auchanIl Coordinamento nazionale delle strutture e dei delegati Filcams, Fisascat, UILTuCS di Auchan Italia S.p.A. stigmatizza “il grave atto unilaterale compiuto dall’azienda con il recesso dal contratto integrativo aziendale, da tutti gli accordi ad esso collegati, nonché dalle prassi e consuetudini in atto comunicato in data 20 marzo 2015 ed esprime vivissima preoccupazione in ordine alle ricorrenti dichiarazioni dell’azienda relative all’apertura di una procedura di licenziamento collettivo sull’intero perimetro aziendale che potrebbe coinvolgere diverse centinaia di lavoratrici e lavoratori”.

Il Coordinamento ribadisce “la disponibilità a suo tempo manifestata di affrontare la situazione di difficoltà in cui da anni versa l’azienda a causa della generale situazione di crisi che attraversa il Paese, ma anche a causa delle politiche commerciali e di sviluppo azzardate perseguite dall’azienda nell’ultimo decennio, che hanno sempre più mostrato la corda contribuendo pesantemente al peggioramento dell’andamento aziendale. La disponibilità ad affrontare con senso di responsabilità i problemi dell’impresa deve però avvenire nel rispetto degli interessi e dei diritti dei lavoratori, non scaricando unicamente su di essi il peso di una ristrutturazione selvaggia che ha già portato alla cessione di due ipermercati e che vorrebbe ridurre in misura iniqua e squilibrata il costo del lavoro di circa 50 milioni di euro all’anno”.

Alla luce di tale situazione, “in risposta agli atti unilaterali compiuti dall’azienda come ritorsione rispetto al rifiuto da parte delle organizzazioni sindacali di accettare passivamente le condizioni da essa poste in occasione degli incontri svoltisi nei mesi passati”, il Coordinamento conferma lo stato di agitazione già proclamato dalle segreterie nazionali di Filcams, Fisascat e UILTuCS e proclama in tutte le unità produttive di Auchan Italia SpA uno sciopero nazionale per l’intera giornata del 9 maggio 2015 ed un pacchetto di ulteriori 8 ore di sciopero da utilizzarsi a livello di unità produttiva o territorialmente.

E’ sempre più tesa quindi la situazione di Auchan in Italia dopo che la multinazionale francese ha annunciato 1.100 licenziamenti, su circa 14 mila dipendenti in Italia, causando la rottura delle trattative con le organizzazioni sindacali, che, unitariamente, hanno quindi deciso di proclamare un primo sciopero in risposta all’atteggiamento dell’azienda. La data indicata è quella del 9 maggio.

Ma oltre ai licenziamenti, la mobilitazione dei lavoratori è motivata anche da altre richiesta dell’azienda. Auchan ha infatti chiesto ai lavoratori di rinunciare alla quattordicesima, l’azzeramento degli scatti di anzianità e di abbassare di un livello la posizione contrattuale di ciascuno. Come se tutto questo non bastasse, l’azienda ha avviato la procedura di licenziamento collettivo. E, come sempre, i maggiori tagli pare si verificheranno al Sud (800 su 1.100), dove secondo la società si realizzano i profitti più fatti.

Intanto, l’effetto immediato della disdetta del contratto integrativo, sarà il taglio dei salari per tutti e 12mila i dipendenti italiani. Anche in questo caso però, c’è una discriminazione territoriale: per i lavoratori impiegati nei centri Auchan da Roma in giù, il taglio sul salario sarà di circa 100 euro al mese. Ai dipendenti del Nord invece, sarà applicato per il momento il blocco dei salari: senza riduzioni né aumenti. Sugli 800 licenziamenti previsti al Sud, ben 300 potrebbero avvenire in Puglia. Dove ci sono quattro ipermercati Auchan: Casamassima, Mesagne, Modugno e Taranto. Il personale occupato è di circa 800 unità. A Casamassima e Modugno sono già in atto contratti di solidarietà: nel primo punto vendita la percentuale di riduzione dell’orario di lavoro è del 25% (scade a ottobre del 2016), mentre a Modugno è del 30% (scade a maggio prossimo).

A motivazione della disdetta del contratto integrativo, il colosso francese ha addotto i classici motivi di sempre: nel 2014 la perdita operativa di Auchan ammonterebbe a 100 milioni di euro, mentre per il 2015 l’obiettivo è raggiungere il pareggio di bilancio. Per ottenere questo risultato, “ovviamente”, si punta direttamente ai tagli del costo del personale e del lavoro. Il colosso francese della grande distribuzione ha chiuso il 2014 con profitti per 574 milioni di euro, in calo del 25,2% rispetto all’anno precedente. Si registra una crescita dell’1,5% del fatturato a cambi costanti e che è giunto a 63 miliardi. Sui risultati del gruppo hanno pesato le svalutazioni del rublo russo e della divisa ucraina. L’ebitda di Auchan ha toccato quota 2.591 milioni in rialzo del 2%. Dunque la colpa non è dei lavoratori italiani. Semmai, delle scelte aziendali. Come ad esempio una non calibrata offerta nei confronti dei clienti delle aree geografiche in cui opera. I sindacati temono inoltre che Auchan voglia estendere a tutti i centri commerciali l’accordo raggiunto in quel di Casamassima: ovvero che alla scadenza dei contratti di solidarietà vi sia una riduzione del monte ore del 18%.

E come riportato nelle scorse settimane c’è chi, anche tra i lavoratori, va dietro all’azienda che a Taranto sostiene la tesi che senza il raddoppio dell’ipermercato sarà costretta a chiudere i battenti. Ampliamento previsto dal famoso “Piano Cimino”. Che qualora realizzato porterebbe ad un ulteriore svilimento del commercio nel Borgo Antico e nel Borgo Nuovo. Oltre che la realizzazione, tramite colate e colate di cemento, di nuovi insediamenti abitativi in quella zona della città. E’ un piano assolutamente nefasto. Perché da un lato comporterebbe l’ulteriore danno a carico dei piccoli e medi commercianti e dall’altro l’ampliamento della città in una delle poche zone agricole rimaste e soprattutto farebbe gli affari dei soliti palazzinari in una città dove sono decine le case abbandonate e vuote. Chi appoggia questo piano dovrebbe soltanto vergognarsi.

G. Leone

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