L’Atlante dei conflitti ambientali ha l’obiettivo di mappare sul territorio nazionale le attività di cittadini che attivamente si battono per l’ottenimento di una giustizia ambientale, fondamentale per la tutela dell’ecosistema e della salute, spesso profondamente compromessa a causa di attività industriali che devastano interi territori. Si tratta di un’opera di divulgazione e di mutuo scambio di saperi per potenziare l’efficacia delle strategie con cui si conducono i conflitti.
La mappatura dei conflitti locali in un contesto nazionale consente inoltre di dare un peso politico maggiore ai comitati che in questo modo possono incidere più efficacemente ad ogni livello. Su questo tema Daniela Spera ha spiegato che il territorio tarantino è l’esempio più emblematico di conflitti ambientali che coinvolgono comitati e cittadini i quali, anziché ricevere ascolto dall’interlocutore politico hanno invece incontrato una forte opposizione soprattutto da parte del governo nazionale, con l’emanazione di leggi e autorizzazioni ad hoc, sia per le vicende legate all’Ilva sia per quelle correlate a progetti petroliferi come ‘Tempa Rossa’.
Tale duplice conflitto, con il soggetto che inquina e con il soggetto istituzionale, testimonia una volontà politica tutt’altro che volta a seguire un modello economico non impattante per l’ambiente e per la salute. A tale proposito Daniela Spera ha inoltre sottolineato la necessità di impiegare la raccolta dei dati sanitari (mappe epidemiologiche) non solo a scopo conoscitivo ma soprattutto come strumento di intervento immediato e risolutivo nella piena applicazione del principio di precauzione, considerando anche gli effetti a breve termine.
In merito allo strumento comunitario di denuncia, la portavoce del comitato Legamjonici ha spiegato come, attraverso l’efficace mezzo della petizione, sia possibile fare pressione sollevando la costante attenzione delle Istituzioni europee sull’operato dello Stato che non rispetta la normativa europea in materia ambientale e di sicurezza.
Sul tema delle bonifiche infine, Daniela Spera ha ricordato che il ripristino dei luoghi contaminati spetta a chi ha inquinato secondo il priNcipio ‘chi inquina paga‘ e che per la corretta applicazione di tale principio si devono contestualmente fermare le fonti inquinanti. La necessità di pensare ad un modello economico alternativo è stata condivisa da tutti i comitati presenti. Tale modello deve realizzarsi concretamente attraverso la depetrolizzazione dei territori, il radicale rifiuto di un modello produttivo devastante ed il rilancio delle attività legate alle peculiarità territoriali: agricoltura, turismo, patrimonio storico-culturale.
L’Atlante italiano dei conflitti ambientali è dunque un punto di partenza per un percorso condiviso e aperto a nuove realtà territoriali. Prossimo appuntamento è la manifestazione del 23 maggio a Lanciano, in Abruzzo, contro la costruzione di piattaforme petrolifere in mare. Come i cittadini di Taranto, anche gli abruzzesi chiedono ”mare pulito, un’economia agroalimentare di qualità, la valorizzazione turistica e culturale del territorio, un modello di sviluppo compatibile con la natura”.
NOTA STAMPA DI LEGAMJONICI
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