Dunque, lo scorso dicembre avevamo visto giusto. Il 15 avvenne il passaggio di consegne ufficiale dello stabilimento tarantino della Marcegaglia Buildtech alla piemontese Otlec Spa, nella sede di Confindustria Taranto. Come si ricorderà, lo scorso 3 dicembre, presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico a Roma, venne sottoscritto un accordo in base al quale l’azienda piemontese, gruppo che opera nella lavorazione dell’acciaio e nella produzione di cogeneratori e bruciatori, subentrava alla Marcegaglia, assicurando la produzione in linea con il core business tradizionale dello stabilimento tarantino, quindi con il know how dei dipendenti locali.
Gli 85 dipendenti ancora in cassa integrazione straordinaria (diminuiti dagli iniziali 140 dopo le uscite incentivate e ricollocazioni negli stabilimenti del gruppo Marcegaglia), secondo quanto previsto dall’accordo firmato al ministero, dovrebbero tornare tutti al lavoro entro il mese di novembre, quando scadrà la copertura degli ammortizzatori sociali (quella in corso, prorogata nei primi giorni di dicembre con accordo firmato anche dal sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, riguarda invece la cassa per cessata attività).
Sono invece 15 i milioni di euro di investimento per attività siderurgiche e meccaniche per la produzione di motori per la cogenerazione promessi dalla Otlec: motori per uso quasi domestico, a livello di condominio o piccola impresa che producono energia elettrica da caldaie. E’ un settore nuovo, finalizzato al risparmio energetico. L’innovazione di prodotto prevede anche quote di aiuto regionale per la ricerca e l’innovazione con particolare intensità per il nuovo settore industriale. In tutto, secondo quanto dichiarò Vendola il 3 dicembre a Roma, porterà la Otlec ad investire ben 400 milioni di euro. Alla stesura delle firme erano presenti i sindacati, (Pietro Berrettini della Fim-Cisl, Giuseppe Romano della Fiom-Cgil e Cosimo Amatomaggi della Uilm-Uil) ed i dirigenti delle due aziende (Cottino per la Marcegaglia e Renzo Imasso, Amministratore Unico della Otlec Spa). Tra gennaio e marzo, previste le prime 21 assunzioni.
“Tutti contenti, dunque. Anche se più di qualcosa non torna” scrivevamo all’epoca. Non fosse altro perché in concomitanza di quell’accordo, il gruppo Marcegaglia annunciava un investimento di 10 milioni di euro sullo stabilimento di Pozzolo, nel Novese in Piemonte (dove si trasferirà anche qualche lavoratore tarantino). Pozzolo è il sito industriale dove sono state trasferite le produzioni di Sesto San Giovanni e di Taranto, trasformandolo di fatto nell’azienda di punta del gruppo dell’unità Buildtech. Gli impianti trasferiti dai due siti smantellati da Marcegaglia, hanno dunque iniziato a funzionare: a Pozzolo, a regime, si produrranno 4,5 milioni di metri quadri di pannelli coibentati, 700 mila metri quadri di pannelli portone e 30 mila tonnellate di guardrail, ogni anno (già in quei giorni di dicembre partirono le prove di produzione della prima linea, la seconda partirà invece il prossimo mese, mentre in estate sarà posizionata anche una terza linea). I 120 dipendenti di Pozzolo, molti dei quali ancora in cassa integrazione, aumenteranno sino a raggiungere le 180 unità. Prevista una lavorazione a ciclo continuo su tre turni per cinque giorni alla settimana, con movimentazione di decine e decine di mezzi giornalieri.
Artefice di questa ‘strategia industriale’, è il torinese Fabrizio Prete, presidente e amministratore delegato di Marcegaglia Buildtech. “Abbiamo presentato il piano strategico circa un anno fa – spiegava Prete in un’intervista rilasciata al quotidiano ‘La Stampa’ – ed è stato condiviso e approvato. Prevedeva una serie di passaggi che comprendevano la razionalizzazione del business, la focalizzazione e la concentrazione dei nostri siti produttivi (Pozzolo, Taranto, Sesto, Graffignana e Potenza). Si è scelto Pozzolo dove concentrare la maggior parte delle produzioni Buildtech, per le sue dimensioni e per la logistica. Abbiamo così deciso di trasferire altre produzioni che prima riguardavano due tipologie: guardrail e pannelli portone (porte basculanti coibentate per autorimesse e capannoni). Si produrranno ancora, ma in modo maggiorato. Si aggiungerà la produzione di Sesto San Giovanni di altre due aree: le pareti dei pannelli sandwich per edilizia industriale coibentati (2 lastre d’acciaio contenenti schiumato o lana di roccia) e lamiere grecate (ondulate) per le coperture. Quindi Pozzolo sarà uno stabilimento che sostanzialmente diventerà molto articolato in piena capacità produttiva, compatibilmente alle condizioni di mercato. Siamo molto fiduciosi” affermava in quei giorni Prete.
Eppure, già all’epoca, avanzammo qualche dubbio. Visto che il 29 ottobre del 2013, annunciando la chiusura del sito tarantino, il gruppo Marcegaglia motivò la decisione evidenziando “la grave crisi che ha irreversibilmente colpito il settore del fotovoltaico in Italia e nel mondo”. E’ improvvisamente terminata la crisi del settore? Pare proprio di sì. Visto che come riportavamo all’epoca, la stabilizzazione del 2013 e con la fine degli incentivi statali, la Bloomberg New Energy Finance e la Deutsche Bank Research mostravano ottimismo e nonostante la crisi ancora in corso, prevedevano che il fotovoltaico nel 2014 si sarebbe consolidato ulteriormente, grazie alla crescita della domanda internazionale.
In pratica, a Taranto il gruppo Marcegaglia ha portato a termine la stessa operazione della Vestas: che nel 2013 chiuse lo stabilimento tarantino Nacelles dove lavoravano 127 unità impiegate nella produzione delle turbine V-90, per trasferire il tutto nello stabilimento spagnolo di Leòn (dove nel febbraio del 2104 furono inaugurate due nuove linee di produzione come riportammo su queste colonne). Il tutto, ancora una volta, a scapito dei lavoratori tarantini, che furono ricollocati negli altri due stabilimenti presenti a Taranto (Vestas Blades e Vestas Italia) o ricollocati (in 30) negli altri stabilimenti europei del colosso danese, ed infine mandati in mobilità volontaria con incentivo all’esodo. Perdendo le specializzazioni conquistate in anni di lavoro.
Agli operai della Marcegaglia è andata leggermente meglio: resteranno, la maggior parte, nella loro città, ma dovranno imparare un altro lavoro. A tutto vantaggio, come sempre, solo e soltanto delle aziende. Con i sindacati e le istituzioni che millantavano e millantano successi alquanto discutibili. Visto che proprio nei giorni scorsi, il segretario generale della Fiom Cgil di Taranto Donato Stefanelli, affermava come si attendesse ancora il piano industriale da parte della Otlec. La speranza è che non si ripeta quanto avvenuto con la Miroglio, dove per anni si sono succedute false promesse di riconversione industriale a tutt’oggi mai realizzatesi.
Chiosa finale: lo scorso 2 marzo Marcegaglia Buildtech e Struttura System (affermata società d’engineering nella fornitura di impianti di magazzino) hanno dato vita ad una fusione dalla quale è nata Dalmine Logistic Solutions. Due aziende “dalla solidità indiscussa, fornitrici di soluzioni e prodotti perfettamente integrabili tra loro” si afferma negli ambienti industriali. Dalmine Logistic Solutions “si prefigge l’ambizioso obiettivo di essere un interlocutore unico per i propri clienti, mediante l’intelligente coordinamento dell’esperienza storica di Marcegaglia Buildtech con le specifiche competenze ingegneristiche di Struttura System”. Dunque, è un’azienda tutt’altro che in crisi.
Infine, vogliamo ricordare che sia la Marcegaglia, che la Vestas e la Miroglio, investirono a Taranto grazie ai fondi garantiti dalla legge 181/89 che prevedeva “contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati a piccole, medie e grandi imprese per realizzare investimenti in aree di crisi e rilanciare aree industriali in crisi”. Le agevolazioni previste erano inizialmente applicabili esclusivamente alle aree di crisi siderurgiche, più tardi, la finanziaria 2003 previde l’estensione delle aree territoriali per le quali la legge è applicabile, includendo zone appositamente individuate dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica).
Le agevolazioni della legge 181/89 consistevanono in un contributo a fondo perduto, in aggiunta, a chi investiva nel Sud ottenendo un finanziamento agevolato per un importo percentuale degli investimenti effettuati. I contributi a fondo perduto e i finanziamenti agevolati venivano concessi a condizione che “Sviluppo Italia” (oggi Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, che agisce su mandato del Governo per accrescere la competitività del Paese, in particolare del Mezzogiorno, e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo, all’epoca intervenne con 20 milioni di euro) acquisisse una partecipazione temporanea di minoranza nel capitale sociale dell’azienda beneficiaria.
Il gruppo Marcegaglia arrivò a Taranto nel 2000 a seguito della vicenda Belleli di Mantova. A settembre del 2011 il gruppo inaugurò a Taranto la produzione di lamiere e pannelli fotovoltaici dichiarando di aver stanziato per la riconversione del sito di Taranto ben 15 milioni di euro e di voler addirittura raddoppiare la produzione di pannelli fotovoltaici nel giro di pochi mesi. Peccato che la storia sia andata a finire diversamente. E che le colpe siano ancora una volta ascrivibili non solo ai gruppi imprenditoriali del nord o esteri che prendono dal territorio tarantino finché conviene loro per poi andare via lasciando dietro di sé soltanto macerie, ma anche e soprattutto alle nostre istituzioni, agli enti locali e ai sindacati che troppo spesso tutto fanno tranne quello che devono.
Gianmario Leone
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