TCT e Cementir: in ballo centinaia di lavoratori
TARANTO – Nell’incontro a Roma non sono stati fatti passi significativi sia sul cronoprogramma che sul rispetto degli impegni del terminalista (TCT)”. I sindacati confederali esprimono così critiche e preoccupazioni, per il rinvio della discussione, svoltasi mercoledì scorso a Roma, a proposito del futuro del porto di Taranto. “Chiediamo, pertanto, al governo di valutare, da subito, la necessità di prorogare il trattamento di cassa integrazione straordinaria, per ristrutturazione aziendale, per i dipendenti della TCT”. Secondo le organizzazioni confederali dei lavoratori non è possibile attendere “il prossimo incontro, previsto per la fine di marzo, né aspettare le eventuali novità che dovessero essere rappresentate in detto incontro. Al Prefetto rivolgiamo istanza affinché interessi della questione la presidenza del Consiglio. Un’altra crisi non può aggiungersi a quelle già esistenti sul territorio”.
Venerdì mattina era stato invece il turno del comitato portuale che aveva espresso le sue perplessità, rilevando come a tutt’oggi vi sia la totale assenza di un piano di investimenti con i relativi cronoprogrammi da parte della società concessionaria del terminal contenitori, fattore che lascia desumere, a detta del comitato portuale, il disinteresse della stessa ad investire sul porto. Che ha ricordato come il 3 settembre dello scorso anno, TCT avesse formalmente comunicato all’Autorità Portuale, in considerazione dell’avvenuta consegna dei lavori, di voler accelerare con gli interventi di ristrutturazione di loro spettanza e di voler avviare immediatamente il revamping delle gru, al fine di addivenire al rilancio del terminal nel più breve tempo possibile, predisponendo la quasi immediata sospensione dei traffici. Ad oggi però, non è stata avviata alcuna attività in tal senso.
I lavori a carico della TCT (composta da Hutchinson Whampoa (50%), Evergreen (40%) e Gsi (gruppo Maneschi, 10%) riguardano l’ammodernamento delle dieci gru esistenti e l’installazione delle nuove, che saranno in grado di operare sulle portacontainer di ultima generazione. Il rinnovo della CIGS per i 570 lavoratori che scadrà il 28 maggio, sarà concesso soltanto se la società ottempererà all’80% degli investimenti previsti, ammontanti ad un totale di 7 milioni di euro. Ma vista la situazione, il sottosegretario Delrio si è fatto carico della vertenza dei lavoratori della TCT presso il ministero del Lavoro. Di contro, la società terminalista ha chiesto al Governo di fare pressioni sul ministero dell’Ambiente per accelerare l’iter di alcune autorizzazioni mancanti: in particolar modo per quanto concerne il progetto della diga foranea e la radice del molo polisettoriale. La società ha dato due, massimo tre settimane di tempo al sottosegretario Delrio per ricevere risposte in tal senso: in caso di riscontri positivi, farà partire gli investimenti a suo carico; altrimenti la presenza di TCT ed Evergreen (che nel settembre del 2011 spostò nel porto del Pireo due linee su quattro del traffico merci) a Taranto si rischierà di ricordarla soltanto nei libri di storia.
Intanto, sulla vertenza riguardante la Cementir, la RSA Slai Cobas Cementir, ha chiesto al Prefetto la convocazione di una riunione per il prossimo 19 marzo. “Perché i lavoratori, a tutt’oggi ancora in stato di agitazione, aspettano che si conoscano tutto ciò che è necessario al loro futuro e al futuro di questa azienda”. La Cementir Holding (gruppo Caltagirone) ha chiuso l’esercizio 2014 con risultati in netta crescita, superando gli obiettivi di margine operativo lordo e sull’indebitamento. Grazie al mercato estero, perché in Italia le cose continuano a non andare bene. A Taranto infatti, la Prefettura attende segnali dall’azienda che continua a restare silente, pur essendo stata sollecitata nel rendere noti i suoi propositi futuri, che sicuramente non saranno cambiati rispetto alle ultime notizie.
La Cementir dal 1 gennaio 2014 non produce più cemento ma soltanto il clinker nel sito tarantino, dopo aver accantonato nell’aprile del 2013 un progetto di rilancio di oltre 150 milioni di euro chiamato “Nuova Taranto”, destinato all’“ampliamento degli impianti produttivi esistenti ed il recupero di efficienza e competitività dello stabilimento produttivo di Taranto”. A tal proposito, la RSA Cementir di Taranto dello Slai Cobas, “visto il silenzio di azienda, sindacati e istituzioni, sul nostro presente e sul nostro futuro” ha avviato da diversi giorni lo stato di agitazione di tutti i lavoratori, promuovendo un presidio in Prefettura lo scorso 5 marzo, “che richieda un tavolo urgente a Taranto sulla Cementir e un documento da inviare a Roma”.
Le cose non vanno di certo meglio nell’altro stabilimento piemontese di Arquata Scrivia. Dopo lo sciopero e la convocazione in Prefettura dei sindacati, l’azienda avrebbe infatti messo in cassa integrazione a zero ore i due addetti al laboratorio analisi. “L’azienda ha giustificato la decisione adducendo motivi di riorganizzazione. E’ stato chiuso il laboratorio analisi. A noi sembra un atto di ritorsione (uno dei due dipendenti è un rappresentante sindacale) e, in ogni caso, si tratta di un mancato rispetto degli accordi del 2013. Si parlava, è vero di riorganizzazione di alcuni reparti, ma non della chiusura del laboratorio”, spiega Massimo Cogliandro, segretario provinciale Fillea Cgil. La decisione, quindi, è alquanto sospetta. “E’ necessario che Cementir chiarisca cosa intende fare in questo territorio”, ha ribadito Aldo Gregori, segretario confederale Uil. Proprio la scorsa settimana, dopo un lungo periodo di silenzio, la Cementir aveva annunciato alle amministrazioni locali e ai sindacati l’intenzione di aprire la mobilità per 25 persone. Il “bello” è che i sindacati avevano annullato un secondo sciopero già programmato proprio dopo l’incontro in prefettura.
Gianmario Leone