«Non ci fu alcuna omissione da parte del sindaco di Taranto perché presentò una copiosa denuncia contro l’Ilva e adottò due ordinanze che furono bocciate dal Tar». Lo hanno sottolineato gli avvocati Antonio Raffo e Gianluca Mongelli durante l’arringa difensiva per conto del sindaco di Taranto Ippazio Stefano, uno dei 52 imputati nel processo davanti al gup Vilma Gilli per il presunto disastro ambientale provocato dall’Ilva. Stefano risponde di abuso in atti d’ufficio perchè, secondo l’accusa, pur essendo a conoscenza delle criticità ambientali e sanitarie causate dall’Ilva, non avrebbe emesso ordinanze contingibili e urgenti per tutelare la popolazione. Secondo i legali, invece, l’accusa è basata su «un presupposto erroneo. La volontà del sindaco – hanno osservato – era quello di far perseguire gli autori dei reati e non di agevolarli. Nel maggio del 2010 Stefano presentò un esposto alla magistratura – hanno spiegato i legali – chiedendo di accertare il nesso di causalità tra le patologie riscontrate e le emissioni dell’Ilva e firmò due ordinanze per la questione benzo(a)pirene e le emissioni delle cokerie del siderurgico, che furono stoppate dalla giustizia amministrativa». Il Tar stabilì che il sindaco «non poteva esercitare – hanno precisato Raffo e Mongelli – un potere ‘extra ordinem’ su questioni oggetto di procedure normative e già all’attenzione di altri organi, come il Ministero dell’Ambiente e la Regione Puglia. Le ordinanze contingibili possono fare riferimento a eventi eccezionali e imprevisti e la situazione dell’Ilva era nota da anni». (ANSA)