Xylella e ulivi salentini: una cura peggiore del male?

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Riceviamo e pubblichiamo nota stampa a cura dell’Associazione Medici per l’Ambiente, Medicina Democratica Onlus e Pesticide Action Network.

ulivi 2“Il problema della sindrome da disseccamento rapido degli olivi del Salento rischia di trasformarsi in un’autentica ecatombe ecologica con preoccupanti risvolti sanitari se si persisterà nella logica da “guerra totale” che anima il piano operativo messo a punto dal Commissario di Governo. Tutto il piano parte dal presupposto che la causa del disseccamento rapido che affligge gli olivi della provincia di Lecce risieda nel batterio patogeno Xylella fastidiosa, che è stato isolato ed identificato nei campioni prelevati da olivi colpiti dalla malattia. Questo batterio è trasportato da insetti vettori che, nel caso pugliese, non sono ancora stati identificati con certezza.

La Xylella fastidiosa è un batterio che colpisce i vasi linfatici della pianta ospite, ostruendoli. Finora era noto come un patogeno diffuso soprattutto nel continente americano, capace di produrre malattie nella vite (malattia di Pierce), negli agrumi, in piante ornamentali ed altro, ma non in Europa, dove, a parte rari episodi occasionali, subito debellati, non era mai stato segnalato in precedenza, men che meno su olivo; su quest’ultima pianta la presenza del batterio, segnalata in California, non aveva mai rilevato patogenicità significativa, neanche in esperimenti di inoculo artificiale in laboratorio.

C’è da dire inoltre che, assieme alla Xylella, negli olivi affetti da sindrome di disseccamento rapido in Puglia è stata documentata la presenza di diversi ceppi fungini, tra i quali i funghi tracheomicotici, cioè funghi che bloccano il passaggio dei nutrienti ai rami degli alberi, come accade nella vite colpita dal “mal dell’esca” (escariosi), dovuto al medesimo complesso fungino. Di per sé la sola presenza di questi funghi potrebbe quindi giustificare il disseccamento degli ulivi, ed è plausibile quanto sostenuto da fonti autorevoli, inclusa l’Accademia dei Georgofili, ossia che la Xylella potrebbe essere, al più, una concausa del disseccamento rapido o addirittura, potrebbe non avere alcun ruolo causale rilevante.

Per questo le misure previste dal Piano elaborato dal Commissario Governativo potrebbero rivelarsi non solo inutili, ma addirittura controproducenti, con gravi ricadute sugli ecosistemi dell’areale e sulla salute dei residenti. Tali misure comprendono, tra l’altro, l’eradicazione delle piante e trattamenti fitosanitari obbligatori con insetticidi – da effettuare a calendario anche coattivamente, ove necessario – per il controllo degli insetti vettori potenzialmente infettanti tanto nelle zone infette quanto nella zona cuscinetto e perfino nella zona con funzione di cordone fitosanitario.

Preoccupazioni per le conseguenze ambientali di tali misure sono state espresse a diversi livelli, tra cui è da segnalare quanto scritto dall’EFSA: “L’uso intensivo di trattamenti insetticidi per limitare la trasmissione della malattia e il controllo dell’insetto vettore può avere conseguenze dirette e indirette sull’ambiente, modificando intere catene alimentari con conseguenze a cascata, a vari livelli trofici. Ad esempio, si guarda con grande preoccupazione all’attuale impatto indiretto dei pesticidi sull’impollinazione. A ciò si aggiunga che i trattamenti insetticidi su larga scala costituiscono rischi per la salute umana e animale” (European Food Safety Authority (EFSA), Scientific Opinion on the risk to plant health posed by Xylella fastidiosa in the EU territory, with the identification and evaluation of risk reduction options – EFSA Journal 2015; 13 (1): 3989).

A fronte di questa carenza sulle cause e sulle dinamiche dell’infestazione, le preoccupazioni relative all’impatto sulla salute di un simile approccio sono ancor più gravi, sia per gli effetti diretti che per quelli indiretti ed a lunga scadenza; l’elevata densità di popolazione del territorio interessato ai provvedimenti, la presenza di colture alimentari già soggette ad una forte pressione fitosanitaria con conseguente elevato rischio di grave contaminazione della catena alimentare, la forte commistione tra aree urbanizzate ed aree interessate dalle colture soggette ai trattamenti, sono tutti fattori che espongono la popolazione residente a rischi per la salute inaccettabili.

Precedenti esperienze di infezione da xylella in altre specie vegetali hanno dimostrato che la rimozione delle piante non sarebbe una soluzione efficace, principalmente a causa della presenza del patogeno nelle aree limitrofe. Inoltre, anche nei casi di infezione certamente riconosciuta come fattore causale, in altre specie vegetali sono state proposte soluzioni alternative all’uso (solo parzialmente efficace) degli insetticidi, quali soluzioni colturali (ad es. particolari pratiche nutritive delle piante) e biologiche (ad es. somministrazione di ceppi batterici non patogeni).

Soluzioni simili sono state proposte anche per il controllo dei vettori (ad es. uso di batteri geneticamente modificati).
Portavoce di queste preoccupazioni si sono fatti diverse organizzazioni salentine di medici, tra cui spicca la sezione leccese della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT), che ritiene la “cura” prospettata “di gran lunga peggiore dell’infezione” a causa dei “gravi danni alla salute umana” di cui si renderebbe responsabile. L’Associazione dei Medici per l’Ambiente (ISDE Italia), Medicina Democratica Onlus e il Pesticides Action Network (PAN) Italia condividono le preoccupazioni circa le ricadute per la salute pubblica che una così massiccia azione di irrorazione con pesticidi comporterebbe sulla popolazione residente e in special modo sulle frange più suscettibili quali bambini, neonati e donne gravide.

Si sottolinea inoltre che il complesso delle misure che si vorrebbero adottare, oltre ad essere praticate in assenza di un quadro completo e chiaro della situazione, potrebbero non dare alcuna garanzia di successo e comporterebbero, al contrario, una ulteriore e grave perturbazione dell’ambiente e di tutte le forme di vita ivi presenti. Anche esponendo l’ampia fascia di territorio (e la sua popolazione) su cui si intende intervenire ad un capillare intervento di sterilizzazione (disinfestando a tappeto tutta l’area, che comprende: parchi, aree verdi, giardini, ambienti naturali, strade, case, ecc.), non si avrebbe alcuna certezza di eliminare tutti i vettori (ancora ignoti) della malattia, ma si otterrebbe certamente uno sconvolgimento epocale dell’intera rete biologica, che esporrebbe il sistema ambientale ad un danno imprevedibile e la popolazione a rischi elevati ed intollerabili. Si invitano pertanto le Autorità preposte a tenere in seria considerazione quanto qui espresso e a promuovere nel contempo la ricerca di soluzioni alternative e sostenibili con la collaborazione multidisciplinare di esperti indipendenti”.

 

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