Xylella: ieri prima giornata di eradicazione e di lotta

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xylellaLa prima giornata del “Piano Silletti” si è conclusa con il taglio di sette ulivi infetti ad Oria (Brindisi) e con una protesta iniziale che ne annuncia altre che hanno lo scopo dichiarato di salvare le piante simbolo della Puglia e del Mediterraneo. Una giornata tranquilla, fino a quando il presidio composto da diverse decine di persone, è riuscito a bloccare le ruspe arrivate di buon mattino in contrada Frascata ad Oria. Poi sono arrivate le forze dell’ordine.

I carabinieri hanno identificato tutti i manifestanti e li segnaleranno all’autorità giudiziaria per l’ipotesi di assemblea non autorizzata. La tensione è iniziata quando, a ruspe ferme, gli operai hanno iniziato il taglio degli ulivi con delle motoseghe. Una “mossa” che gli attivisti non si aspettavano mentre erano ancora intorno alle ruspe per ostacolarne ogni attività. Ci sono stati momenti di agitazione e gli animi si sono surriscaldati. Alla fine, l’attività di taglio è stata portata a termine mentre oggi sarà completato il lavoro con la bonifica dell’area dalle ramaglie. Il Piano per il contenimento della Xylella fastidiosa ha quindi mosso il primo passo sul fronte dell’eradicazione, l’aspetto su cui più alta è l’attenzione e maggiore la contrarietà.

Giovedì prossimo intanto, il Salento vedrà una mobilitazione ancora più estesa che interesserà vari Comuni. È stata promossa dal comitato spontaneo “Voce dell’Ulivo” che ha lanciato la campagna #buonepraticheday. Si è contro l’espianto degli ulivi nella convinzione che l’infestazione possa cessare solo con le corrette pratiche agronomiche, a lungo trascurate. All’iniziativa hanno aderito i Comuni di Lecce, Caprarica di Lecce, Lequile, Specchia, Castrignano dei Greci ed ancora alcune sigle di categoria (Confagricoltura Puglia, Unione Provinciale Agricoltori di Lecce e Legacoop Puglia). Saranno in azione circa cento trattori in attività di sfalcio ed aratura, anticipate di un mese, per ridurre la diffusione dell’insetto vettore giovane che in questo periodo si trova sulle erbe spontanee.

Quell’atto è stato sbagliato sin dall’inizio. È molto sbagliato che un Paese, prima di altri, assuma un comportamento di questo tipo, perché questa è un’emergenza che stiamo gestendo a livello comunitario con tutti i Paesi”. Così ieri il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico 2014-2015 dell’Università Iulm a Milano, ha nuovamente commentato l’embargo della Francia su 102 specie vegetali a rischio Xylella. “Noi dobbiamo combattere questo fenomeno molto particolare – ha proseguito il ministro – lo stiamo facendo, ma serve la mobilitazione di tutti. Credo che le prossime settimane saranno cruciali da questo punto di vista, e serve anche un meccanismo di solidarietà europea. Quindi mi auguro e spero che, soprattutto nei prossimi passaggi a Bruxelles, scatti anche un meccanismo di accompagnamento, soprattutto per i territori più colpiti. E mi riferisco, in particolare, alla Puglia”.

Distruggere gli ulivi secolari non basta per risolvere il problema della Xylella fastidiosa. Il batterio responsabile di quella che i ricercatori additano come una vera e propria epidemia resta infatti in grado di diffondersi nell’ambiente anche dopo la distruzione delle piante. Le contromisure, quindi, dovrebbero essere di natura molto diversa. A partire, per esempio, dall’istituzione di una sorta di task-force interdisciplinare per colpire al cuore l’intero sistema responsabile della malattia degli ulivi: il batterio, l’insetto che lo veicola (vettore) e lo stato di salute del terreno. “Sradicare gli ulivi non basta”, osserva l’esperto di Biologia ambientale Marcello Nicoletti, dell’università Sapienza di Roma. “È in atto – aggiunge – una vera e propria epidemia, da parte di un microrganismo che per circa 30 anni è stato tranquillo e che a un certo punto è improvvisamente cambiato”. Le ragioni di questa trasformazione in un super-batterio non sono ancora note: secondo le teorie prevalenti potrebbe essere stata la conseguenza di una mutazione genetica spontanea, per esempio simile a quella che avviene nel virus dell’influenza, oppure una risposta ad un clima più caldo. In ogni caso, prosegue, va combattuto direttamente il batterio, insieme all’insetto che è il suo vettore, il Philenus spumarius, comunemente noto come sputacchina e molto diffuso. Esistono antibiotici per combatterlo, ma c’è il rischio che alla fine possano rafforzare il batterio, rendendolo resistente. Il nemico è, in pratica, il “super-organismo” composto da batterio, pianta, insetto.

Per questo, prosegue Nicoletti, “anche dopo aver distrutto le piante, gli insetti restano nell’ambiente e continuano a diffondere la Xylella”. Per questo è importante aggredire anche gli insetti, ad esempio con larvicidi, “ma sempre di origine naturale”, e agire poi sul terreno, “modificandolo in modo che fornisca alla pianta il sostegno di cui ha bisogno”. Anche per l’entomologo dell’Enea, Maurizio Calvitti, “non basta sradicare gli ulivi” perché il vero bersaglio della lotta dovrebbe essere “il sistema batterio-insetto”. Bisogna considerare, prosegue, che nel momento in cui vengono distrutti gli ulivi “la presenza del batterio è ancora maggiore rispetto a quella che si deduce quando il danno è evidente. In questo momento è fondamentale arrestare il processo di diffusione dell’infezione”.

 

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