L’azienda ha inoltre comunicato che lo straordinario è stato ridotto al 2% ed è diminuita del 15% la presenza degli operai delle ditte appaltatrici che talvolta erano impiegati per le stesse mansioni dei lavoratori diretti in contratto di solidarietà. Lo ha reso noto la Fim Cisl. Avanzando gravi problemi di liquidità, l’azienda ha proposto il pagamento della festività del 25 aprile a gennaio 2016 per i normalisti, mentre i turnisti potranno decidere se essere retribuiti a gennaio 2016 o recuperarla come un giorno di ferie da consumare nell’arco dell’anno. Su questa proposta la Fim si è resa indisponibile. Come la Fiom Cgil che l’ha giudicata irricevibile. Le parti si sono dunque aggiornate al prossimo 28 aprile, occasione nella quale i sindacati metalmeccanici conosceranno il nuovo capo del personale dell’Ilva in amministrazione straordinaria Cesare Ranieri. Proveniente dal gruppo Terna, lo scorso 12 marzo ha sostituito nel ruolo Enrico Martino.
Intanto, tornando alla richiesta di patteggiamento avanzata dai tre commissari straordinari dell’Ilva al ministero dello Sviluppo economico, emergono altri particolari dal mondo industriale e finanziario italiano. Una mossa che mira direttamente a ridisegnare l’immagine della più grande azienda italiana. L’obiettivo è quello di tirarsi fuori quanto prima dal processo Ambiente Svenduto. Il patteggiamento, sul quale il ministro Federica Guidi nelle prossime settimane si esprimerà (in caso di accettazione lo stesso sarà autorizzato tramite specifico decreto da parte del MiSE), dopo l’eventuale ok che dovrà arrivare dal comitato di sorveglianza, darà all’Ilva la possibilità di chiudere il processo con il pagamento di una sanzione definitiva (fonti giudiziarie e interne all’Ilva parlano infatti di una trattativa in corso con il pool che cura l’inchiesta per stabilire l’importo da versare da veicolare univocamente nei lavori di risanamento previsti dall’AIA).
E’ bene ricordare che la sanzione sarà proporzionata al valore dell’impresa: dunque siamo nell’ordine di almeno un paio di miliardi. In questo modo l’azienda, che è in attesa dell’intervento pubblico sotto forma di un fondo turn around che prenderà in affitto gli impianti e darà vita alla new.co non prima della fine dell’estate, potrà riacquistare appeal nei confronti di eventuali investitori e acquirenti sull’assenza di pendenze giudiziarie e soprattutto li libererebbe dall’incombenza di sborsare diverse centinaia di milioni per i lavori di risanamento previsti. Intanto, da Milano, si attende il pronunciamento del gip sulla richiesta di convertire gli 1,2 miliardi di euro sequestrati alla famiglia Riva (per i giudici si tratterebbe di soldi di Ilva fatti figurare come patrimonio personale nel rientro di capitali “scudati”), da aumento di capitale a titoli obbligazionari.
Una misura che nelle intenzioni del governo dovrebbe servire a facilitare il rientro della somma, attualmente bloccata in Svizzera nelle casse delle banche Ubs e del gruppo Aletti, che dovrà essere impiegata per il risanamento ambientale dell’azienda. E che dovrebbe anche fugare i dubbi della Ue sui presunti aiuti di Stato all’Ilva. Lo scorso novembre, infatti, la Commissione aveva chiesto al governo italiano se col trasferimento degli 1,2 miliardi direttamente all’azienda sarebbe diventato azionista dell’azienda. Ma trasformare quei soldi in titoli obbligazionari (il cui credito avrebbe diritto di precedenza nell’eventuale liquidazione di Ilva), senza che finiscano nel capitale sociale dell’azienda, dovrebbe essere sufficiente a superare i dubbi di Bruxelles. Rimane il fatto che Adriano Riva ha presentato ricorso contro tale operazione. E che ancora oggi, nonostante tutto, il gruppo lombardo detenga ancora l’87% delle azioni dell’Ilva. Quanto meno sulla carta.
Gianmario Leone
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