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Il futuro di Taranto e dell’Arsenale, l’architetto Carella: “Non basta un approccio solo turistico”

TARANTO –  Un’altra città al di là del muraglione aspetta solo di essere “vissuta”. Per decenni è stata patrimonio della Marina Militare, confinata in un altrove tutto da scoprire. Eppure, basterebbero pochi passi oltre la soglia dell’Arsenale per immaginare un’altra realtà che prende forma tra stradine ed edifici, storie e luoghi ignoti alla gran parte dei tarantini, che potrebbero brulicare di turisti, scolaresche e visitatori attratti dalla cultura del mare.

Il tema della valorizzazione culturale e turistica dell’Arsenale è sempre di stretta attualità, anche  alla luce dell’ultimo decreto su Ilva e Taranto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 5 marzo. Ecco cosa dice l’articolo 8 al comma 3: “I Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo e della difesa, previa intesa con la Regione Puglia e il Comune di Taranto, da acquisire nell’ambito del Tavolo istituzionale di cui all’articolo 5, predispongono, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, un progetto di valorizzazione culturale e turistica dell’Arsenale militare marittimo di Tarant0″. Tempi stretti, quindi, e decisioni ancora tutte da definire.

Alcune proposte sono state rilanciate nei giorni scorsi dalla fondazione Michelagnoli nel corso di un convegno tenuto nella Sala a Tracciare dello stesso Arsenale. In quel contesto, esperti, rappresentanti politici ed esponenti della Marina Militare si sono confrontati sulle ipotesi di apertura di strutture che custodiscono grandi opportunità per tutta la cittadinanza. Il rischio che si corre in casi come questo è che le istituzioni locali si facciano cogliere impreparate. Sullo sfondo rimangono le note perplessità sull’effettiva dotazione finanziaria che il Governo metterà a disposizione della comunità ionica. InchiostroVerde ha voluto affrontare l’argomento con l’architetto Antonella Carella, assessore tecnico del Comune di Taranto con delega al centro storico e al decoro urbano dal luglio 2012 al febbraio 2013, in precedenza impegnata in alcuni progetti legati al Piano di Area Vasta.

Architetto Carella, tra le proposte presentate negli scorsi anni per il Piano di Area Vasta, ce n’erano alcune che riguardavano la Stazione Torpediere. Ci vuole ricordare cosa prevedevano?

«Le nostre proposte partivano dalla riqualificazione del water-front considerando il valore che le aree sul mar Piccolo e sul mar Grande possono avere rispetto alla rivitalizzazione della città e al potenziamento della sua attrattività. Abbiamo quindi considerato le “Cattedrali del Mare e della Cultura”, luoghi di lavoro con elementi di archeologia industriale: i cantieri Tosi, l’Arsenale, l’isola di San Paolo e la Stazione Torpediniere. Si tratta di aree in disuso con una forte connotazione culturale. Per la Stazione Torpediniere era prevista la ristrutturazione dell’edificio”Gamelle e Magazzino Viveri” da adibire a Museo dell’Arsenale e della Marina Militare; la ristrutturazione dell’edificio “Vini – Panificio – Distaccamento” da adibire a Museo delle Scienze Marine;  la demolizone delle Officine Pronto Intervento per la realizzazione di un Acquario; la musealizzazione del sommergibile Di Cossato, da ubicare a ridosso della scarpata della Villa Peripato; l’esposizione dell’incrociatore in disarmo “Vittorio Veneto”.  Va evidenziato che la proposta di riqualificazione della ex Stazione Torpediniere è già stata ritenuta candidabile a finanziamenti all’interno del Piano Integrato Plurifondo – Area Vasta Tarantina (Regione Puglia)».

Ci sarebbe spazio anche per un acquario?

«Si, le volumetrie ci sono. Per la nostra scheda-progetto ci siamo avvalsi della consulenza del progettista dell’acquario di Genova, Lorenzo Senes, e del Museo della Scienza di Milano. Con loro c’era un percorso collaborativo già avviato. Va detto che un acquario, oltre ad essere un forte attrattore, è molto utile ai fini della conoscenza dell’habitat locale. Non si tratta di fare una copia dell’acquario di Genova, ma di contestualizzarlo in base alle specificità del luogo.  Il visitatore deve essere indotto a visitare l’acquario di Taranto per ciò che lo distingue da Genova. E qui  non troverebbe pesci tropicali, ma altro: dai cavallucci marini alla pinna nobilis. La costruzione di un acquario completa il percorso turistico-culturale con finalità di diffusione della cultura del mare. Un percorso che parte dal passato e arriva ai nostri giorni in una realtà ambientale profondamente modificata ma molto poco conosciuta. Infatti, persino in una città come Taranto, famosa per essere tra due mari, l’ambiente marino, al di sotto della superficie delle acque, è quello meno conosciuto. Quello che dalla terra viene percepito come una monotona massa di acqua nasconde una notevole varietà di habitat, comunità e organismi».

Nei giorni scorsi l’Autorità Portuale ha presentato al Sottosegretario di Stato un’istanza per avere la disponibilità della ex Stazione Torpediniere al fine della valorizzazione turistica e diportistica dell’area. Cosa pensa di questa proposta? Non contraddice la vostra?

«Il nostro sforzo era teso a recuperare la cultura e l’economia legata al mare con un ampliamento della conoscenza del mondo emerso e sommerso. L’acquario, ad esempio, consentiva questo approccio favorendo la conoscenza di una Taranto inserita nel mar Jonio e nel mar Mediterraneo. Senza dimenticare la cultura della città in relazione al suo rapporto con la Marina Militare e la marineria in genere. Pensare soltanto  ad un attracco turistico può essere riduttivo. Il turista deve venire in città per trovare qualcosa di culturalmente interessante. Bisognerebbe seguire l’esempio di realtà come Genova e Venezia. Io non so se l’Autorità Portuale nell’elaborare la sua proposta ha tenuto conto della Scheda D’Area Vasta. Il progetto presentato in un convegno pubblico dal presidente Sergio Prete, qualche tempo fa, prevedeva una destinazione turistica. Tra l’altro viviamo in un periodo in cui si cerca di allontanare le navi da crociera dai centri storici delle città. Per attrarre i turisti occorre una visione più ampia e strutturata».

Qual è il suo parere sull’ultimo decreto varato per Taranto e l’Ilva?

«La prima parte del decreto mi fa impressione perché ritiene strategica un’industria come l’Ilva. Eppure, è dagli anni Ottanta che si parla di crisi dell’acciaio. Motivo per cui nazioni come la Germania (Ruhr) e la Spagna hanno cercato di darsi delle alternative economiche a livello nazionale. Continuare a insistere sulla produzione di acciaio mi pare davvero anacronistico.  E’ la visione di chi vuole negare l’evidenza. In merito agli articoli 8 e 5, devo dire che sono poco preoccupata per la carenza di risorse finanziarie. Credo che si debba cogliere l’opportunità concentrando l’azione sulla Città Vecchia e l’Arsenale che sono aree strategiche. Una pianificazione attenta può fare in modo di intercettare altre risorse. Bisogna porsi degli obiettivi a breve, medio e lungo termine immaginando anche la Taranto dei prossimi trent’anni e progettando un futuro basato su una nuova economia sostenibile. Partendo da questi obiettivi i canali finanziari si trovano e sono tanti».

Alessandra Congedo

 

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