TARANTO – La parola “ordine” mi è sempre stata ostile. Il suo suono autoritario, l’obbligo da dover rispettare senza poter proferire parola, un comando che arriva da qualcun altro, il doversi accodare senza esercitare il pensiero critico. Sarà per questo che ho scelto di studiare e insegnare filosofia, chissà. Figurarsi, dunque, se avrei mai potuto scegliere di entrare in un “Ordine professionale”. E’ davvero strano e assurdo questo nostro Paese: nonostante si abbiano titoli culturali anche superiori ad altri che in quell’Ordine sono presenti, si deve superare un doppio esame per diventare “professionisti”. Sarà.
Eppure, da sempre, ritengo che ognuno prima di essere un “professionista” in un determinato campo, debba essere un essere umano a 360° in ogni campo. Mi sono sempre chiesto infatti: che senso ha essere un “professionista” se poi nella vita di tutti i giorni si è l’esatto opposto? A maggior ragione poi se proprio nel campo in cui si è considerati “professionisti” ci si comporta e si esercita quella professione in tutti i modi possibili tranne che in quella giusta? Esistono decine di ordini professionali in questo Paese. Che nella realtà sono, almeno sulla carta, “istituzioni di autogoverno di una professione riconosciuta dalla legge, avente il fine di garantire la qualità delle attività svolte dai professionisti; ad essa lo Stato affida il compito di tenere aggiornato l’albo e il codice deontologico, tutelando la professionalità della categoria”. Sarà.
Ho iniziato a fare il giornalista per puro caso. Anzi, per non urtare la suscettibilità dei giornalisti pubblicisti e dei “professionisti”, ho iniziato a scrivere per piacere. Ed anche per necessità, per compensare i pochi quattrini delle prime supplenze. Mi sono approcciato a questo ambito da semplice lettore assiduo di quotidiani e libri sin da adolescente, e da collaboratore dei soliti giornalini universitari. Ed ho sempre avuto una certa visione di come andrebbe fatto il mestiere di giornalista. Ho avuto la fortuna di conoscere ed incontrare sin da subito poche ma valide persone. Come Alessandra Congedo, direttrice di questo sito, che prima ancora che amica e collega è stata ed è ancora oggi un esempio da seguire. E a cui devo tanto. Certo, sin da subito ho iniziato a fare di testa mia. Grazie ad una libertà e ad una fiducia sconfinata avuta sin dal primo giorno, da parte di persone che non finirò mai di ringraziare per la possibilità che mi hanno dato. Del resto, se un giornalista non è libero di pensare, di scrivere, di descrivere e raccontare, di denunciare, non ha senso di esistere. O almeno questo è quello che ho sempre pensato.
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