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 Porto di Taranto, Evergreen al passo d’addio?

TARANTO – La visita “improvvisa” del sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri Graziano Delrio, che nella mattinata di ieri ha incontrato prima il Sindaco Stefàno e poi in Autorità Portuale il presidente dell’ente Sergio Prete, ha creato un piccolo giallo intorno al futuro del porto di Taranto. Ieri infatti è tornata a circolare con forza la notizia trapelata in alcuni ambienti appena pochi giorni fa, di una lettera inviata alla presidenza del Consiglio dei Ministri da parte della Luanta N.V., una holding finanziaria della società taiwanese Evergreen (con sede a Rotterdam in Olanda). Missiva in inglese attraverso la quale viene enunciato il disimpegno totale per quanto riguarda le attività presso lo scalo ionico.

La notizia non è stata però confermata dai sindacati di categoria, ai quali è stata smentita l’esistenza della lettera, sostenendo che tutte le notizie in merito le avranno soltanto in occasione dell’incontro già programmato a Roma per fine mese a Palazzo Chigi. Certo, il fatto che gli stessi sindacati non siano stati avvisati della visita di Delrio, lascia credere che la lettera ci sia ma che si sia preferito attendere il vertice romano prima di dare notizie che indubbiamente creerebbero un terremoto, non solo economico, in città. L’addio definitivo di Evergreen, sarebbe del resto il passo finale di un disimpegno iniziato nel settembre del 2011 quando furono dirottate al porto del Pireo due linee internazionali su quattro del traffico merci, e proseguito poi con la decisione dello scorso 21 settembre con cui Evergreen cancellò dal suo sito istituzionale Taranto come approdo delle navi oceaniche.

Ciò detto, è chiaro che la presenza di Delrio casuale non è, visto che proprio il sottosegretario è stato delegato dal Governo a seguire le vicende riguardanti il porto di Taranto. E che lo stesso ha presieduto i vertici del 30 ottobre e 11 marzo scorso. Probabilmente Delrio è sceso in città anche e soprattutto per rendersi conto, de visu, della reale situazione del molo polisettoriale. I cui lavori, che a quest’ora dovevano quasi essere del tutto conclusi secondo l’accordo siglato nell’aprile del 2012, sono ancora agli arbori per usare un eufemismo, per le note vicissitudini burocratiche.

Ma anche per prendere visione di come la TCT (società composta da Hutchinson Whampoa al 50%, Evergreen al 40% e Gsi gruppo Maneschi al 10%), che nell’incontro di dieci giorni fa ha chiesto al Governo di fare pressioni sul ministero dell’Ambiente per accelerare l’iter delle autorizzazioni mancanti per quanto concerne il progetto della diga foranea e la radice del molo polisettoriale ponendo un ultimatum di 20 giorni, non abbia ottemperato a quanto promesso lo scorso ottobre.

Quando annunciò la sospensione dell’operatività del terminal, giustificata con l’inizio dei lavori alle gru in concomitanza di quelli alla banchina: decisione che altro non si è rivelata se non l’ennesima scusa per prendere tempo, visto che ancora oggi la TCT non ha iniziato alcun ammodernamento degli impianti. I lavori a carico della società terminalista riguardano l’ammodernamento delle dieci gru esistenti e l’installazione delle nuove, che saranno in grado di operare sulle portacontainer di ultima generazione.

Investimenti legati a doppio filo al destino dei 570 lavoratori impiegati nel Taranto Container Terminal, la cui cassa integrazione straordinaria scade il prossimo 28 maggio, senza dimenticare l’indotto su cui gravitano le attività del porto pugliese. Come ad esempio quelle degli autotrasportatori, che negli ultimi anni hanno visto crollare la propria attività sul terminal pugliese. Il rinnovo della CIGS infatti sarà concesso soltanto se la società ottempererà all’80% degli investimenti previsti, ammontanti ad un totale di 7 milioni di euro. Ma vista la situazione alquanto delicata, il sottosegretario Delrio già lo scorso 11 marzo si è fatto carico della vertenza dei lavoratori della TCT presso il ministero del Lavoro. Segnale che già all’epoca definimmo di cattivo auspicio.

Dunque, pare siamo arrivati al bivio cruciale per il futuro del porto di Taranto. Ma a quanto pare in pochi lo hanno capito. Il rischio, più che mai concreto, è quello di uscire definitivamente dai tragitti internazionali, perdendo la possibilità di creare un’economia alternativa alla grande industria e a quel turismo culturale e marittimo ancora lungi da venire. Trovare nuovi investitori e terminalisti di livello mondiale sarà tutt’altro che semplice. E con l’abbandono dei cinesi e dei taiwanesi, si corre anche il rischio che i lavori attesi da oltre 20 anni non vedano mai la luce. Eppure, nonostante tutto ciò, quello che pare interessi unicamente ai nostri politici e agli interessi di enti come Confcommercio, Camera di Commercio e Confindustria, è l’accaparrarsi la poltrona del prossimo presidente dell’Autorità Portuale. Siete sempre “fantastici”. Chapeau.

Gianmario Leone

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