In pratica, Arpa Puglia ha dovuto prendere atto di quel che il Ministero dell’Ambiente ha riconosciuto, non si sa bene su quali basi, e cioè che l’Eni avrebbe compensato le emissioni in eccesso per il progetto “Tempa Rossa” con una riduzione di altre emissioni. Nella Valutazione del Danno Sanitario, quindi, sono state considerate solo le emissioni che saranno prodotte dalle emissioni delle navi petroliere. In particolare, si nota che l’impatto sanitario di “Tempa Rossa” è praticamente nullo. Ma in merito ad Eni va tenuto conto anche di altro. Per quanto concerne il rischio non cancerogeno per via inalatoria, infatti, Arpa Puglia spiega che il contributo aggiuntivo di ENI porta ad evidenziare una zona di criticità legata fondamentalmente alle emissioni di H2S ed accentrata intorno alla Raffineria.
“Per lo sviluppo della stima delle emissioni dello stabilimento ENI (Raffineria di Taranto e stabilimento GPL), come base – si legge nella relazione – sono stati presi in considerazione i dati emissivi dell‘impianto in assetto 2010, anno per il quale sono disponibili riferimenti completi (inventario INEMAR Puglia 2010), opportunamente dettagliati e integrati ove necessario, per una valutazione approfondita delle emissioni ed è stato quindi estrapolato lo scenario 2016 sulla base della capacità produttiva autorizzata in AIA. Dal punto di vista metodologico le emissioni sono state stimate consultando fonti bibliografiche quali EEA-CORINAIR Guidebook, ultima versione disponibile 2013, (correntemente integrata in Inemar), EPA AP-42, CONCAWE 2009″.
Sulla scorta dei dati presenti nell’inventario INEMAR Puglia, quindi, sono state approfondite e dettagliate le emissioni in aria, convogliate e diffuse dello stabilimento, analizzando i dati di controllo ARPA (es. campagne con mezzi mobili), autocontrolli dichiarati nel C.E.T., relazioni annuali AIA e tutte le fonti valide, utilizzando quanto più possibile un approccio conservativo, in base alle migliori fonti e metodologie di stima disponibili. Nella Figura 6.1 (foto da satellite) l’area di interesse ENI (impianti, serbatoi, pipeline, pontile) è ripresa dall’alto.
Il rateo emissivo ricostruito è stato estrapolato alla capacità massima autorizzata per la previsione di scenario 2016. Anche per ENI è stata effettuata la stima delle emissioni dovuta alla fase di stazionamento delle navi collegate all’attività di raffineria (informazioni specifiche tratte dalla nota RAFTA DIR 217 del 15 novembre 2014), prendendo in considerazione le aree (accosti) in concessione ed utilizzando l’approccio già seguito per ILVA.
Attraverso l’elaborazione di un sistema di modelli, è stato simulato il trasporto e la dispersione degli inquinanti atmosferici, emessi dagli impianti ILVA, ENI e TEMPA ROSSA di Taranto, ai fini della valutazione del danno sanitario relativamente alla scenario emissivo riferita all’anno 2016. Le simulazioni hanno prodotto mappe di concentrazione al suolo delle polveri nella frazione PM10, di alcuni macroinquinanti gassosi (benzene, HF, HCl, NH3, H2S e Xilene) e dei microinquinanti organici (diossine, PCB IPA ed Etilbenzene) ed inorganici (metalli).
LE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
“La valutazione del rischio cancerogeno inalatorio delle emissioni in atmosfera per lo scenario 2016, per gli stabilimenti ILVA ed ENI, nell’area di Taranto – si legge nella relazione – evidenzia un numero di circa 14.000 persone residenti a Taranto per le quali, ipotizzando un’esposizione costante alle concentrazioni modellizzate per 70 anni, la probabilità aggiuntiva di sviluppare un tumore nell’arco dell’intera vita è superiore a 1:10.000.
Si registra, così, un lieve incremento del numero di persone esposte ad un rischio cancerogeno inalatorio maggiore di 1:10.000, rispetto a quello riportato nel precedente report, relativo alla sola ILVA; tale incremento è legato, però, quasi esclusivamente all’introduzione delle emissioni di origine portuale, mentre il contributo di ENI (con e senza Temparossa) all’estensione della fascia “critica” non risulta di particolare rilievo.
Alessandra Congedo
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