Call center: sanzioni contro le delocalizzazioni selvagge

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call center 2Sempre più spesso quando si riceve una telefonata da un call center, si riconosce un accento straniero. Nella maggior parte dei casi si tratta di operatori albanesi, bulgari o rumeni. Un fenomeno – quello delle delocalizzazioni selvagge – contro cui partiranno nei prossimi giorni “le sanzioni con effetto deterrente”. Lo ha assicurato ieri il viceministro dello Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, durante la presentazione del documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro nei call center svolta dalla Commissione Lavoro della Camera. Il Mise – continua De Vincenti – “ha già attivato il monitoraggio sull’applicazione dell’articolo 24 bis (del dl 22 giugno 2012, n. 83) e inviato le lettere di messa in mora alle imprese”.

Anche il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha colto l’occasione per ricordare che la delocalizzazione senza regole deve essere contrastata, sottolineando come questa pratica produca “desertificazione industriale e disoccupazione, lasciando a casa centinaia di lavoratrici e lavoratori italiani”, e tenda a “sfruttare i lavoratori di altri Paesi”. In Italia, sono circa 80mila i lavoratori dei call center, in cui le donne (il 72,2%) superano di gran lunga i loro colleghi maschi. La presenza femminile – secondo i dati Istat – è particolarmente elevata nel Mezzogiorno e tra i lavoratori esterni all’impresa. Altra caratteristica del settore è la presenza dei giovani, il 39% degli operatori ha infatti meno di 30 anni (percentuale che sale al 69% tra i 30 e i 49 anni). Anche a causa della loro giovane età, gli occupati nei call center sono più istruiti: due su tre possiedono un diploma e uno su cinque la laurea.

Sul tema dei call center “dobbiamo puntare un pò di più a stabilire una sorta di patto con i consumatori”. Così il sottosegretario per il Lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova, sottolineando che “non è sufficiente la norma che ci porta a far sapere al cittadino da dove risponde l’operatore del call center, dobbiamo mettere in campo un’azione per far conoscere le buone pratiche”, ma anche “immaginare qualche strumento che ci permetta di far conoscere al consumatore quali sono i punti in cui si rispettano le regole”.

“Il combinato disposto dell’assenza delle clausole sociali, presenti in tutti gli altri Paesi Europei, e degli incentivi per la nuova occupazione stanno producendo una sistematica sostituzione dell’occupazione esistente con cambi di appalto sui servizi in essere che hanno generato già migliaia di esuberi”. Così Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil, dopo la presentazione dell’indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro nei call center svolta dalla Commissione Lavoro della Camera. “Aver deciso di incentivare le assunzioni ha avuto come conseguenza, nello specifico del settore, che le aziende che si presentano ex novo alle gare, con personale che costa oltre il 30% in meno rispetto a chi già gestisce il servizio, vincono gli appalti escludendo il personale che garantisce il servizio stesso. Le Gare del comune di Roma e Milano, Fastweb, Poste Italiane, Enel hanno già prodotto migliaia di esuberi” prosegue il sindacalista.

“E’ evidente che in assenza di un intervento legislativo in questa direzione, nei prossimi mesi assisteremo alla sostituzione di tutto il personale che opera nei Call Center generando drammi sociali in tutta la penisola. Il Governo non può restare insensibile a questa situazione e l’annuncio fatto dal Ministro Poletti nell’audizione al Senato alcuni giorni or sono e l’impegno del Sottosegretario Teresa Bellanova a inserire clausole sociali nel settore deve tradursi nel più breve tempo possibile in una norma di legge” sostiene Azzola.

“Un intervento che, da solo, sarebbe in grado di modificare il modello industriale su cui oggi è fondato il mondo dei Call Center, garantendo un migliore livello di qualità del servizio ai clienti, una ripresa degli investimenti sulle nuove tecnologie la garanzia della continuità occupazionale del personale occupato – conclude Azzola -. Decidere di non intervenire condannerebbe i lavoratori ad un futuro già scritto e il Paese ad avere servizi di scarsissima qualità. Insieme al rispetto della legge sulle delocalizzazioni, che assegna al clienti la facoltà di scelta sulla localizzazione dell’operatore che interviene sui propri dati, tali interventi collocherebbero finalmente l’Italia al pari degli altri Paesi Europei”.

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