede il diritto costituzionale della libertà di insegnamento, che affida a un singolo, il dirigente scolastico come si chiama oggi il preside, la totale discrezionalità su chi debba insegnare o meno. Non è quello che prevede la nostra Carta Costituzionale”.

Per la Camusso dalla riforma “emerge una scuola che non ha più una funzione di carattere generale, che non punta più a formare cittadini con spirito critico. È una scuola elitaria, non di tutti”. “Nella nostra Costituzione – osserva – la scuola vuol dire il diritto allo studio. Bene, nella riforma non c’è traccia di questo. Non c’è una visione del futuro della scuola, non c’è nulla per combattere la dispersione scolastica nel Paese che detiene il record di giovani Neet, che cioè non lavorano, non studiano, non si formano”. “Alla fine – conclude la Camusso – accederanno alla scuola coloro che appartengono a famiglie che se lo possono permettere”.

Quella di oggi “è una grande mobilitazione, in piazza c’è la scuola che difende la scuola”. Lo ribadisce il segretario generale della Cisl Scuola, Francesco Scrima, che all’agenzia di stampa Adnkronos spiega: “Difendiamo la scuola da un progetto e da un disegno che se dovesse essere approvato così com’è non ci assicurerebbe assolutamente una buona scuola”, ma, al contrario, produrrebbe “una scuola caratterizzata da conflittualità interne ed esterne”.

Secondo Scrima il “disegno caratterizzato da una gestione manageriale dimostra la scarsa conoscenza di come funziona realmente la scuola, è che sia connotato nella sua gestione da superficialità ne è prova che siamo alla terza stesura e non si danno risposte al personale precario, trattando la partita, solo con una serie di numeri, facendo finta di non sapere che dietro a quei numeri ci sono persone che con la loro professionalità e il loro lavoro garantiscono il funzionamento della scuola”.

Questo progetto, sottolinea ancora Scrima, “rischia di aprire una lunga serie di conflittualità all’interno della scuola, facendo saltare quella sinergia che deve caratterizzare la comunità educativa, fatta di docenti con la componente democratica di genitori e studenti, tutto il personale Ata, coordinati dalla figura del dirigente scolastico. È sbagliato identificare l’istituzione scolastica con la figura del dirigente. L’autonomia scolastica in Italia non ha funzionato – evidenzia il numero uno della Cisl Scuola – non per mancanza di poteri del dirigente scolastico ma perché privata di risorse professionali e finanziarie”.

Il rischio di una concezione aziendalistica – prosegue Scrima – è quello di andare ad alimentare il terreno della concorrenza e della competitività che mina la funzione costituzionale della scuola, che deve essere la scuola di tutti e di ciascuno, la scuola dell’inclusione, che rimuove gli ostacoli per garantire le capacità e le competenze che consentiranno ai nostri ragazzi di inserirsi in un mondo del lavoro sempre più difficile”. Infine, rispondendo alle parole del sottosegretario Faraone Scrima sottolinea come “se qualcuno parla di minoranza del paese che sarà in piazza è la prova provata di come viene considerata in Italia la scuola”.

Lo sciopero del personale della scuola vuole ribadire con forza le richieste su cui da settimane il mondo della scuola è mobilitato. Lo sottolinea la Uil in una nota, nella quale elenca le motivazioni della protesta. “No ai super poteri del dirigente scolastico e a modelli di gestione autoritaria che stravolgono i principi di un’autonomia fondata sulla collegialità, la cooperazione, la condivisione, il pluralismo culturale e la libertà di insegnamento; subito un piano di assunzioni che assicuri la stabilità del lavoro per tutto il personale docente e Ata impiegato da anni precariamente; organici adeguati al fabbisogno, per un’offerta formativa efficace e di qualità; rinnovo del contratto scaduto da sette anni per una giusta valorizzazione del lavoro nella scuola; no a incursioni per legge su materie soggette a disciplina contrattuale, come le retribuzioni e la mobilità del personale; avvio di una politica di forte investimento su istruzione e formazione, recuperando il gap che separa l’Italia dagli altri paesi europei”.

La riforma della scuola che il Governo vuole a tutti i costi imporci è solo un altro duro colpo alla categoria. Per questo motivo, oggi l’Ugl Scuola farà sentire la propria voce, in numerose città d’Italia, attraverso sit in di protesta a sostegno dei diritti dei lavoratori. Lo annuncia Giuseppe Mascolo, segretario generale Ugl Scuola. “La riforma andrà ad ostacolare la libertà all’insegnamento e i diritti dei precari che, dopo tre contratti di lavoro, non potranno accettare altre supplenze. Dall’altro canto, invece, si rafforzeranno solo i poteri dei dirigenti scolastici, anche se con criteri non definiti ed inadeguati”. “Inoltre, nulla traspare sul rinnovo del CCNL di categoria e sul personale Ata – prosegue il sindacalista – e resta solo una mera utopia l’assunzione di 100 mila lavoratori”. “Per valorizzare la scuola pubblica – conclude – servono certezze ed investimenti e non tagli e illusioni”.

A differenza dei “cinque sindacati monopolisti” che “si sono già pronunciati a favore di un compromesso a perdere con Renzi”, i Cobas sono in piazza per chiedere “il ritiro totale del ddl sulla scuola e un decreto urgente per l’assunzione dei precari”. Lo rende noto Pietro Bernocchi, portavoce nazionale Cobas. “Oggi le scuole sono chiuse da uno sciopero plebiscitario, che per la prima volta vede convergere nella convocazione i sei principali sindacati di docenti, Ata e studenti, che riempiranno le piazze nelle principali città per chiedere il ritiro del ddl Renzi, un decreto per l’assunzione stabile dei precari che da anni lavorano nella scuola e l’eliminazione degli insulsi e dannosi indovinelli Invalsi” dice Bernocchi che conferma anche gli scioperi dell’intera giornata convocati dai Cobas per il 6 (alle Elementari) e il 12 maggio (alle Superiori). Bernocchi punta però il dito contro il Governo, che “sta cercando di riassorbire la lotta, offrendo alcuni emendamenti che non muterebbero la distruttività della legge”. “Dunque, mentre ai cortei dei Cobas si chiederà il ritiro totale del ddl e un decreto urgente per l’assunzione dei precari, ai cortei dei Cinque, la maggioranza dei dirigenti chiederà emendamenti e si preparerà ad accettarli” accusa.

Foto gentilmente concesse da Angela Mariggiò

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