Il gruppo, ha commentato il presidente e a.d. Francesco Caltagirone Jr, “ha chiuso l’esercizio 2014 con risultati operativi superiori agli obiettivi prefissati per l’anno grazie all’ottimo andamento della attività in Turchia e nei Paesi Scandinavi che, abbinate al positivo contributo dell’Egitto e dell’Estremo Oriente, pur se inferiore all’esercizio precedente, hanno permesso di compensare la debolezza del mercato italiano e gli impatti negativi dell’andamento delle valute. I maggiori risultati ottenuti derivano principalmente dal miglioramento della struttura dei costi fissi e variabili raggiunta sia mediante le azioni intraprese dal management che a seguito della riduzione del prezzo delle materie prime, in particolare dei combustibili”.
Quanto alle previsioni per l’anno in corso, spiega l’azienda, “nell’esercizio in corso il gruppo prevede di conseguire una crescita dei volumi di vendita sia del cemento che del calcestruzzo, l’operatività delle società attive nel trattamento dei rifiuti in Turchia e Regno Unito nonché ulteriori efficienze sui costi di produzione derivanti dalla diminuzione dei prezzi energetici e dal proseguimento della riorganizzazione in Italia. Si prevede di raggiungere un margine operativo lordo di circa 190 milioni di euro ed un indebitamento finanziario netto di circa 230 milioni di Euro, con investimenti industriali programmati per circa 70-75”.
In effetti, in Turchi i ricavi in valuta locale sono aumentati del 15% rispetto al 2013, ma la svalutazione di oltre il 14% della lira turca nei confronti dell’euro ha azzerato tale aumento nel bilancio convertito in euro. Per quanto riguarda i paesi scandinavi, in Danimarca si è registrato un moderato aumento dei volumi venduti di cemento (+1,7%) e calcestruzzo (+0,5%) che hanno generato un incremento dei ricavi di circa 4 milioni. In Norvegia e in Svezia, invece, i ricavi in valuta locale hanno mostrato un calo rispettivamente del 5,5% e del 14,5%.
In Estremo Oriente si è registrato un andamento differenziato delle attività tra Malesia (ricavi stabili) e Cina (-4,4%), mentre in Egitto i ricavi in valuta locale sono risultati in linea con il 2013 e in Italia hanno subito una diminuzione di circa il 20% a seguito di un’ulteriore contrazione delle quantità di cemento e di calcestruzzo vendute, scese rispettivamente del 7,8% e del 48,8% rispetto al 2013.
Dopo la comunicazione dei dati, la società ha vissuto ieri una seduta “brillante” in Borsa. Il titolo ha guadagnato il 3,37% a 6,59 euro, sovraperformando il settore, che ha ceduto l’1,57%, su un listino in rosso (il Ftse Mib cede lo 0,94%), Per il 2014 la Cementir distribuirà un dividendo di 0,10 euro per azione, in crescita da 0,08 euro l’anno prima. Inoltre, ricordiamo che lo scorso 23 febbraio il Cda della Cementir Holding riunitosi in un’assemblea straordinaria, aveva dato il via libera alla delega al Cda ad aumentare il capitale sociale in una o più tranche per un ammontare massimo di 300 milioni (comprensivo di eventuale sovrapprezzo).
La delega ha durata quinquennale ed è senza esclusione del diritto di opzione. “Rendere più solida l’azienda, andare a presidiare zone dove non siamo presenti e rafforzare la nostra leadership nel cemento bianco”. Con queste parole Francesco Caltagirone jr aveva tracciato quel giorno il percorso di crescita della società, che si è dotata di un gruzzolo di euro non indifferente per essere più forte in un settore in pieno fermento dopo la fusione tra Hocim e Lafarge. “L’aumento non ci serve per coprire buchi, ma per darci maggiori opportunità: i soldi verranno spesi bene”, ha assicurato Caltagirone, ricordando come l’azienda non avesse mai fatto aumenti di capitale prima e che la stessa si è sempre finanziata con le acquisizioni. I proventi verranno usati “per eventuali operazioni di merger&acquisition, qualora ce ne dovessero essere; e per il rafforzamento del perimetro”. Nella strategia del gruppo, in particolare, c’è infatti l’obiettivo di espandere la presenza nel settore del cemento bianco, in cui Cementir detiene una fetta del 20% a livello mondiale, in Nord America o nel sud est asiatico: al momento comunque non pare ci siano operazioni al vaglio.
Tornando alla realtà, in particolar modo quella lavorativa, la riorganizzazione in Italia continua a cadere addosso ai lavoratori. Ad Arquata Scrivia in Piemonte, lunedì si è svolta una manifestazione per protestare contro 25 possibili licenziamenti. Il prefetto ha convocato i sindacati chiedendo loro di sospendere le attività di protesta. Entro la conclusione del mese di marzo sarà aperto un tavolo istituzionale. Per questo Cgil, Cisl e Uil hanno revocato lo sciopero previsto per ieri, pur restando vigili su quanto accade. “La situazione di Cementir sarà portata mercoledì (oggi per chi legge) davanti al governo in occasione di una riunione richiesta dai sindaci per il Terzo Valico. Subito dopo c’è l’impegno del Prefetto, che ci ha convocati, a riunire un tavolo istituzionale”, ha spiegato Massimo Cogliandro, segretario di Fillea Cgil, al sito alessandrianews.it. “Il prefetto ci ha chiesto di sospendere le azioni di lotta. Come segno di distensione – prosegue il sindacalista – lo sciopero di 8 ore indetto per martedì è sospeso. Resteremo vigili e manteniamo lo stato di agitazione”.
La Cementir un anno fa aveva firmato un protocollo di intesa con i sindacati che prevedeva il ricollocamento delle maestranze, la riqualificazione delle stesse, ed un periodo di ammortizzatori sociali. Le istituzioni si erano attivate per far rientrare l’attività dell’azienda nell’alveo della legge regionale sulle compensazioni delle grandi opere. Ma la situazione non è cambiata. A Taranto invece, la Prefettura attende segnali dall’azienda che continua a restare silente, anche dopo le mobilitazioni dello Slai cobas e quelle più timide dei sindacati confederali. Proprio a Taranto, del resto, la Cementir ha uno dei suoi impianti italiani.
Dove ricordiamo che dal 1 gennaio 2014 non si produce più cemento ma soltanto il clinker. Una lenta dismissione dell’impianto in piedi dal 1964, dove lo spegnimento del forno è stata la logica conseguenza delle scelte economiche aziendali, dopo aver accantonato nell’aprile del 2013 un progetto di rilancio di oltre 150 milioni di euro chiamato “Nuova Taranto”, destinato all’“ampliamento degli impianti produttivi esistenti ed il recupero di efficienza e competitività dello stabilimento produttivo di Taranto”. A tal proposito, la RSA Cementir di Taranto dello Slai Cobas, “visto il silenzio di azienda, sindacati e istituzioni, sul nostro presente e sul nostro futuro” ha avviato da diversi giorni lo stato di agitazione di tutti i lavoratori, promuovendo un presidio in Prefettura lo scorso 5 marzo, “che richieda un tavolo urgente a Taranto sulla Cementir e un documento da inviare a Roma”. Intanto lo stabilimento di Taranto sembra sempre più uno scheletro di archeologia industriale del ‘900, abbandonato a se stesso e destinato ad essere chiuso nel giro di poco tempo.
Gianmario Leone
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